Alessi, Gozzi, Sapper & Co.

Alberto Alessi, Alberto Gozzi e Stefano Casciani, assente Richard Sapper, discutono del più e del meno a proposito di lame, carni e cerimoniali. Design Richard Sapper, Alberto Gozzi. Testo Stefano Casciani. Foto Mario Ermoli.

Richard fece la sua venuta a Crusinallo il Martedì grasso del 1977. Mi era stato consigliato da Ettore Sottsass così: È quello della lampada Tizio, uno che non ha ancora fatto un progetto sbagliato. Ad accoglierlo ci eravamo riuniti io, papà e lo zio Ettore. Era vestito tutto di nero e portava un buffo cappello da pifferaio.(…) Sapper è anche l'autore del più complesso progetto al quale io abbia mai lavorato: la serie di utensili per la cucina La cintura di Orione, realizzata grazie alla fondamentale consulenza di Alberto Gozzi e disegnata con i suggerimenti di alcuni celebri cuochi francesi e italiani, esponenti della grande cucina europea. La ricerca, avviata nel 1979 con un volume che ne raccoglie i dati storici, è dedicata a un pubblico fino ad allora un po' trascurato dalla produzione industriale: quello dei "privati-gourmet", gli appassionati della cucina intelligente e creativa.

Inizia così il familiare racconto di Alberto Alessi sull'esordio della collaborazione gastronomico-progettuale con Alberto Gozzi e Richard Sapper, l'uomo di genio che già quasi trent'anni fa, interrogato da Anty Pansera sulla natura del suo lavoro, rilasciava la stupenda dichiarazione: "Trovo che un designer si deve spiegare attraverso il suo lavoro, non attraverso spiegazioni verbali. Non ho quindi niente da dire sul mio lavoro in generale." Molto tempo è passato da questa icastica definizione di un mestiere complicato, dove "le belle parole non sono vere, e le vere parole non sono belle". Se poi il mestiere si deve applicare ai riti del cucinare, all'inesplicabile lavorio di ore e ore, a volte di giorni, per assimilare in sette o otto minuti, giusto quanto basta a far funzionare cuori, cervello, reni e altri organi per un po', fino al nuovo ripetersi del rito, allora i problemi diventano molto difficili.

E se poi ancora si aggiunge al gusto del rischio nel preparare un qualsiasi piatto meno banale degli spaghetti al sugo di pomodoro e basilico, la perversione di volere saper maneggiare anche diabolici attrezzi da cucina, fino alle lame più affilate, allora sembra indispensabile triplicare le intelligenze, ricomponendo il trio Alessi, Gozzi, Sapper, che da poco ha dato vita a un'integrazione proprio della serie La Cintura d'Orione. Primo e terzo non sono più da tempo un mistero per i conoscitori, ma il secondo – che non vince Compassi d'Oro, non sorride dalle copertine di 'Capital', non fa parte delle icone del Made in Italy – mantiene da sempre un riserbo tutto piemontese, una non voglia di apparire che per molto tempo lo ha fatto assomigliare, almeno nella mia testa, a un qualche guru nascosto sulle cime intorno al Lago d'Orta che mandasse segreti dispacci di formule chimicomatematiche ad Alberto Alessi, indaffarato a combattere con la testa dura di Sapper e le sue certezze indiscutibili. Messo invece a suo agio affidandogli regia e performance di affettamento, sfilettamento e scarnificazione di prosciutti, costate et cetera, Gozzi si rivela simpatico conversatore, colto maestro, homme du monde che non teme di discutere alla pari con un industriale e un designer che a buon diritto fanno parte della nuova mitologia industriale. Anche per lui però gli inizi non devono essere stati facili: "Ricordo sempre quel che mi disse il dottor Alberto: 'Ho bisogno di avere le dimensioni! Si ricordi che dobbiamo fare i prototipi (che allora si facevano a mano), ogni prototipo è molto costoso e non dobbiamo sbagliare'. Era molto severo!". La severità di Alessi è sicuramente giustificata dall'investimento, ma anche dal rischio che, ancora giovane imprenditore, si è assunto nel trasformare la produzione dell'industria di famiglia da oggetti per il consumo del cibo a strumenti per la sua preparazione. La guida di Gozzi, cresciuto nella vecchia scuola di alta cucina alberghiera italiana, è però di per sé stessa "eretica"; la sua passione per la cucina è infatti integrale, a 360 gradi: ha contrasti con gli chef, perché non vuole rinchiudersi in cucina, ma cerca di essere presente anche in sala, a diretto contatto con chi dovrà scegliere e gustare le sue preparazioni… per trovare anche qui il disappunto dei maîtres, per niente soddisfatti di trovarsi intorno un giovane cuoco, per quanto capace, cui la gerarchia e la tradizione riservano al massimo il governo della cucina. In un certo senso, questa posizione anarchica corrisponde all'archetipo del vero gourmet: amatore finché si vuole, ma pur sempre capace di seguire il cibo "dalla culla alla bara", per tutto il suo ciclo di vita, dal campo, o dall'allevamento, fino alla tavola apparecchiata.

Alberto Alessi, oltre che industriale, è in fondo anche lui homme du monde culinaire: da un po' cresce la sua propria vigna (intorno alla nuova casa sopra il lago, disegnata dal grande amico Alessandro Mendini, che prima o poi andrà ad abitare) di cui assaggiamo insieme il primo vino nella primavera precoce di quest'anno. In questa sequenza fotocinematografica di Mario Ermoli se ne sta abbastanza in disparte, ormai sicuro che gli strumenti disegnati da Sapper e messi a punto con Gozzi per tagliare qualsiasi cosa destinata a essere mangiata siano perfettamente funzionanti: eppure sembra gli resti ancora un minimo di curiosità, per vedere se anche questa volta Gozzi si riconoscerà in questi suoi strumenti, autentiche propaggini (più che protesi) del corpo e dell'intelligenza del "Sovrintendente alle attività dei Settori Tavola e Cucina del Presidente della Repubblica Italiana". Gozzi tratta i materiali del cucinare come oggetti di sartoria, dà loro nuova vita (per quanto effimera) e fisionomia maneggiando abilmente coltellaccio, trinciante o spelucchino: e si ritrova a sognare la preistoria della tavola moderna, quando con un solo coltello (il coltellaccio, naturalmente, suo preferito) era possibile preparare, servire, perfino consumare le carni. Si riprende presto, e quasi con civetteria, esalta le qualità ergonomiche delle impugnature dei suoi coltelli, sicuramente adatti nonché sicurissimi anche per le mani delicate delle signore che, dalla cucina alla tavola, vogliono poter fare bene tutto.
Alberto Gozzi alle prese con il prosciutto crudo e l'opportuno coltello per affettare
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Ceppo per coltelli in legno di faggio
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