Dieter Rams e i 10 principi per un buon design

Sul finire degli anni ‘70, il designer padre del less, but better formulava il suo decalogo. Nel 1993 tornava a rileggerlo con Domus.

All’inizio degli anni ‘90, Dieter Rams sta per lasciare la posizione di head of design alla Braun, posizione dalla quale si è ormai consacrato a livello  mondiale come autentico guru del design, associando al suo nome alla semplicità impareggiabile di prodotti come la radio T3 o il sistema stereo Atelier. La sua opera ha già gettato le basi per quelle che saranno altre filosofie del design iconiche – come tutto il linguaggio visuale e di sistema sviluppato da Jonathan Ive per Apple, a partire dall’iPod che della T3 assume anche le sembianze – ma Rams, fin dal coinvolgimento della Scuola di Ulm, evoluzione postbellica della riflessione Bauhaus, nei suoi primi progetti per Braun negli anni ‘50, ha sempre strutturato la sua ricerca secondo una fortissima valenza etica, di cui l’estetica è poi un’espressione. Ed ecco nel pieno di una carriera intensissima il padre del less, but better formula un codice che in realtà è una riflessione, e in certi aspetti anche una profezia sulle emergenze dei decenni successivi, dalla responsabilità verso un ambiente fragile alla necessità di ridurre i consumi e meglio comprendere lo strumento della tecnologia. Domus la pubblica nell’aprile del 1993, sul numero 748.

Domus 748, aprile 1993

Dieci principi per un buon design

Ho formulato dieci principi che servono da orientamento ai miei colleghi, ai miei studenti e a me stesso:

1. Il buon design è innovativo

 “Innovazione” oggi è uno slogan, spesso usato per indicare novità spettacolari, che magari si limitano a mutamenti esteriori, di facciata. L’innovazione diviene così fine a se stessa. Molti dei prodotti di cui sono responsabile sono praticamente diventati dei prototipi perché sono duraturi e innovativi sia dal punto di vista tecnico che da quello del rapporto costi/benefici del progetto. Il design va visto qui come fattore di coordinamento, in grado di garantire che tutti i fattori siano equilibrati durante il lungo processo di sviluppo del prodotto. Ciò non significa che in futuro tutti i prodotti avranno l’aspetto di quelli di oggi. Senza sacrificare le regole della progettazione (ma probabilmente modificandole) la progettazione di un prodotto rifletterà il livello raggiunto al momento dalla tecnologia, dai processi produttivi e dalla necessità di utilizzare nuovi materiali.

 

2. Il buon design esalta la facilità d’uso del prodotto

Il buon design esalta la facilità d’uso del prodotto. Credo che un apparecchio sia ben progettato quando lo si può usare al meglio. Il progetto di un apparecchio secondo la sua funzione è il risultato di un’interazione intensa e globale con la realtà d’uso, la vita, i bisogni, i desideri e i sentimenti degli esseri umani. Il design non deve ridurre le persone a macchine. Ad esempio una sedia, in un’abitazione, ha certamente molte altre funzioni oltre a quella di offrire semplicemente una seduta. Ciò significa quindi che chi progetta oggetti d’uso deve soddisfare più funzioni oltre quella primaria, ad esempio funzioni psicologiche, oppure che la funzione primaria deve essere congruente con il resto dell’ambiente individuale dell’utente. È facile però perdersi nella ricerca di funzioni complementari, le funzioni possono estendersi fino a coprire lo spettro di ogni possibile stile di vita. Nella teoria del design ciò può essere realizzato in tutte le sue varie componenti. Ma nella pratica del design il progettista deve decidere, partendo da zero per ogni prodotto, quali funzioni prendere in considerazione. Non ci sono ricette istantanee. Dobbiamo sforzarci di filtrare gli aspetti significativi attraverso la discussione con gli specialisti del marketing, dello sviluppo e della produzione, per raggiungere una forma che integri efficacemente le funzioni complementari con quelle principali.

3. Il buon design possiede qualità estetiche

L’estetica di un prodotto e il suo fascino sono infatti parte intrinseca della sua funzione e della sua utilità. Tutto questo Kitsch spettacolare moderno mi dà sui nervi! 

Domus 748, aprile 1993
[...] penso anche all’inquinamento visivo. Nella mia esperienza esso turba e impoverisce l’ambiente quanto, poniamo, l’inquinamento dell’aria, del terreno e delle acque.

4. Il buon design è comprensibile

Illustra il prodotto in modo logico. In molti prodotti la capacità di autospiegazione è praticamente nulla. Sono per così dire degli “enigmi progettuali” che non si riesce a risolvere senza studiare istruzioni per l’uso spesso frustranti.

5. Il buon design è discreto

Negli ultimi anni il significato del design è divenuto sempre più importante. Lo dimostra il numero dei dibattiti sull’argomento. E ciò dimostra anche che l’industria incontra difficoltà sempre maggiori a ottenere vantaggi di prodotto decisivi e significativi nelle aree classiche come il prezzo ragionevole, la prestazione tecno-logica particolare o l’alta qualità. Ma, a dispetto dell’indubbia crescita di importanza, finora il design è rimasto sullo sfondo. Una delle ragioni di questo ruolo marginale è la sua immagine problematica. La domanda fondamentale è: il design è arte, arte applicata oppure tecnologia?

