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Grafica inglese, la nuova generazione

Quattro gruppi segnano una nuova generazione. Testo di Jim Davies

Se c’è una caratteristica che unisce l’eclettico gruppo di autori giovani (qualcuno meno giovane) che sta dando una nuova spinta alla grafica britannica, è la capacità di creare atmosfere visive, di provocare una reazione attraverso accostamenti inquietanti, cambiamenti di ritmo inattesi, che costringono chi guarda a fermarsi e a riflettere. Si nota spesso, tra loro, anche una certa scaltrezza postmoderna: la consapevolezza delle convenzioni, associata a una tendenza a distorcerle un poco, per raggiungere determinati scopi. Con passo lento ma sicuro, questo tipo di grafica sta tracciando e sviluppando i suoi caratteri e i suoi programmi.
Per questa nuova generazione i termini di confronto più vicini sono probabilmente i video musicali e di moda: il tono predominante – metropolitano e sofisticato – non cade però mai nel troppo rifinito e patinato. Il che non vuol dire che ci si trovi in presenza di uno “stile inglese” prevalente e identificabile, quanto invece di uno stile in cui si notano influenze d’ogni genere: dal modernismo svizzero, composto e compassato, all’avanguardia olandese, fino alle libere forme di una poetica dell’illustrazione, che ricorda i momenti migliori dei Pushpin Studios newyorkesi degli anni Sessanta. Ciò che li accomuna, in ogni caso, sono passione e impegno nel lavoro e la fedeltà ai valori della grafica. Sta tornando in auge la bravura nel mestiere. Il trattamento dell’immagine e della tipografia è più raffinato e rigoroso di quanto non sia stato da qualche tempo a questa parte; materiali, legature e formati sono scelti con intelligenza e immaginazione.
C’è più spirito, ci sono più idee. In un periodo di incertezza economica, di budget ridotti, i clienti vogliono giocare sul sicuro. Questa è indubbiamente la ragione per cui oggi i lavori più interessanti escono da studi piccoli, meno condizionati dal volere delle aziende. Molti si tengono un po’ ai margini, e lavorano soprattutto per gallerie d’arte, editori, designer di arredamento e altri clienti che li sostengono e concedono loro la libertà di esprimersi. Talvolta può succedere che questi piccoli studi siano tentati di tornare sul terreno più abituale, quando sono ingaggiati da aziende di successo che hanno bisogno di qualche cosa che le distingua dalle concorrenti.
Poi ci sono i “cani sciolti” di talento, gli individualisti irriducibili che rifiutano di inchinarsi ai voleri dei clienti, e la cui firma è immediatamente riconoscibile e ricercata. In questo gruppo si contano lo studio Graphic Thought Facility, il profeta della rilievografia (letterpress) Alan Kitching, il polemico Jonathan Barnbrook e l’eccentrico Vince Frost. Contro questo sfondo si staglia il lavoro dei quattro studi, molto differenti tra loro, cui sono dedicate queste pagine.

Made Thought
Ben Parker e Paul Austin, i soci di MadeThought, hanno studiato grafica al Ravensbourne College, prima di passare quattro anni alla North di Sean Perkins, agenzia di consulenza di grande rigore, nota per l’uso ‘inflessibile’ del carattere Helvetica. “Abbiamo sempre lavorato così, istintivamente”, ricorda Parker, “ma la decisione di mettere su un’agenzia per conto nostro è nata in parte dal desiderio di sviluppare il nostro linguaggio”. Con ragione: gli uffici di MadeThought in East London sono una testimonianza del naturale minimalismo dei due fondatori: pavimento di cemento, pareti bianche, scaffali dove sono ordinatamente allineate file e file di scatoloni d’archivio identici e perfettamente etichettati. Il segno di MadeThought, evidente nell’uso disciplinato e misurato della tipografia e per il rigore dell’idea, è sempre molto forte e incisivo. Anche quando i due creano qualche cosa di decorativo, al di fuori del loro stile caratteristico, si tratta in genere di una presa di posizione deliberata, di un rifiuto a giocare il gioco che da loro ci si aspetta. Uno dei primi lavori dello studio, JAM: Tokyo-London, un volume che presentava opere di artisti delle due città, era proprio pensato in modo da sconvolgere le aspettative. Pagine con colonne di caratteri a cascata, in diagonale; carte d’ogni tipo, dalla patinata più candida alla sottilissima carta d’India, alla carta da pacchi tipo Kraft; un inchiostro marrone chiaro, con contrappunti di argenti decisi e di rosa fluorescenti; e caratteri Preset-F, a dimostrazione che i due autori potevano anche fare a meno del loro amatissimo Helvetica. Anche la varietà della clientela di MadeThought è indice della versatilità dello studio. Il team si trova a proprio agio sia quando crea animazioni per MTV, sia quando disegna tessuti per la stilista di moda Stella McCartney. Sarebbe troppo facile etichettare MadeThought come l’ultimo della lunga schiera di studi britannici di grafica che hanno attinto al modernismo. Parker e Austin, raffinati ed aperti, si sono da esso emancipati per poter esprimere certe loro istanze personali, ma restano solidamente legati alle radici.

