L'azienda trova una sua affezionata clientela e gli affari vanno bene fino a quando, alla fine degli anni Novanta, si accorge che il mercato cambia e i clienti si allontanano per rivolgersi ad altri produttori asiatici, dal momento che la loro produzione viene facilmente copiata da aziende – per lo più cinesi – che sono in grado di garantire una discreta qualità del prodotto e, soprattutto, prezzi molto più bassi.
Presto i due soci si rendono conto che la competizione per proteggere quel prodotto 'tradizionale' è praticamente impossibile. Riflettono sul problema e decidono che, per uscire da quel binario morto, occorre mettere in atto una svolta netta e repentina, basata su scelte d'innovazione tecnologica accompagnate da nuove e puntuali strategie di design. Attraverso un giro di amicizie trovano a Milano dei buoni referenti nei designer Dante Donegani (anch'esso trentino) e Giovanni Lauda (napoletano), che diventano ben presto i loro art director.

La domanda progettuale posta, in un primo momento, da Rotaliana a Donegani e Lauda, è sostanzialmente quella di rinnovare la collezione adottando la linea di un "design contemporaneo", continuando pur tuttavia a riproporre le solite tipologie 'classiche', con la convinzione di aggirare in tal modo il problema delle 'facili' imitazioni. Tale scelta si rivela ben presto assai debole, perché la nuova collezione da una parte non convince i vecchi clienti, ancora interessati al prodotto più tradizionale, e dall'altra non riesce a entrare con sufficiente forza in spazi commerciali più contemporanei perché i prodotti, per quanto corretti e molto curati, non sono abba- stanza originali per bucare lo schermo.
In questa situazione ancora incerta, Donegani e Lauda propongono uno strano modello caratterizzato da una curiosa multifunzionalità, che va decisamente oltre a quella della tipica lampada da tavolo o d'ambiente. Si tratta di un vaso che si illumina, ma che soprattutto contiene, e nasconde ordinatamente, diverse prese elettriche utili per mettere in carica i numerosi trasformatori con i quali oggi abbiamo spesso a che fare per le varie apparecchiature elettroniche di cui ci circondiamo.

Dopo questa breve parabola, che ci illustra le possibili strade di riscatto dell'industria e del design nel più tipico stile italiano, possiamo iniziare a leggere gli esiti linguistici e narrativi di questa storia, soffermandoci su alcuni dei prodotti-testo presentati in collezione da Rotaliana negli ultimi tre anni. Da una parte riconosciamo l'evoluzione del percorso originale e innovativo dell'oggetto ibrido multitasking nell'esito di due nuove gemmazioni tipologche dettate da alcune riflessioni sui temi dell'iconicità, della compattezza delle funzioni e della sensorialità ambientale. Donegani e Lauda, che da tempo portano avanti un'interessante ricerca sulla com- penetrazione delle funzioni e delle forme in una proposta evolutiva degli spazi dell'abitare, mettono in scena nel teatro domestico due presenze insolite, dalla valenza iconica analoga a quella di piccoli templi votivi, che funzionano come dispositivi multifunzionali a forte reazione poetico-sensoriale.

Altro discorso è quello di Eolo, per certi versi una presenza domestica più ispirata a una idolatria pagana che potrebbe dirsi, nietzschanamente, dionisiaca. Un diffusore di luce cromatica e di profumi ambientali si cela in un parallelepipedo con la superficie incisa da un disegno a righe verticali (anche qui è interessante leggere una certa analogia con la forma assoluta del ventilatore Ariante disegnato da Zanuso tra il 1973 e il 74) dal quale, modellandosi, traspare, come un'anima nascosta, un viso che gonfia le guance come Eolo per dispensare, con il suo soffio divino, aria profumata. "Luce e profumo" leggiamo nella scheda del prodotto , "elementi immateriali d'arredo, determinano nuovi rapporti tra ambiente e stato d'animo". Dove inizia e finisce il gioco ironico, per diventare pratica New Age di puro piacere edonistico, è una scoperta lasciata all'esperienza sensoriale e intellettuale di ogni utilizzatore. Questa lettura ci rimanda al ruolo catartico di testi quali Siddharta di Herman Hesse e Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig.

Più ironico e giocoso vuole essere l'effetto luminoso della 'lanterna' in silicone Lampion, disegnata da Emmanuel Gallina. Una presenza di luce colorata da appendere liberamente in interni o in esterni, ma anche indifferentemente da appoggiare di traverso su un tavolo o per terra. Attraverso un materiale fles- sibile, morbido e semitrasparente, la "lanterna cinese" si trasforma in un piccolo 'banderon', come una fisarmonica surreale e ludica. Un oggetto-personaggio per un racconto di Julio Cortázar.
In questi ultimi anni si distinguono anche alcune nuove riletture – per più estese applicazioni – di qualche interessante modello disegnato da Donegani e Lauda negli anni precedenti al periodo da noi indagato. Si segnalano la versione con diffusore opalino dello smaterializzato luminator Lightwire e le nuove versioni filiformi, con diffusore a calice, delle lampade da terra degli apparecchi della serie Drink. Ma anche la lampada a muro del modello Icselle, che riproduce in un ingigantimento Pop la forma della celebre lampada alogena PAR 56, che si utilizzava una volta come faro sulle automobili e che i fratelli Castiglioni hanno, a suo tempo, saputo impiegare in maniera inedita e spiazzante nel celebre modello Toio (1962): un capostipite indiscusso di quell'"illuminismo sperimentale" sul quale hanno dato prova di cimentarsi, con qualità e continuità, Donegani e Lauda insieme a Rotaliana.


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