Dalle sue declinazioni istituzionali — purché non scontate — a quelle piacevolmente decentrate e sempre più sorprendenti, la mostra fotografica rappresenta da sempre un veicolo privilegiato e generalmente accessibile non solo per conoscere o scoprire approcci classici e nuove frontiere di quest’arte, ma anche per fare il punto sulle pratiche curatoriali e di allestimento, che si dimostrano sempre più eterogenee, interdisciplinari e stimolanti. Seguendo quest’idea, abbiamo selezionato cinque tra le mostre più interessanti visitabili quest’autunno in Italia, in un percorso quasi tematico, anche se non esaustivo, attraverso il Paese e, al contempo, l’idea stessa di paese. Sfogliate la gallery per saperne di più.
5 mostre di fotografia da non perdere
Dal giro del mondo di Depardon a Luzzara, dall’Iran di Mohadjerin a Cotignola, passando per la Svizzera ma anche da Bellosguardo e Atena Lucana: le diverse declinazioni dell’idea di paese in cinque mostre da vedere questo autunno in Italia.
Raymond Depardon, Frazione Saint Martin d’Orb, Le Bousquet d’Orb, Hérault, 2020, copyright Raymond Depardon / Magnum Photos
Raymond Depardon, Errance, 1999, copyright Raymond Depardon / Magnum Photos
Raymond Depardon, Glasgow, Scozia, 1980, copyright Raymond Depardon / Magnum Photos
Raymond Depardon San Servolo, Venezia, 1979, copyright Raymond Depardon / Magnum Photos
Stephen Shore, Luzzara. Linea di confine, Laboratorio di fotografia 6, 1993
Luigi Ghirri, Luzzara, 1978, copyright Eredi Luigi Ghirri
Hazel Kingsbury Strand, Luzzara, 1953, copyright Paul Strand Archive / Aperture Foundation
Riccardo Cecchetti da Archivio Atena, 2021
Michele Buda, dalla serie Sul confine, 2020
Michele Buda, dalla serie Sul confine, 2020
Marco Zanella, dalla serie Scalandrê, 2020/2021
Marco Zanella, dalla serie Scalandrê, 2020/2021
Mashid Mohadjerin, Morvarid
Mashid Mohadjerin, I Remember You
Mashid Mohadjerin, Secret Sky
Mashid Mohadjerin, Shiraz
Salvatore Vitale, How to Secure a Country (2014-2019) copyright Salvatore Vitale
Salvatore Vitale, How to Secure a Country (2014-2019) copyright Salvatore Vitale
Salvatore Vitale, How to Secure a Country (2014-2019) copyright Salvatore Vitale
Salvatore Vitale, How to Secure a Country (2014-2019) copyright Salvatore Vitale
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- Raffaele Vertaldi
- 04 novembre 2021
Come terza tappa della sua partnership con la Fondation Cartier pour l’art contemporain, Triennale Milano ospita La vita moderna, la più grande mostra di Raymond Depardon mai realizzata. Lunga e fondamentale, la vicenda del fotografo francese, che si snoda dall’attività di fotogiornalista fin dagli anni ’60 a quella di regista in collaborazione con Claudine Nougaret, dalla fondazione dell’agenzia Gamma con Gilles Caron alla collaborazione con Magnum, dalla partecipazione alla Mission photographique de la DATAR a Beyrouth centre–ville. L’importante percorso espositivo, curato dall’artista Jean–Michel Alberola, attraversa otto serie fotografiche e due film. Il filo conduttore è fornito da Errance (1999–2000), dove il formato verticale e la centralità del punto di vista offrono una visione pura e mediata allo stesso tempo, e le grandi stampe a muro conversano con quelle piccole e incorniciate. La perfetta identità tra forma e contenuto prosegue nella sala dedicata a La France, la serie che dal 2004 al 2010 ha portato Depardon a bordo di un furgone in giro per la provincia del suo Paese: la complessità della produzione e la magniloquenza dell’allestimento fanno da specchio alle storie di una Francia minore, a cui è restituita dignità e importanza. Seguono l’immane Rural (1990–2018), per la prima volta in mostra, le speculari ma imparagonabili Piemonte e Communes (2001 e 2020), i colori nordici di Glasgow e l’alienazione in bianco e nero di Manhattan Out (entrambe del 1980) e soprattutto San Clemente (1979–1980), resoconto vivido e partecipato degli ospedali psichiatrici italiani durante gli anni della rivoluzione Basaglia. I film New York, N.Y. (1986) e San Clemente (1980) completano una mostra semplicemente imperdibile. (Triennale Milano, viale Alemagna 6, Milano, fino al 10 aprile 2022).
