SoftPower è un’installazione di land art dell’artista Gregory Orekhov che riprende la forma e la disposizione dei sacchi di sabbia, oggetti comunemente associati a scenari di conflitto e a contesti di emergenza. Nella loro funzione tradizionale, i sacchi di sabbia agiscono come barriere di protezione e difesa. In questo lavoro, la sagoma familiare viene mantenuta, ma le qualità materiali sono trasformate: al posto della sabbia c’è l’aria, e il peso funzionale è sostituito dalla leggerezza.
Un monumento di sacchi di sabbia senza peso spiega cos'è il soft power
L’opera recentemente installata in Francia si ispira ai sacchi di sabbia, oggetti di protezione e difesa, svuotandoli del peso per creare un recinto di raccoglimento.
Photo Nikita Subbotin
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- Romina Totaro
- 14 settembre 2025
L’installazione è composta da elementi gonfiabili, simili a cuscini, impilati in un anello circolare. La configurazione non genera una barricata impenetrabile, ma un perimetro accessibile che definisce uno spazio per la sosta e la riflessione. La trasformazione del motivo del sacco di sabbia da strumento di difesa a dispositivo spaziale ne sposta il significato dal piano militare a quello culturale e artistico. Collocata in Francia, l’opera entra in dialogo con il ruolo storico del Paese nel proiettare la propria identità culturale oltre i confini, utilizzando strumenti non militari. In questo senso, l’installazione richiama il concetto politico e sociale di “soft power”, inteso come capacità di esercitare influenza attraverso la cultura, le idee e i valori.
SoftPower può essere letta come un gesto architettonico temporaneo, che non isola ma apre. L’opera non propone una protezione fisica da minacce esterne, bensì una riflessione sul valore della cultura come forma di resilienza. In questo senso, i sacchi di sabbia senza peso diventano metafora di una forza diversa non aggressiva. Il lavoro di Orekhov si colloca così al crocevia tra reinterpretazione materiale, trasformazione simbolica e sperimentazione spaziale. L’artista utilizza un oggetto radicato nell’immaginario della difesa per ricostruirne il significato, suggerendo come l’arte possa ridefinire strumenti di conflitto in forme che evocano apertura e resistenza non violenta.