Intrecci tra arte e suono

Alla Fondazione Prada di Venezia, Germano Celant affronta la questione dell’intreccio tra arte e suono con un insieme di opere enciclopedico, che scontano però la contiguità e la decontestualizzazione.

Convergenza tra arte e suono e riferimento a una sensorialità totale, antitetica all’attuale mutismo dei musei caratterizzati dal dominio assoluto dell’elemento visivo: questo è il tema che, nel testo introduttivo del catalogo, Germano Celant dichiara di voler affrontare nella mostra “Art or Sound”, da poco inauguratasi presso la Fondazione Prada di Venezia.

In apertura: Luigi Russolo, Intonarumori, 1913-14. Direttore Pietro Verardo. Inaugurazione della mostra “Art or Sound”. Sopra: Riccardo Beretta, Donnerwetter, 2011–12. Performer Gabriele Rendina. Inaugurazione della mostra “Art or Sound”, 5 June 2014. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

Museo, dunque, non come luogo asettico e mono-orientato, ma come territorio della contaminazione, dell’esperienza multisensoriale e del “libero transito”, “dove al vedere si aggiungano l’ascoltare, il toccare, l’odorare e il gustare, così da arricchire attraverso tutti i sensi la conoscenza dell’arte.”

“La questione dell’intreccio tra arte e suono – insiste Celant – attraversa tutta la vicenda artistica dal XVII secolo a oggi come aspirazione a tematizzare uno spazio o un territorio sensoriale non rispondente alla tradizione occidentale e alle sue schematiche coordinate. Segna tutto il percorso della modernità e le relazioni sinestetiche tra diversi linguaggi espressivi della comunicazione, al fine di trovare un altro ordine che non sia convenzionale”. Ecco motivata l’impostazione storica della mostra, che si distingue così dalle numerose altre dedicate, negli ultimi anni, a questi temi.

Tarek Atoui, The Metastable Circuit, 2012. Performer Tarek Atoui. Inaugurazione della mostra “Art or Sound” Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina, Venezia, 5 giugno 2014. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

Il ventaglio temporale è dunque ampio. La mostra occupa i due piani affrescati della magnifica Cà Corner della Regina, un tempo sede dell’ASAC – Archivio storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, oggi casa veneziana della Fondazione Prada, restaurata nel quadro del programma di recupero architettonico intrapreso dalla Fondazione nel 2011 e ora per la prima volta accessibile come spazio espositivo anche al piano nobile.

Ken Butler, Hybrid Instruments, 1978-2002. Performer Ken Butler. Inaugurazione della mostra “Art or Sound”, Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina, Venezia, 5 giugno 2014. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

L’allestimento è densissimo, l’insieme enciclopedico. Come spiega la guida, “Il primo piano nobile espone dipinti di soggetto musicale di epoca rinascimentale, strumenti del XVII secolo fabbricati con materiali preziosi e in forme inconsuete, oltre a ricercate creazioni settecentesche come gli automi, gli orologi o le gabbie per uccelli cantori, nonché esempi di scatole e dispositivi musicali automatici del XIX secolo. “Art or Sound” presenta inoltre le ricerche sinestetiche capaci di dare forma visiva alla musica attraverso la luce e il colore, così come le sperimentazioni condotte dalle avanguardie storiche, dal Futurismo alla Pop Art. Sono esposti strumenti e partiture firmati da musicisti negli anni Cinquanta, opere concettuali e cinetiche risalenti agli anni Sessanta e Settanta oltre a lavori, strumenti e installazioni sonore che includono registratori, radio o televisori che interagiscono con il visitatore. Il secondo piano nobile espone le ricerche condotte negli anni Ottanta e Novanta da autori che hanno esplorato i confini fra arte e suono, e le più recenti produzioni di artisti visivi, sound artist, performer e compositori che realizzano sculture da suonare, apparecchi digitali, inedite e ambigue creazioni sinestetiche”.

Pedro Reyes, Disarm, 2014. Performer Massimo Benotto, Stefano Mancini e Riccardo Santorel. Inaugurazione della mostra “Art or Sound”, Fondazione Prada, Ca’ Corner della Regina, Venezia, 5 giugno 2014. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

La mostra si apre dunque con alcuni dipinti rinascimentali di soggetto musicale, con una cetra cinquecentesca la cui desueta forma di lira s’ispira all’antichità classica, con un cornetto barocco a forma di serpente con testa di drago, con una chitarra in marmo bianco intarsiata che fu a suo tempo realmente utilizzata. E poi ci sono orologi, organetti, grancasse, automi e macchine musicali; e una serie di carillon, e le gabbiette con uccellini automatizzati che escono cinguettando allo scoccare dell’ora; e una carrozza, costruita nel Settecento dall’inventore e fabbricante di orologi russo Egor Kuznetzov per l’Imperatrice Caterina II la Grande, equipaggiata con un organo automatico che poteva essere acceso per allietare il viaggio; e poi fisarmoniche, buccin e altri strumenti realizzati con materiali vari; e il pirofono, simile a un organo, ma dotato di canne di vetro che, con il suono, s’illuminano di fiammelle.