Tom Hingston Studio
Tom Hingston si è fatto notare la prima volta con Mezzanine, il terzo album dei Massive Attack, il gruppo trip-hop di Bristol. La copertina era un’eccezionale fotografia in bianco e nero, opera del fotografo di moda Nick Knight, che raffigurava uno scarabeo. Era difficile decifrare l’esatta natura di quell’immagine semplicemente scontornata. Certo, vi si poteva distinguere una chela o il frammento di un carapace, di cui si percepivano lucentezza e texture, ma l’effetto generale era astratto e un po’ sinistro: affascinante e repulsivo in eguale misura. A un esame più ravvicinato ci si accorgeva che la fotografia era composta da frammenti minutissimi, una specie di collage del guscio, allusione visiva al particolare lavoro di Massive Attack e all’uso eclettico che il gruppo fa dei vari stili, al suo patchwork di influenze musicali diverse. Hingston lavora quasi esclusivamente per clienti del mondo dell’industria musicale e della moda: da Dior a Levi’s, dal gigante discografico EMI alla piccola Nuphonic, specializzata in dance music. Dopo essersi diplomato alla Central St Martin’s School of Art and Design, Hingston ha lavorato tre anni nello studio di Neville Brody: l’esperienza più illuminante della scuola. “Ho imparato moltissimo dal modo in cui Neville faceva le cose, e moltissimo anche dal modo in cui non le faceva”, ricorda Hingston. A ben guardare, comunque, nel complesso dei lavori dello studio si notano alcuni temi ricorrenti. Paesaggi deserti e misteriosi spesso portano sovraimpressi caratteri tipografici modernissimi, che formano un titolo o il nome di un gruppo e possono servire da complemento o contrappunto all’immagine principale, o possono far nascere interrogativi. Per esempio, la copertina di Melody AM, il primo album del duo norvegese Röyksopp, mostra un paesaggio di nuvole di un luminoso colore arancio, con solo alcune cime di alberi che si vedono spuntare in basso, nell’angolo destro. Forse l’alba? Oppure un’allusione al fatto che i Röyksopp vengono da Tromsø, piccola città a pochi chilometri dal Circolo Polare Artico, dove d’inverno il cielo è rischiarato dalle spettacolari luci del nord? Comunque è un’immagine molto evocativa, che rende perfettamente il suono etereo del gruppo.Intenso e pacato, Hingston afferma che le forti immagini che spesso compaiono nei suoi lavori sono il risultato di un dialogo con un fotografo scelto sempre con grande cura. Così nasce, per esempio, la coloratissima campagna pubblicitaria di Dior Femme, di cui ha curato l’art direction per Nick Knight. “Lavorando insieme siamo riusciti a creare un’atmosfera, a esprimere energia e una certa irriverenza, una certa libertà dagli schemi”, ricorda Hingston. Il libro Porn?, pubblicato da Vision On, porta alle estreme conseguenze il concetto di collaborazione fra artisti. Curato e disegnato da Hingston, il volume è il risultato di un’appassionata fatica durata tre anni, che ha comportato innumerevoli riunioni e incontri con cinquantasei fra fotografi, illustratori e creatori di immagini, per stimolare la loro reazione alla parola e al punto interrogativo del titolo. I risultati, quanto mai vari e originali, sono molto più intellettuali che erotici.

