Intervista con Marie-Claude Beaud

La direttrice del Nouveau Musée National de Monaco discute del suo lavoro: l’esperienza degli spazi epsositivi, la relazione con i grandi architetti, il nuovo spazio per attività educative di Studio Quetzal alla Villa Paloma.

Ettore Spalletti

In occasione dell’apertura di un nuovo spazio per le attività educative realizzato dallo Studio Quetzal alla Villa Paloma, abbiamo incontrato la direttrice del Nouveau Musée National de Monaco. Marie-Claude Beaud, figura cruciale nelle attività culturali di molte istituzioni francesi, in questi decenni ha svolto un fondamentale ruolo di promozione e contaminazione tra architettura, design e arte.

Discutere del suo lavoro ci permette di comprendere l’esperienza quotidiana degli spazi espositivi, la relazione con i grandi architetti e avere una visione dell’evoluzione futura del museo monegasco, dal coinvolgimento di Renzo Piano nella futura estensione delle sedi alla rete di relazioni con gli altri centri di diffusione del design nel Sud della Francia, alle ragioni delle due esposizioni ora in corso, a cura di Cristiano Raimondi, nelle quali sono protagonisti due esponenti dell’arte italiana contemporanea: l’artista Ettore Spalletti e il collezionista Fabrizio Moretti.

Villa Paloma è una sede museale semplice, ma di grande eleganza. Quale è il contributo del design a questo aspetto e quale era esattamente la domanda per l’incarico della sala realizzata ora da Studio Quetzal?
Penso che fare attenzione a queste cose sia cruciale, quanto assegnare degli incarichi di grafica e design. Qui al museo mi interessa sempre molto cercare di capire le situazioni. Osservare come si svolgono le attività negli spazi e quindi domandare ai designer di intervenire. Si tratta di capire che in un museo ogni cosa, dai supporti agli arredi, deve far parte della presenza artistica, e che ogni atto quotidiano, anche cambiare i fiori, è uno stimolo creativo. Lo Studio Quetzal ha avuto l’incarico di realizzare uno spazio per i giovani, al fine di poter lavorare con loro in piccoli gruppi, per fare delle attività creative quando si ricevono le scuole.

Attraverso il suo lavoro nei musei, è sempre stata una vera e propria promotrice di azioni e interventi spaziali. Dove è nato questo suo interesse per coinvolgere i designer nelle attività espositive?
Penso che questo interesse provenga dal mio primo lavoro al Musée di Grenoble con Maurice Besset, uno storico dell’arte appassionato di architettura. Al museo di Grenoble si chiedevano delle cose ai designer: degli arredi, della grafica e cose simili. Ed è stato cosi che mi sono resa conto che la relazione tra grafica, design e architettura era qualcosa di estremamente importante. Attraverso questo lavoro si apprende come accogliere il pubblico, come riflettere sulla nozione di facilitare l’approccio al museo. Quando si lavora in un’istituzione tutti i giorni ci si rende conto delle cose che si sono dimenticate durante l’elaborazione del progetto. Ma è importante trovare sempre delle persone che possono rendere creativo questo processo.

La relazione tra grafica, design e architettura è qualcosa di estremamente importante. Attraverso questo lavoro si apprende come accogliere il pubblico, come riflettere sulla nozione di facilitare l’approccio al museo.

Poi è andata a dirigere la Fondazione Cartier, l’apripista dello sviluppo delle fondazioni legate ai grandi mecenati della moda, che oggi dominano la scena dell’arte contemporanea europea.
La sede era ancora a Jouy-en-Josas, vicino a Versailles. Il luogo era straordinario: un piccolo castello in un piccolo villaggio con uno chalet dove era molto facile proporre delle cose: la segnaletica nel parco, un attaccapanni, dei tappeti. Abbiamo dato degli incarichi a designer e artisti di fare intere parti dell’edificio: dei divani a Eric Jourdan, un piccolo caffè a Pascal Mourgue e Yves Jardan, perfino un caminetto di Jean-Pierre Raynaud.

Il design degli anni Ottanta ha aiutato molto a demolire la contrapposizione tra cultura alta e cultura bassa. La generazione di Starck ha giocato un ruolo cruciale in questo. Lo stile Sottsass aveva preso tutta la giovane generazione francese dell’epoca. L’esposizione Vivre en coleurs, che rappresentava esattamente questo momento del design francese. Infine ho portato Jean Nouvel e ho seguito io la realizzazione dell’edificio su Boulevard Raspail.