Un’idea di paese è il titolo del complesso progetto espositivo e didattico con cui Spazi Fotografici, assieme a ISIA Urbino e soprattutto Fondazione Un Paese, intendono ripartire, rilanciandone idee e valori, dal celebre “film su carta” che Paul Strand e Cesare Zavattini realizzarono a Luzzara con Einaudi nel 1955. Uno dei primi e ancora più importanti esempi di fotolibro, Un paese rappresenta infatti non tanto il punto di arrivo della cospirazione culturale ordita da una fotografia che si faceva narrazione e una narrativa che si faceva visione, quanto un punto di partenza da cui prendere sempre e nuovamente avvio. Reinterpretato più volte nel tempo da molti autori e tante istituzioni, il progetto originale vive di un’eredità importantissima, che Spazi Fotografici rimette ora in circolo a Sarzana. In mostra grandi nomi come Stephen Shore, Olivo Barbieri, Luigi Ghirri o Gianni Berengo Gardin ma anche Hazel Kingsbury Strand, che accompagnò il marito Paul nel ’55, e i tanti autori che ne seguirono le tracce e l’esempio negli anni successivi. Momento cruciale del progetto sono però anche Archivio Bellosguardo e Archivio Atena, i risultati due residenze in Campania ideate da Alessandro Imbriaco e coordinate da Alessandro Coco che gettano il seme di futuri laboratori che uniranno idealmente Luzzara e Sarzana in un dialogo che si preannuncia di sicuro interesse. (Fortezza Firmafede, Sarzana, fino al 21 novembre 2021).
Ancora un paese, questa volta nell’entroterra ravennate, al centro di Monumento Fiume, doppia personale che rappresenta l’esito di due distinte campagne fotografiche commissionate dal comune di Cotignola, appunto, e dal Museo Civico Luigi Varoli. A intrecciarsi nei ritrovati spazi dell’ex Ospedale Testi saranno Sul Confine, di Michele Buda, e Scalandrê di Marco Zanella, due lavori profondamente legati al territorio, indagato dai punti di vista della sua stratificazione storica e della sua eredità sociale. La storia di Italia ha infatti qui scritto una tappa breve ma importante quando il fiume Senio, che taglia in due il paese attraversa la Romagna, alla fine del secondo conflitto mondiale fece per 145 giorni da linea di confine naturale tra le truppe Nazifasciste e quelle alleate. Quasi cancellato dalle mappe, Cotognola non vive oggi sterilmente nel ricordo, ma attraverso le indagini di Buda e Zanella (pubblicate poi rispettivamente da Humboldt Books e da Cesura Publish) torna con una nuova linfa a interrogarsi sulla propria natura e su quel che rende sia unica che universale la propria identità. Affianca le due serie fotografiche Monumento Fiume, il paesaggio sonoro creato dal sound designer Giovanni Lami a partire da field recordings e rielaborazioni acustiche registrati in paese e nei dintorni del Senio e che, archivio uditivo di una realtà spesso invisibile, dà significativamente il nome all’intera operazione. (Ex Ospedale Testi e Chiesa del Pio Suffragio, Cotignola, fino al 9 gennaio 2022).
C’è invece l’Iran al cuore di Freedom is not Free, l’eterogenea riflessione sul proprio paese che, in bilico tra arte e fotografia documentaria, tra collage e archivio, Mashid Mohadjerin porta a Milano grazie a Twenty14. Una riflessione che parte dall’esperienza post–rivoluzione del 1979 ma si dipana lungo tutto l’arco esistenziale dell’autrice, e che attraversa quindi uno spazio geografico e concettuale più ampio fino ad allargarsi all’idea stessa di nazione declinata attraverso la lente della libertà. Mohadjerin ripercorre quindi il proprio vissuto attraverso Medio Oriente e Nord Africa ma che tenendo sempre conto, agli estremi di una vicenda professionale e personale, quindi pubblica e privata, del nativo Iran, luogo di partenza ma anche di ritorno, e dell’Europa, rappresentata da Royal Academy of Fine Arts e Università di Anversa, dove lo studio, culminato non solo in un prgetto espositivo ma anche in un libro d’artista, ha preso avvio come dottorato di ricerca. (Pananti Atelier, via Saffi 9, Milano, dal 17 novembre 2021 al 28 febbraio 2022)
Un’ulteriore declinazione di paese è quella offerta da Salvatore Vitale con How to Secure a Country +, la sua prima personale in Italia presenta nella Project Room di Camera – Centro Italiano per la Fotografia. In questo complesso progetto transmediale, prodotto tra il 2014 e i 2019, l’artista palermitano indaga il sistema di sicurezza svizzero con lo sguardo privilegiato dello slow–journalism, un approccio che rifugge la tentazione della “notiziabilità” e si focalizza su una documentazione apparentemente neutrale ma sempre carica di senso e mediata dall’interpretazione. La Svizzera si fa allora metafora di un modo di concepirsi in relazione all’estero e all’esterno, di rapportarsi con temi come immigrazione e protezione, di rappresentarsi secondo i paradigmi del potere e del controllo. (Camera, via delle Rosine 18, Torino, fino al 12 dicembre 2021)