Il “ponte abitato” di Craig Ellwood a Pasadena

Dall’archivio Domus, torniamo all’ultimo grande progetto del maestro del California Modern, l’Art Center College of Design, edificio ponte teso fisicamente tra le due sponde di un canyon, e metaforicamente tra due stagioni della storia dell’architettura.

Alla metà degli anni ‘70 Craig Ellwood è già pienamente entrato in una nuova fase della sua vicenda, personale e professionale. Dopo due decenni in cui si è affermato come figura di assoluto riferimento per il California Modern – una delle prime espressioni indipendenti del moderno statunitense – Ellwood lascia l’architettura; lui peraltro architetto non lo era mai stato, almeno in termini di ufficialità, non essendosi laureato in architettura e avendo sempre agito come “direzione artistica” e operativa di  uno studio strutturato da disegnatori e specialisti. Si trasferirà per la maggior parte dell’anno in Toscana, dove darà la precedenza alla sua attività di pittore di ispirazione costruttivista, modernista nelle forme primarie che prediligerà, in contrasto con un’emergente onda postmodernista della quale non si sentiva parte.

Lasciava però sul Pacifico due strascichi non trascurabili della sua presenza: una storia personale da celebrity tra lussi e auto da corsa, e un progetto in piena costruzione, la scuola d’arte di Pasadena. Vuole la storia orale che la Ferrari Dino immortalata in una delle foto più celebri della megastruttura portata da grandi travi reticolari, edificio-ponte evocativo di una tradizione secolare ma anche delle utopie moderniste più spinte, sia proprio quella dell’architetto. Al completamento del progetto, Domus ne pubblicava immagini e disegni nel novembre del 1978, sul numero 588.

Domus 588, novembre 1978

Un ponte abitato

Si, è vero. Craig Ellwood non fa più l’architetto. Dipinge e scolpisce. In California ed in Toscana. Ha abbandonato Mies van der Rohe per Josef Albers: “My, artwork – egli dichiara – is constructivist and ordered like my architecture”. Questo Art Center College of Design di Pasadena è la sua ultima opera di architettura: significativamente, un edificio per l’insegnamento e lo studio del design e dell’arte.

Isolato in un largo territorio verde, fortemente ondulato, l’edificio — una struttura in acciaio a due piani, con tamponamenti in vetro bronzato ed in pannelli isolanti — è un lunghissimo corpo orizzontale che corre sopra il terreno senza turbarne l’andamento: a un certo punto l’edificio stesso supera “a ponte” un avvallamento, un piccolo canyon. All’Art Center necessitavano grandi spazi continui. L’edificio ha campate a maglie quadrate di 14,64 metri di luce, al piano principale, e di 7,30 al piano sottostante. Non ci sono controsoffitti (eccetto che nelle zone destinate agli uffici); la struttura e tutti gli impianti, elettrici ed idraulici, sono sempre in vista.

Domus 588, novembre 1978

L’edificio è lungo ben 263,52 metri e largo 43,92. È diviso in quattro parti: la zona nord ospita gli studi d’arte, le aule, la caffetteria, i magazzini degli studenti, l’auditorium per 450 persone; la zona “a ponte”, che sorvola l’avvallamento per una lunghezza di 58 metri, portata da quattro travi alte 5 metri, ospita gli uffici e la biblioteca (in questa zona le pareti vetrate sono arretrate di 3,50 metri rispetto alle travi esterne, per dar luogo a una “passeggiata coperta” sul “vuoto”); la zona sud ospita una galleria per esposizioni, l’ingresso principale, un atrio aperto, gli studi e laboratori di industrial design al piano principale e quelli di fotografia e di cinema al piano sottostante seminterrato: la quarta zona, destinata ad abitazioni per gli studenti e ad altri studi, sarà costruita in un secondo tempo, all’estremità sud dell’edificio.

La semplicità formale della costruzione è valorizzata dalla forte evidenza delle sue strutture.

Domus 588, novembre 1978

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