NB: Studio
NB: Studio è uno dei molti giovani gruppi di lavoro che si sono staccati con successo da Pentagram, che resta uno dei più rinomati e autorevoli studi di design del mondo. I titolari di NB modestamente affermano di avere “fatto lì il loro apprendistato”, ma ritengono anche di avere lavorato abbastanza, in cinque anni, da potersi distinguere dalla loro “famiglia allargata”. “Ci piace cercare di rimanere giovani”, dichiara Nick Finney, la N di NB. “Siamo piuttosto individualisti”, aggiunge Ben Stott, la B. “Particolari, direi” continua Alan Dye che, lavorando da freelance al tempo della fondazione dello studio, non ha potuto avere la sua iniziale nel nome. Basta guardare il portfolio dello studio – una distesa di schede che mostrano esempi dei lavori – per capire come funziona la loro testa: un sistema pratico, brillante, che si ricorda, e con grande immediatezza dà un’idea dei valori ai quali sono improntate la progettazione e la produzione di NB. Uno dei primi lavori per il loro primo grande cliente, Knoll, è stato una serie di manifesti che celebravano i sessant’anni di vita dell’azienda. Nei manifesti si mescolavano disegni e citazioni di celebri designer di sedie e poltrone, trattati con colori vibranti e un’agile tipografia. Probabilmente fino a oggi i loro lavori di maggiore rilievo sono i manifesti: tra questi, il manifesto per la grande mostra di Andy Warhol alla Tate Modern – tutto giocato sulla reiterazione grafica – e i manifesti per PolyGram Films, che dimostrano una comprensione intuitiva del rapporto fra carattere tipografico e immagine, e la necessità, in questo contesto, di essere incisivi e concisi. Piuttosto riluttanti ad analizzare in profondità le loro opere e il loro lavoro, Dye, Stott, Finney e gli altri quattro membri dello studio si presentano in modo leggero e un po’ svagato. “Facciamo del nostro meglio, e poi speriamo che ogni cosa vada a posto”, dice Finney. Eppure progetti come quello per il lancio del Premio Jerwood del Crafts Council, che ha reso necessario per loro documentarsi su tutta la letteratura del marketing, dimostrano che NB è uno studio completo, in grado di agire con efficacia in tutti i campi. I progetti di libri per Phaidon, Penguin e Lawrence King Publishing mettono in evidenza anche un loro lato più disteso e intellettuale.

