Sgrafo vs Fat Lava

La collezione, kitsch e bizzarra, di ceramiche tedesche di Nicolas Trembley in mostra alla Galerie Kreo.

La storia di questa collezione di vasi, che la mostra non può che raccontare parzialmente, è per alcuni versi meno cheap e paradossale degli oggetti stessi. Per i suoi assunti concettuali, ricorda (purtroppo quasi in copia carbone) quella della più famosa ceramica del XX secolo, la Fontana di Robert Mutt per l'Armory Show. Si tratta di prodotti industriali scelti intenzionalmente per le loro bassissime qualità di design e a cui solo una relazione sociologica e un accorto display, regalano un'enorme visibilità mediatica e un passaggio di classe da economy a business.

Per valutare la qualità della ceramica, normalmente occorre sollevare il manufatto e, dopo averne apprezzato la forma, verificarne eventualmente la firma, reperirne marchi e/o manifatture. Lo si fa per i vasi cinesi più antichi e pregiati come anche per il prodotto d'autore da Picasso a Greyson Perry. Più spesso, da Sevrès a Vallauris si apprezzano e la materia utilizzata e la specificità delle texture persino nelle produzioni concorrenziali delle due Germanie dagli anni del dopoguerra fino agli anni Ottanta, che si tratti di design anonimo o di qualità. La ceramica è comunque nuovamente e in controtendenza con la sua classicità, da almeno un decennio, un nuovo media al centro dell'attenzione dell'arte odierna e del suo mercato.
Sgrafo Modern, serie  Korallenvase, design Peter Müller, 1960–70. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Sgrafo Modern, serie Korallenvase, design Peter Müller, 1960–70. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
L'assunto di questa mostra è, tuttavia, completamente differente e per certi aspetti emblematico del gusto contemporaneo, che segna nell'apoteosi del glacis dozzinale una indifferenza che confina con l'interesse patologico.Vi si riconosce un'attrazione inconscia per un repertorio di scontatissime di forme biomorfe (piuttosto '50 e '70) e, curiosamente, la vittoria del simbolismo da concept-store, che sta all'origine di questa mostra approdata dall'editore parigino Kreo (dopo le tappe di Ginevra e del Frac Champagne-Ardenne di Reims) con la fortunata scommessa dell'eclettico e spericolato curatore parigino Nicolas Trembley.
Scheurich KG, blue floor vases, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Scheurich KG, blue floor vases, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Quasi l'opera di un Des Esseintes dei nostri giorni, geloso degli acquisti vintage delle amiche su E-bay, così lo racconta in un breve testo, comincia a collezionare questi soprammobili orpello, per la loro inesteticità e per il prezzo decisamente stracciato. A 1 euro e 50, cadauno per gli inizi, si ritrova in breve tempo con una raccolta di quasi 150 pezzi, di grande impatto visivo, ma dal valore commerciale francamente ridicolo. Tuttavia, come in una favola o piuttosto una boutade dadaista, il pezzo KERAFINA, ROYAL KPM della raccolta per la verità piuttosto bruttino, finisce alla mostra Domino alla galleria Air de Paris di Florence Bonnefous. Qui, investito dall'effetto esponenziale, dall'entusiasmo e dall'euforica energia del french touch dell'oramai agonizzante estetica della rue Louise Weiss, il destino dell'orpello in ceramica, cambia di segno. Mida il re, che rima con media: l'editore.
Il pubblico, sorpreso finisce dunque per introdursi come un elefante in una cristalleria, trasformato in complice e voyeur di una success-story costruita su un'accozzaglia di kitsch.
Steuler Industriewerke GmbH, serie Zyklon, design Cari Zalloni, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Steuler Industriewerke GmbH, serie Zyklon, design Cari Zalloni, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Attirata l'attenzione del titolare della Galerie Kreo Didier Krentowski, presto per questi simulacri dell'antidesign arrivano la promessa di una mostra e l'inizio del processo di beatificazione. Man mano crescono in quantità e, nell'acquisto compulsivo di Trembley, trasformano il loro appeal e la loro tenuta. Il segreto è comunque davvero semplice e non risiede nella tecnica dei ceramisti, ma nel fatto che gli oggetti sono molto più belli nella loro relazione fotografica con il pubblico che dal vivo. È ovvio e totale il malinteso apparentamento alle nature morte di Morandi, lui sì maestro di sensibilità minimal, mentre qui la mise en scéne è davvero debitrice di una sensibilità da feuilleton. Il pubblico, sorpreso finisce dunque per introdursi come un elefante in una cristalleria, trasformato in complice e voyeur di una success-story costruita su un'accozzaglia di kitsch. Ci sono tutti i difetti, gli orrori e le tipiche qualità dell'odierno sistema dell'arte in preda al doping e all'umorismo tipico del nostro inizio secolo. Gli stessi oggetti nella cucina della vostra nonna provocherebbero un brivido diverso, ma trattasi della collezione privata di uno dei più originali e apprezzati dandy-writers contemporanei, dunque in attesa di vederla in vendita in una casa d'asta più titolata non possiamo che aggiungere altri credits, al plot di questa lunga storia: un testo di Ronan Bouroullec, un booklet del prestigioso editore JRP Ringier e il consiglio di leggere il testo di Markus Horst lui davvero specialista di ceramica tedesca del dopoguerra. Ivo Bonacorsi
Bay Keramik, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.
Bay Keramik, 1970. Photo © Olivier Pasqual. Courtesy Nicolas Trembley.

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