Dopo Cartier ci sono state le esperienze dell’American Art Center di Parigi con Frank O. Ghery e del Mudam in Lussemburgo con Ieoh M. Pei.
Lavorare con Pei e Nouvel è stato formidabile. Con Frank O. Ghery all’American Art Center è stato molto più complicato perché il progetto era già molto avanzato quando sono arrivata. Nel quartiere storico di Bercy la situazione era difficile. Mi ricordo le discussioni con i responsabili del patrimonio che volevano che l’edificio fosse parallelo alla strada. Già questo era un errore, perché ha impedito di realizzare un edificio più complesso.

Con Pei al Mudam ho contribuito molto alla scelta degli arredi. C’erano delle cose che si aveva la difficoltà a utilizzare perché erano poco adattabili. Ho sempre amato quel che ho fatto chiaramente in Lussemburgo e che in fondo ho sempre fatto: “be the artist guest”. Per me essere l’invitato degli artisti vuol dire che è l’artista a sceglie delle cose nelle collezioni, e che lui monta il suo lavoro nel confronto con altri, che mostra il suo lavoro da solo. È quanto è ora evidente con la mostra di Ettore Spalletti. L’artista italiano ha adorato l’architettura della Villa Paloma e ha lavorato veramente con il luogo per allestire le stanze e disporre i suoi pezzi.

Nouvel, Pei, Ghery, tra i grandi architetti dei musei di arte contemporanea, non le manca che Renzo Piano…
Come sapete c’è un progetto di rinnovamento del litorale nella parte centrale di Montecarlo. La Villa Sauber, l’altra sede del nostro museo, è localizzata esattamente in questo punto e di conseguenza è stata coinvolta nelle proposte dell’architetto italiano. Il progetto doveva cominciare in giugno di quest’anno. Nel frattempo Cristiano Raimondi, curatore e responsabile sviluppo e progetti internazionali, ha convinto il collezionista italiano Fabrizio Moretti ad esporre una parte della sua straordinaria collezione alla villa Sauber.

Dunque l’annuncio dei lavori dovrebbe avvenire l’anno prossimo. La Villa Sauber ha dei problemi di accessibilità, ed è anche fragile. Va dunque consolidata. Piano ha intelligentemente trovato il legame tra la strada e l’edificio guadagnando dei metri quadrati sul giardino pur conservando le terrazze. Si tratta comunque di un cambiamento indispensabile perché abbiamo una collezione piuttosto interessante. Abbiamo gli archivi del Ballet Russe de Monte Carlo. La scuola d’arte Bosio di Montecarlo è specializzata in scenografia, a volte abbiamo degli stage con gli studenti della Bosio.

Lavoriamo anche con la Villa Arson di Michel Marot a Nizza e abbiamo fatto delle collaborazioni con la Scuola di Architettura di Genova. Io continuo questa attività sul design nel consiglio di amministrazione della Villa Noailles di Hyères. È proprio in quel contesto dei premi annuali che ho conosciuto la Studio Quetzal che oggi collabora costantemente con noi. Avevano ricevuto il premio al Festival Design Parade e poi li ho chiamati a lavorare per il museo, realizzando prima il mio ufficio e ora la nuova stanza.

Sembra si stia creando anche una rete di collaborazioni tra le istituzioni della Costa Azzura? Come questo può avere un’influenza nel dare impulso al design?
Piano, Pei, Nouvel sono persone che hanno il senso del dettaglio. Scelgono la maniglia di una porta con precisione, al tempo stesso con senso pratico e senso estetico. Questo atteggiamento va coltivato e costruito promuovendo i giovani. Si tratta di fornire queste occasioni ai giovani e di avere delle possibilità di incontro.

Tolone sta creando una dinamica interessante. Hanno firmato un accordo di tre anni con il Centre Pompidou per avere ogni estate un’esposizione al Cercle Naval, che è un luogo geniale. India Mahdavi che ha fatto il primo allestimento con una soluzione che si collega alla storia della città. Con tutte le collezioni che sono disponibili nella regione, può diventare un luogo veramente interessante in avvenire.

Poi ci sono dei privati che sono interessati a lavorare con i giovani designer. Per loro indicare dei nomi e continuare a lavorare su questi temi è importante. Per esempio la Società delle Api di Silvia Fiorucci Roman a Grasse ha voluto chiamare lo Studio Quetzal ed altri giovani per disegnare gli spazi delle residenze.

Immagine di apertura: Vista dell’esposizioneEttore Spalletti, Ombre d’azur, transparence; Commissaire: Cristiano Raimondi; Nouveau Musée National de Monaco – Villa Paloma – 18.04-.03.11.2019. Foto Werner Hannappel, VG-Bildkunst Bonn 2019

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