Graphic Thought Facility
Quando si percorre il corridoio che porta allo studio Graphic Thought Facility, la prima cosa che colpisce è l’odore: segatura, ammoniaca, inchiostro da stampa, metallo fuso. Clerkenwell Works è un labirinto ronzante e affaccendato, dove gioiellieri, fotografi, stampatori, restauratori di mobili, creatori di animazioni, designer di tessuti (e persino di indumenti di gomma) hanno i loro laboratori. Nei locali simpaticamente trasandati di GTF non ci sono però odori strani, ma l’ubicazione dello studio è perfetta. I loro lavori – a parte essere fra i più originali di Londra – hanno qualcosa di artigianale, di fatto a mano, di grezzo. Sono oggetti molto tattili, realizzati con materiali insoliti ma belli – metallo graffiato, neon, filo elettrico, plastica stampata, e così via – che autori meno intrepidi si guarderebbero dall’usare. E infatti molti progetti di GTF sono il risultato della collaborazione con artigiani (rilegatori e incisori, per esempio) che lavorano nello stesso edificio. Lo studio è stato fondato nel 1990 da tre laureati del Royal College of Art di Londra: Paul Neale, Andrew Stevens e Nigel Robinson (poi Robinson se n’è andato). Anche se Gert Dunbar, nume della grafica olandese, aveva rinunciato alla direzione della sezione grafica del Royal College già un anno prima che arrivassero i tre di GTF, la sua influenza permaneva, sia nello spirito di gioconda creatività, sia, stilisticamente, nell’uso di un mondo tridimensionale di immagini applicato alla bidimensionalità della grafica. “Abbiamo bisogno di un tipo di cliente piuttosto particolare”, ammette Stevens. “Deve avere interesse per noi, ma deve anche essere in grado di pagare”. La collaborazione con la catena di negozi di arredamento Habitat, loro cliente abitale, si è concretata in una straordinaria serie di manifesti e di materiali promozionali a stampa. Nelle pubblicazioni più audaci di Habitat, che escono tre volte l’anno a supporto della presentazione dei prodotti, si notano accostamenti sempre originali e interessanti di materiali cartacei, tecniche di stampa, stili variati e nervosi di fotografia e illustrazione. “Il formato è parte integrante dell’opera, al pari dei caratteri tipografici e delle fotografie” spiega Stevens. “Può addirittura dare un ritmo diverso al lavoro”. GTF ha creato anche un logo di grande freschezza e semplicità e austeri moduli per le comunicazioni interne e i comunicati stampa. La disciplina di cui sono capaci si sente anche nel sobrio trattamento del testo, che contrasta con la libertà della tipografia. Altri clienti sono forse più prevedibili: l’Institute of Contemporary Arts, la Saatchi Gallery, il Design Museum. Il GTF, multiforme ingegno, si è occupato di cose varie e diverse, dalle esposizioni all’immagine coordinata di aziende, ai piatti di carta: ciò nonostante, l’approccio resta sempre coerente e diretto. “Non ci piace l’idea che ogni pagina diventi un problema grafico, formale”, spiega Stevens. “Quello che ci interessa è sviluppare un concetto, un’idea generale, che sia una mostra, un libro, una scatola. Una volta risolto il problema nella nostra testa, il sistema di regole viene di conseguenza, e da questo nascono i diversi componenti. Creare un ambiente può essere un modo di muoversi: si crea un ambiente e poi lo si guarda da punti di vista diversi, in senso letterale o metaforico. Sì, abbiamo fisicamente costruito ambienti, ma abbiamo anche costruito un contesto di limiti, ci muoviamo all’interno di questo contesto”.
<b>Made Thought</b>. Catalogo per la marca di abbigliamento maschile Sonneti
Made Thought. Catalogo per la marca di abbigliamento maschile Sonneti
<b>Tom Hingston Studio</b>. Copertina per un CD del gruppo Massive Attack (foto di Nick Knight). A un esame più ravvicinato si nota che lo scarabeo è un collage, non un’immagine singola
Tom Hingston Studio. Copertina per un CD del gruppo Massive Attack (foto di Nick Knight). A un esame più ravvicinato si nota che lo scarabeo è un collage, non un’immagine singola
<b>Tom Hingston</b> usa una tipografia rarefatta ed elegante, e immagini di grande rigore e chiarezza. Creazione delle immagini per la superstar pop Robbie Williams (foto di Paul M. Smith)
Tom Hingston usa una tipografia rarefatta ed elegante, e immagini di grande rigore e chiarezza. Creazione delle immagini per la superstar pop Robbie Williams (foto di Paul M. Smith)
<b>NB: Studio</b>. Il poster dell’Almeida Theatre invita ad acquistare un posto per contribuire alla costruzione del nuovo teatro
NB: Studio. Il poster dell’Almeida Theatre invita ad acquistare un posto per contribuire alla costruzione del nuovo teatro
<b>NB: Studio</b>. Manifesto per Knoll Furniture
NB: Studio. Manifesto per Knoll Furniture
<b>Graphic Thought  Facility</b>. Con modelli di macchine per la composizione tipografica e immagini di stock si crea l’identità grafica della casa editrice Little_i
Graphic Thought Facility. Con modelli di macchine per la composizione tipografica e immagini di stock si crea l’identità grafica della casa editrice Little_i
Il book di <b>Graphic Thought Facility</b> – <i>Bits World</i> – ha pagine patinate lucide, un libretto separato con i testi, ed è avvolto in una fodera di plastica a rilievo
Il book di Graphic Thought FacilityBits World – ha pagine patinate lucide, un libretto separato con i testi, ed è avvolto in una fodera di plastica a rilievo
<b>Tom Hingston Studio.</b> Copertina per il CD della Nuphonic, casa specializzata in dance music
Tom Hingston Studio. Copertina per il CD della Nuphonic, casa specializzata in dance music
<b>Tom Hingston Studio.</b> Catalogo per la casa editrice Penguin
Tom Hingston Studio. Catalogo per la casa editrice Penguin
<b>Tom Hingston Studio.</b> <i>Porn?</i> Il titolo del volume, in caratteri tratti da uno degli alfabeti decorativi di Louis John Pouchée, stampato in rilievo su una copertina di cuoio rosa, evoca il tema erotico prima ancora che il lettore veda il contenuto
Tom Hingston Studio. Porn? Il titolo del volume, in caratteri tratti da uno degli alfabeti decorativi di Louis John Pouchée, stampato in rilievo su una copertina di cuoio rosa, evoca il tema erotico prima ancora che il lettore veda il contenuto

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