Chris Burden: Ode to Santos Dumont

Compiuta dopo tanto tempo, ha inaugurato al LACMA la scultura Ode to Santos Dumont: un omaggio all’originalità e alla decisione, oltre che al lavoro dell’artista Chris Burden, scomparso di recente. 

Non sono mai mancate riviste interessate a pubblicare nuove opere di Chris Burden. Ho iniziato definire il taglio degli articoli, in anni recenti, sapendo che da questo artista potevo sempre ricavare qualcosa di originale, di forte e di sorprendentemente divertente.
A dire il vero mi piaceva anche solo sentirlo parlare. Bastava portarlo su un argomento che trovava interessante, e il resto era solo questione di facile cucina giornalistica da parte mia. Lui metteva in discussione le sue stesse risposte, sosteneva idee assurde con fatti concreti e teneva insieme ogni argomentazione debole con dichiarazioni del tipo: “Lo so che è un lavoro che ha dei grossi problemi. Esporlo sarà complicato. E non so che altro dire in proposito”. Tutto vero.
Chris Burden
In apertura: Chris Burden, Ode to Santos Dumont, 2015. Riproduzione in alluminio di un aeromobile, albero motore in fibra di carbonio, elica in vetro epossidico, cavo di nylon, riproduzione in scale 1/25 di un motore a benzina del 1903, pallone in poliuretano. © Chris Burden. Photo Joel Searles. Sopra: Chris Burden, Ode to Santos Dumont, 2015. © Chris Burden
L’ultima volta in cui mi è capitato di andare a trovare l’artista nella sua lontana, isolata casa-studio di Topanga, con tanto di bunker (Beehive Bunker, 2006) era il 2013. Parlò appassionatamente per un paio d’ore della suddetta opera problematica, intorno alla quale si era affaccendato per circa un decennio. Stava lavorando a un’opera destinata a celebrare il celebre gentiluomo e pioniere dell’aviazione di origine brasiliana Alberto Santos-Dumont, il cui volo in aerostato intorno alla Tour Eiffel, nel 1901, gli fece vincere il celebre premio Deutsch de la Meurthe. Burden usava espressioni come “Incredibile!” per descrivere l’uomo noto in Francia come “il padre dell’aviazione” che volava su un aeromobile a motore, contraddistinto dal suo pallone gonfiato di idrogeno, sopra i tetti di Parigi.
Più volte Burden sottolineava il fatto che il pallone non era un dirigibile; per quanto simile nella forma, non ne aveva il telaio interno rigido. L’artista insisteva con precisione maniacale in questo lavoro, come in altri. Insieme con l’ingegnere meccanico e inventore John Biggs, all’epoca, Burden stava costruendo una replica su misura della gondola motorizzata. Il progetto era imponente e prendeva molto tempo. Burden stava anche pensando di costruire per la scultura una Tour Eiffel fatta di alluminio leggero, certificato per gli impieghi aeronautici. “Mi piace l’idea di ripercorrere tutto il processo, come se fossimo ritornati a quei tempi e cercassimo il senso di ciò che è possibile”, mi disse Burden. “Ci vuole molto, molto tempo, ma è tremendamente importante per me avere il controllo totale del processo. Capisci, se ti coltivi da te le verdure, poi il minestrone ha un sapore migliore”.
Chris Burden
Rendering di Ode to Santos Dumont di Chris Burden, 2015. © Chris Burden
La settimana scorsa, al Los Angeles County Museum of Art (LACMA), sono stata all’anteprima di Ode to Santos Dumont, il primo volo in pubblico della scultura di Burden. Non c’era modo di far entrare nel LACMA una Tour Eiffel e quindi l’aeromobile di Burden, sovrastato dal suo pallone traslucido gonfiato di elio, ha volato in un preciso cerchio di una ventina di metri intorno a una voluta assenza. Ha volato contro lo sfondo delle pareti del museo, da un lato, e delle finestre che vanno dal pavimento al soffitto dall’altro, oltre il semicerchio del numeroso pubblico che si era riunito. Il pubblico era palesemente commosso dall’opera: commosso anche dalle circostanze dell’anteprima. Un mese fa Chris Burden aveva telefonato al direttore del LACMA Michael Govan per comunicargli che la scultura, dopo tanto tempo, era compiuta. Burden è scomparso solo qualche giorno prima del debutto di Ode to Santos Dumont. La sua morte ha sorpreso i molti che non sapevano della sua malattia.
Alla scultura, al momento della performance, badavano John Biggs e uno degli assistenti di Burden, Joel Searles. I presenti, dopo, hanno voluto parlare con loro, per comprendere il senso del loro rapporto con Burden, per dare allo spirito dell’artista più voce nella conversazione. Ma, mentre Ode to Santos Dumont compiva i primi giri nella sala, il pubblico è rimasto attento e silenzioso come non mai. Nello spazio echeggiavano gli scatti delle macchine fotografiche e i rapidi, fluidi spostamenti delle troupe cinematografiche che cercavano di catturare la performance, ma nessuno diceva una parola o si permetteva di rispondere al telefono, né rideva o tossiva. Il pubblico riconosceva senza parole la grandezza dell’opera, e la perdita che era inopinatamente venuta a rappresentare.

 

Ode to Santos Dumont è, tra l’altro, un omaggio all’originalità e alla decisione. La scultura nel suo volo emette un ritmico brusio meccanico. Che un momento di silenzio in memoria di Chris Burden recasse il segno dell’imperturbabile, funzionale, incessante movimento della sua opera è, questo pure, un omaggio: un omaggio a un artista che coltiva da sé le sue verdure.


Ode to Santos Dumont
si svolge a periodi di 15 minuti fino al 12 maggio, questi gli orari della performance:

Lunedì e giovedì: 12, 14 e 16
Venerdì: 13, 15, 17 e 19
Sabato e domenica: 12, 16 e 18

Al LACMA è anche possibile vedere altre due sculture di grandi dimensioni di Chris Burden: le caratteristiche Urban Light e Metropolis II. Si veda il sito web del LACMA per i particolari.

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