La fotografia nell’era dell’intelligenza artificiale

Una mostra collettiva al MoCP di Chicago tenta di fare un possibile punto sull’interazione tra arte e nuove tecnologie.

Se siete anche voi di una generazione che considera quel che accade in rete e la vita reale come due cose distinte, allora il titolo della mostra appena inaugurata al MoCP di Chicago non potrà che colpirvi in modo particolare.

In Real Life (il cui acronimo, IRL, veniva comunemente usato nelle chat per sottolineare il summenzionato problema) è l’espressione molto appropriata con cui il Museum of Contemporary Photography del Columbia College ha infatti deciso di chiamare la sua nuova collettiva, che vede sette artisti riflettere sul tema della fotografia nell’era dell’intelligenza artificiale. 

Non si tratta solo del tentativo di fermare il momento in cui tutto, dalle tecniche al linguaggio, dai temi alle forme, è fluido, interdisciplinare, sfuggente al limite dell’indefinibile, ma di provare a stabilire un possibile paradigma: dov’è — se esiste — e come è rappresentabile il limite tra chi guarda, chi è visto, e il mezzo attraverso cui questa relazione biunivoca si instaura? 

Paradossalmente molto zen (anche se — o proprio perché — ormai avulso dalla realtà materiale), il processo per cui una macchina può non solo registrare immagini ma anche propriamente vedere l’oggetto primario di questa registrazione (la realtà materiale, appunto) è sempre, anche se in apparenza tangenzialmente, al centro del lavoro degli artisti coinvolti. 

Maija Tammi gioca con lo spettatore sulla sovrapposizione/sostituzione tra il sempre meno naturale umano e il sempre più iperrealistico robotico mentre, attraverso opere video e installazioni audio interattive, Stephanie Dinkins evidenzia i cortocircuiti tra nuove tecnologie e pregiudizi razziali. 

Le sequenze “riprese” in un futuro distopico da Liam Young e il montaggio di filmati da CCTV drammatizzati da Xu Bing, varcano il confine tra realtà percepita e generata. E se Trevor Paglen struttura un archivio visivo di oggetti usati per insegnare alle macchine come guardare, José Orlando Villatoro sostituisce invece la dettagliata tangibilità dell’organico all’inconsistenza digitale dei QR code. 

Leo Selvaggio va ancora oltre, e invita il pubblico a mettere in crisi i sistemi di sorveglianza attraverso l’uso di una serie di mascheramenti — tridimensionali, cartacei, virtuali — che riproducono le sue stesse sembianze: nel momento storico in cui il computer esercita la sua massima (fin ora) interazione con e influenza sull’uomo, l’arte scende allora in strada e si fa baluardo della privacy dei cittadini, mettendoci anche la faccia.

Titolo:
In Real Life
Apertura:
Dal 16 gennaio al 29 marzo 2020
Curata da:
Natasha Egan
Luogo:
MoCP –The Museum of Contemporary Photography at Columbia College
Indirizzo:
600 South Michigan Avenue, Chicago, Illinois, USA

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