È bastato appena qualche anno, e la comparsa delle app ha ridotto in pezzi tutto quello che le riviste di design avevano costruito in decenni di lavoro. Così, mentre le testate più diffuse si stanno faticosamente riciclando in versione web e tablet, una catena di siti e app ha generato un modello alternativo di consumo, memorizzazione e condivisione dei contenuti mediatici. Si tratta di piattaforme di carattere sociale, distanti dalla logica della tradizione editoriale, che in prevalenza trattano riviste, quotidiani, blog e cataloghi come kit di parti da smembrare a piacimento. Quando scegliete app, segnalibri e pin, quello che fate in realtà non è altro che costruire la vostra pubblicazione ideale. Potreste anche non rendervene conto, ma state anche scegliendo da che parte stare. Siete tipi da immagini o da parole? Siete dei Pinterest o dei Readability? Tenete per Flipboard o Instapaper? Tumblr o Twitter?
Visto che disponiamo della possibilità di scegliere quello che ci interessa di una pubblicazione, potremmo rivelare (anche a noi stessi) che abbiamo sempre e solo voluto leggerne gli estratti, divertirci con gli orrori della moda o scorrere solo le notizie quelli che preferiscono aggiornare le loro vite online con una fotografia piuttosto che con parole.Nonostante il suo ovvio interesse per la "nostalgia istantanea", Facebook non è infatti riuscito a rendere soddisfacente questo tipo di interazione. I servizi web e le app possono essere organizzati sempre più attraverso uno spettro che collega l'iperverbale all'ipervisuale. Quello che hanno in comune è un'architettura ridotta, persino minimale, un'architettura che porta l'enfasi sul testo o sull'immagine (non necessariamente sui loro autori) anziché sull'ecosistema di design di una particolare rivista. in forma grafica. I siti che usiamo per fare tutto ciò non sono esattamente uguali, ma quelle che abbiano elencato sono le maniere in cui la maggior parte di noi padroneggia i media che consumiamo, usandone una o tutte.
Mentre le piattaforme dei media sociali diventano sempre più specializzate, pare di poter osservare due direzioni di sviluppo, una verso un'esperienza governata dalle immagini, l'altra verso un'esperienza guidata dalle parole. Il recente acquisto di Instagram da parte di Facebook incoraggia questa teoria: Instagram è l'epitome di una app per tipi da immagini, per Architettura è la parola giusta, perché con le loro cornici, tabelle ed elenchi, questi siti e app mettono a nudo la loro struttura, lasciando a noi il compito di riempire i vuoti. È il consumatore di media che dice: "È troppo!" e sceglie di non misurarsi con forme più complesse di grafica e interaction design? O è lui ad affermare: "So quello che voglio", e a scegliere sulla base delle sue preferenze? La prima ipotesi indica il bisogno di una correzione di rotta da parte del mondo del design, simile a quella rappresentata dal culto del 'brutto' negli anni Novanta. La seconda potrebbe suggerire un abbandono dell'idea stessa di una pubblicazione di interesse generale.


La comparsa delle app ha ridotto in pezzi tutto quello che le riviste di design avevano costruito in decenni di lavoro





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