Apre la mostra del cinema a Venezia. La numero ottanta. La laguna si tinge di colorate ed eleganti sete, taftà, pizzi, chiffon e lamé che adornano donne bellissime. Arrivano i grandi attori sui tanto noti taxi d’acqua. Si riflettono nelle acque i numerosi flash dei fotografi.

Venezia, “quant’è bella Venezia”, scriveva il critico cinematografico Robert Brasillach, “Come sono grandi gli artisti veneziani! Ma è anche inesauribile, sempre prodiga di miracoli e scoperte. Quelli che la visitano in due soli giorni non ne vedono che gli aspetti più celebri ed eclatanti; noi abbiamo percorso i grandi rioni popolari, pieni di bottegucce e di fruttivendoli, e cassette di pomodori e zucchine sparse come macchie di colori, quelle calli segrete, quel volto sconosciuto di Venezia, la Giudecca, dove, tra muretti lugubri, tra viuzze strette e contorte, sui canali sudici, vive gente coraggiosa, sorridente e che non ha dimenticato il sollievo e la gioia d’una canzone, carezza d'acque e di venti sullo specchio del mare. Confesso che questi colori, questa Venezia sconosciuta al turista frettoloso, mi toccavano molto più della fastosa teoria di palazzi sul Canal Grande. E qui, quasi ogni calle, ogni chiesa rinascimentale o settecentesca (Venezia ha il potere di riconciliarvi con tutto il barocco) nasconde quadri semi-dimenticati dei più grandi pittori di tutti i tempi. Venezia dei miracoli!”

Venezia è stata musa, soggetto, oggetto, ritrovo e luogo d’accoglienza per tanti artisti. Venezia è acqua, è oro, è lo spartiacque tra il mondo dell’est e quello dell’ovest dove tutte le influenze hanno trovato accoglienza.
Era l’ottobre del1874, quando Édouard Manet, in compagnia di Suzanne e James Tissot, arriva a Venezia. Un ambiente raffinato e semplice accoglie il maestro negli anni della sua maturità. Tutto quello sfavillio di luci e colori dorati lo sconvolgono. Dipinge un angolo del Canal Grande: Il Gran Canal di Venezia (Venezia blu). Le note briccole bianche e blu chiudono la scena, rendendo perfetta la prospettiva portando lo sguardo dello spettatore al centro esatto, dove una gondola e il suo gondoliere diventano il soggetto. Un escamotage pittorico, il simbolo della città come scusa per narrare le sue acque cangianti, ferme, rese affascinanti dai riflessi delle architetture. Bianco, oro, ma soprattutto il blu.

Claude Monet replica il soggetto, lasciando ancor più spazio all’acqua, un elemento tanto amato dal maestro francese. Dipinge Venezia ad ogni ora. Il sole la stravolge, a volte è rosa, altre è blu, poi predomina il giallo, altre ancora spicca il verde. Le briccole, sempre presenti, danno il ritmo, come un metronomo, e le architetture in lontananza danno enfasi. Ancora il Canal Grande, ancora le sue acque.
Canaletto, Francesco Guardi, Umberto Boccioni, Giovanni Boldini, John Singer Sargent, Francesco Hayez, Maurits Cornelis Escher e tanti altri maestri hanno amato questa città. L’hanno dipinta, racchiusa nelle loro tele e amata.
“Giuro (con assoluta convinzione) che Venezia è il prodigio, la nuova meraviglia del mondo.” C. Dickens.

Immagine di apertura: Édouard Manet, Le Grand Canal à Venise, 1875