Notre-Dame

A Parigi riapre Notre-Dame, dopo l’incendio del 2019: un luogo fondamentale per l’arte, che proprio come l’arte è sempre stata in continua trasformazione.

Notre-Dame, la gran dama di pietra, si erge ancora maestosa sull'Île de la Cité. Privata nel 2019 delle sue guglie svettanti, del tetto che l'ha protetta per secoli, di quell'aura di invincibilità che pareva emanare da ogni sua pietra. Il fuoco, divoratore implacabile, ha sfregiato le sue navate, le ha private delle vetrate secolari, trasformando in cenere secoli di storia, di fede, di arte. Eppure, Notre-Dame non è solo pietra, legno e vetro. È un'immagine potente, un simbolo che trascende la materia e che oggi torna a vivere.

Nel Medioevo, la cattedrale gotica emergeva come un miracolo di verticalità, una sfida ardita alla gravità, quasi a voler tradurre in pietra la tensione spirituale dell'uomo verso il divino. Ieratica e imponente, fulcro di un universo teocentrico in cui l'uomo si percepisce piccolo di fronte alla grandezza di Dio. 

La sua architettura esprimeva l'anelito a trascendere la realtà terrena e a raggiungere la sfera celeste. Ogni elemento, dalle guglie alle vetrate, dalle sculture ai capitelli, concorreva a creare un'atmosfera di misticismo e di raccoglimento.

Con l'avvento del Romanticismo, Notre Dame si carica di nuovi significati. Non è più solo simbolo di fede, ma anche di storia e di identità nazionale. Victor Hugo, nel suo celebre romanzo, la trasforma in un personaggio tragico, un rifugio per gli emarginati, uno specchio delle contraddizioni di una società in tumulto. Le incisioni di Charles Meryon, dense di contrasti chiaroscurali, ne accentuano il carattere drammatico e misterioso. La cattedrale diventa metafora della condizione umana, con le sue luci e le sue ombre, le sue speranze e le sue disillusioni.

Nell'opera di Matisse dedicata a Notre Dame, l'artista si confronta con la monumentalità dell'architettura gotica attraverso una sensibilità moderna che dissolve la solidità della massa muraria in un'armonia cromatica vibrante. La pennellata, rapida e frammentata, scompone e ricompone la prospettiva, moltiplicando i punti di vista e restituendo una percezione visiva in continua metamorfosi. La cattedrale non è più un oggetto statico, osservato da un unico punto di vista, ma un'entità dinamica che si svela attraverso una molteplicità di prospettive e giochi di luce. Matisse traduce la complessità architettonica in un linguaggio pittorico essenziale, dove il colore si fa struttura e la prospettiva diventa elemento generatore della forma.

E come dimenticare Picasso, che nel suo periodo cubista ne offre una visione sfaccettata, quasi esplosa, dove la prospettiva tradizionale si frantuma in una molteplicità di punti di vista. La cattedrale, privata della sua monumentalità, diviene un oggetto enigmatico, un gioco di forme e volumi che sfida la percezione dello spettatore. Picasso scompone e ricompone la cattedrale, mostrandoci la sua essenza al di là dell'apparenza.

Maurice Utrillo, Notre Dame, 1910

Oggi, dopo l'incendio, la Cattedrale si presenta come un palinsesto, una stratificazione di memorie e di significati. Alle immagini del passato si sovrappongono quelle del presente, in un continuo dialogo tra rovine e ricostruzione, tra memoria e futuro. La sua storia millenaria e le sue infinite metamorfosi, ricordano che l’arte è un processo di continua trasformazione. Distruzione, creazione, perdita e rinascita si intrecciano in un ciclo perpetuo.

Immagine di apertura: Henri Matisse, Notre Dame, 1904

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