Guardando al futuro credo sia possibile una sola risposta: l’Industrial Design è tecnologia. Un designer può davvero progettare dei prodotti dopo aver studiato Industrial Design e aver raggiunto l’esperienza, la competenza e la conoscenza dei metodi di lavoro necessarie. Tutto il resto è cosmesi. Al designer viene richiesta sempre più spesso la competenza tecnologica. Ogni singolo progetto va elaborato e chiaramente definito a fondo in tutte le caratteristiche della struttura, dei materiali e della produzione. Il “design tecnologico” – la progettazione dei prodotti dal principio alla fine, concettualmente fondata, esaustiva, coerente e professionale – alla luce di quanto si è detto sta diventando sempre più necessario, più apprezzato e più importante. E secondo me gli apparecchi per il pubblico non sono strumenti di serie B, e conserveranno questa importanza. Saranno in grado di scomparire, di lasciare spazio alle persone per un ambiente individuale e vivo. Non sono né opere d’arte né oggetti di culto, e neppure status symbol o allestimenti da vetrina.

Nella pratica del design il progettista deve decidere, partendo da zero per ogni prodotto, quali funzioni prendere in considerazione. Ciò di cui abbiamo bisogno è una comprensione più approfondita della tecnologia.

6. Il buon design è onesto

Molte volte la gente si lamenta che il design troppo spesso cerca di barare, cioè di accecare la gente riguardo alle reali caratteristiche di un prodotto, o per lo meno di incoraggiare il cliente o l’utente a ingannare se stesso. Secondo me i designer hanno un dovere educativo, dato che sono partecipi dello sviluppo della società e della cultura e non possono rifiutare questa responsabilità.

Domus 748, aprile 1993

7/8/9. Il buon design rispetta l’ambiente, è duraturo ed è coerente.

I punti 7, 8 e 9 riguardano la responsabilità del design nella creazione dell’ambiente umano. Il buon design mira alla durata, alla precisione ed è attento all’ambiente quanto ai materiali che utilizza e alla manutenzione richiesta dal prodotto. Questa concezione del design è ovviamente in contrasto, ad esempio, con quella di chi considera uno Swatch (la sintesi di un orologio e di un non-orologio) come un fatto di libertà, soprattutto intesa come libertà di cambiare e di gettar via. Io però non credo nell’autorealizzazione attraverso il consumismo e lo scarto. Ma presto questa diventerà una discussione accademica, poiché la tutela dell’ambiente ci costringe a cercare soluzioni sui tempi lunghi.

10. Il buon design è il minor design possibile

La nostra unica possibilità reale è il ritorno alla semplicità. A mio modo di vedere il più importante principio del design è tralasciare tutto ciò che non è importante, e quindi sottolineare le cose importanti. Semplicità assoluta. È compito importante del designer, forse il più importante in senso sociale, contribuire alla riduzione del caos in cui siamo costretti a vivere. Il maggior difetto del design secondo me sta alla radice. La libertà di riflettere sull’uso che possiamo fare del progresso tecnico. Ovviamente non ci sono risposte semplici a questa domanda, ma qui si cerca di mettere in discussione l’uso reale dei risultati di questo lavoro profondamente tecnico. In particolare, se si considerano i prodotti destinati alla vita quotidiana, ciò significa mettere in discussione se un nuovo prodotto sia davvero necessario. Il vecchio prodotto si è dimostrato ancora sufficientemente utile oppure si tratta di un miglioramento ragionevole?

Dieter Rams sulla copertina di Domus 649, aprile 1984

Ci siamo assuefatti all’idea dell’avvento di un mondo in cui la tecnologia sarà in grado di soddisfare tutti i nostri bisogni e permetterà agli uomini di compiere errori senza pagarne le conseguenze. Ciò di cui abbiamo bisogno è una comprensione più approfondita della tecnologia. Dato che quest’opinione è comunissima tra coloro che confondono il linguaggio con la cultura, dobbiamo riflettere su dove sta veramente la lacuna culturale. La vera cultura non è arrogante ma modesta e onesta. Ma la modestia è molto difficile da trovare! È sempre stato più facile per noi uomini immaginare il negativo che non il positivo. Se pensate alla Divina Commedia sarete d’accordo con me quando dico che le parti relative all’Inferno sono molto migliori di quelle relative al Paradiso.

La quantità di errori privi di qualunque giustificazione è certamente grande, e molti si possono evitare. È un campo che possiamo coltivare fin d’ora e che darà buoni frutti, se lo vogliamo davvero. Il punto è: quanto lo vogliamo?

...Se, quando dobbiamo prendere decisioni che richiedono ragionamento e concretezza, non ci curiamo tanto delle opinioni prefabbricate, dei pregiudizi, delle inezie e delle fantasie scintillanti che sembrano razionali ma sono irrazionali, le cose andranno molto meglio. È difficile introdurre miglioramenti nella sfera morale. Ma faremmo un grande passo avanti se riuscissimo a migliorare il nostro modo di pensare.

Il design è principalmente un processo di pensiero.

Immagine di apertura: Dieter Rams sulla copertina di Domus 649, aprile 1984

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