Il progetto dell'Hashi Mori dà carattere a questo edificio altrimenti privo di immagine: il bar e il prospetto esterno si notano fin dalla parte opposta della via, riempiti da mezza tonnellata di riso giapponese e retroilluminati in modo da proiettare un chiarore diffuso al di qua e al di là dell'ingresso. Chiarore particolarmente sorprendente quando nei mesi freddi si riflette sul marciapiede gelato, che invade la strada come un ampliamento immateriale dei modesti 175 metri quadrati del ristorante e invita a entrare.
Quando ci si avvicina al ristorante, la parete di fondo appare attraverso la vetrina come un bosco lussureggiante. Entrando si vede questo bosco disintegrarsi a poco a poco in un sfondo decorato a motivi astratti, disegnati a mano sul computer e poi trattati da un software appositamente scritto. Le linee verticali della decorazione si armonizzano con le linee verticali del cuore dell'allestimento del ristorante: un'installazione a soffitto di 56 metri quadrati fatta di 13.454 bastoncini torniti, colorati e appesi a mano, con 57.400 nodi e più di venti chilometri di filo di nylon.

Insieme con i tavoli progettati su misura e con un sistema di sedute espandibile, la capacità del ristorante di cambiare forma e di sfidare i parametri fa sembrare uno spazio sconfinato e duttile altrimenti ristretto. Per citare le parole di Sofia Borges, cofondatrice di Affect Studio con Bjørn Hoffmann, il progetto risponde alla domanda, da parte dei clienti, di "uno spazio confortevole che definisca un'identità visiva del ristorante pur aumentando al massimo la quantità dei tavoli".

Il progetto è semplice e 'tradizionale' come il legno, il riso e il lavoro artigianale; ma contemporaneamente è ingannevolmente complesso nell'uso della modellazione tridimensionale e dell'informatica





Quante forme può prendere un'idea? La risposta di Fantin
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