Happy face, sad face, angry face

Nell’ultima edizione del festival Danae, il teatro è solo lo strumento per parlare di un’emozionalità umana di cui noi, spettatori onnivori, ci dobbiamo riappropriare.

MASH con Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán

Il festival Danae, giunto alla sua diciannovesima edizione, porta a Milano una scena teatrale in un cui la danza gioca un ruolo interdisciplinare. All’interno del denso programma, due performance mischiano il rigore tecnico con le emozioni condivise del pubblico. Due spettacoli che, utilizzando come maschere rivelatrici gli stereotipi sociali e diversi stili artistici, indagano sull’individuo e sul suo rapporto con la collettività. Si tratta di ifeel4 di Marco Berettini – una delle collaborazioni con DiDstudio diretto da Ariella Vidach e Claudio Prati che hanno dato vita a Swiss Contemporary Dance Factory – e di MASH produzione italo-francese firmata Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán.

Nello spettacolo ifeel4, prima nazionale, Marco Berettini fa entrare direttamente in scena gli spettatori calandoli in una dimensione fisica predisposta al sentire nella sua totalità e non soltanto con lo sguardo. Il pubblico si dispone attorno alla sala-palcoscenico al centro della quale si trovano due piattaforme rialzate, che mostrano lo spoglio apparato tecnico dell’attrezzatura teatrale. Sopra di una c’è un pianoforte animato da Samuel Pajand che insieme a Berettini ha composto la musica (SUMMER MUSIC) e con la sua voce bassa canta melodie accoglienti, accompagnando le parole di Rainer Maria Rilke, Herman Hesse o quelle del musical Les Misérables. La voce emerge e la sua figura resta spesso coperta dall’imponente strumento musicale che occupa interamente la piattaforma. Dall’altro lato in perfetta simmetria, Berettini sale sulla piattaforma e con un’azione che echeggia i movimenti della disco-dance (nel comunicato si precisa che è stato campione nazionale in Germania all’età di 15 anni) gira intorno incessantemente. Nemmeno una finta pioggia perfettamente orchestrata sopra la sua testa sarà in grado di interrompere l’azione.  In modo impercettibile durante tutto lo spettacolo, quello che cambia è la presenza fisica, l’essere: il rigore tecnico non viene mai abbandonato, ma lascia spazio allo sforzo e alla stanchezza che si aprono verso espressioni facciali serene che ricercano nello spettatore una condivisione di affetti. Altro elemento dello spettacolo sono due bambine e un bambino che vagano tra i due poli della scena, a volte camminano a volte recitano e cantano parti di canzoni. Quando è il momento del lungo brano inedito Djinn Djinn, composto da Berettini-Pajand, i tre bambini si dimenticano alcune strofe rendendo ancor più umana l’artificiosità teatrale, che ifeel4 cerca di smantellare.  Il teatro è solo lo strumento per parlare di un’emozionalità umana di cui noi, spettatori onnivori, ci dobbiamo riappropriare, combattendo le maschere-“emoticons” che i bambini indossano alla fine dello spettacolo.

MASH con Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán
MASH con Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán

Nello spettacolo MASH ritroviamo la simmetria e la dualità come elemento centrale del lavoro. Annamaria Ajmone e Marcela Santander Corvalán dividono la scena attraverso una commissione di generi e gesti che si basa sul MashUp musicale. Le due danzatrici alternano i propri movimenti a volte sincronizzandosi fisicamente, altre volte rispondendo l’una all’atra in una continua trasformazione, in cui i punti di passaggio, dall’azione individuale al sincrono in coppia, risultano perfettamente eseguiti come in un Djset. La ricerca sonora di Federica Zamboni si sviluppa come uno ‘score’ coreografico. Tra una successione infinita di brani e stili in cui la mente viaggia dal cabaret alle cheerleaders, dalle balere domenicane ai concerti indie la scena diventa per le due danzatrici “un luogo di coesistenza.” Ci sono situazioni di totale frizione come quando Marcela Santander Corvalán canta I put on spell on you immettendosi fisicamente tra il pubblico e in risposta Annamaria Ajmone, inondata di una luce rossa fuoco, indossa un vestito con le frange che amplifica la danza. Oppure c’è un combaciamento totale come nel finale quando le due intraprendono un vortice tecnico ritualistico fino allo sfinimento delle forze.

Ancora una volta le due presenze si uniscono attraverso un unico e complesso linguaggio corporeo riuscendo a tradurre allo spettatore la propria emotività e facendolo di questa partecipe.

© riproduzione riservata

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