Sinistra: vista della mostra “Art or Sound”, dallo sfondo, Theo van Doesburg, Composition in Gray (Rag Time), 1919; Alexander Calder, Untitled, 1940; e Jean Dubois au Puy Chiming Clock with Iron Case, inizi del XVII secolo. Destra: vista della mostra “Art or Sound”, dallo sfondo, Amelotti, Orchestrion Accordeo Jazz, circa 1920; e Pierre Jaquet-Droz, Singing Bird Cage With Clock, circa 1785. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

La rassegna continua con partiture, sculture, installazioni e readymade di ogni genere. Gli strumenti presentati sono oltre centottanta. Alcuni evocano suoni o rumori attraverso la forma; la maggior parte ne produce davvero. Alcuni ne emettono di continuo, e noi ci troviamo a captarli man mano che ci muoviamo. Altri si scatenano d’improvviso, a ritmi alterni, sorprendendoci, e poi tornano ad acquietarsi in attesa che il loro turno si ripresenti. Alcuni richiedono il nostro intervento. Molti vivono di vita propria. Nel percorso incontriamo il piano optofonico; se facciamo ricorso alla guida scopriamo che, pur somigliando a un pianoforte, il piano optofonico è uno strumento meccanico costituito da dischi dipinti, prismi, lenti, specchi e una sorgente luminosa. E che ne fu autore Vladimir Baranov-Rossiné, musicista, pittore e scultore russo, membro dell’avanguardia e sodale degli artisti più avanzati dell’epoca. Baranov-Rossiné aveva cominciato a lavorarci nel 1912 con l’idea di realizzare dei concerti luminosi. Cosa che, dopo una serie di avanguardistiche sperimentazioni, aveva fatto nel 1916 in Svezia e poi, nel 1924, in forma più compiuta, al teatro Meyerhold di Mosca.

Vista della mostra “Art or Sound”, opere di George Maciunas, Nam June Paik, John Cage, Robert Morris, Tore Honoré Bøe e Bruce Nauman. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

Il “concerto colorato opto-visuale” consisteva in una serie di immagini in movimento proiettate su uno schermo al ritmo di musiche emesse dai dischi. In quell’occasione l’autore annunciò la trasformazione della musica in arte visiva. Nel 1944 Baranov-Rossiné morì in campo di concentramento e lo strumento viene distrutto (la copia ora in mostra fu realizzata nel 1971 e interpreta una registrazione del Peer Gynt di Grieg). La sua fu solo una delle numerose avventure legate alla possibilità di convertire le immagini in suoni, o i suoni in immagini. Un’altra fu quella di Luigi Russolo con l’Intonarumori: la macchina futurista, brevettata nel 1914, che riproduce i rumori della città e della vita “moderna”; anche l’Intonarumori è in mostra; così come lo sono gli assemblaggi funzionanti di pezzi di radio di Tinguely, in cui la manopola della sintonizzazione montata su un motorino cambia continuamente canale, provocando suoni incomprensibili determinati dal caso; e la composizione di parti industriali di Rauschenberg; e il fantastico e inquietante The Carnivore di Kienholz; e l’insieme di componenti elettriche di Alberto Tadiello; e molte altre macchine, più o meno complesse, ognuna delle quali meriterebbe un approfondimento.

Vista della mostra “Art or Sound”, Eliseo Mattiacci, Echi di suoni e cani che abbaiano, 1983. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

A tratti, l’eterogeneo insieme genera una cacofonia disorientante. In mezzo a questo proliferare di suoni, a tanti rumori che sgorgano, esplodono, scorrono e ci attirano in una direzione o nell’altra è facile che avvertiamo il bisogno di un angolo tutto per noi. Per ben due volte a venirci in soccorso è Laurie Anderson, maestra nello sfruttare il potenziale, che la voce ha, di trasformarsi in intima situazione, di trasportarci, di assorbirci, di isolarci. Il suo lavoro ci offre momenti di pausa, di solitudine, di concentrazione; la Handphone Table, per esempio: ci sediamo a un capo di un tavolo, poggiamo i gomiti sul ripiano e le mani sulla testa, ed ecco una canzone giungerci attraverso le ossa del corpo e portarci “altrove”. Con Numbers Runners, invece, una cabina telefonica modificata, grazie alle parole che ci giungono attraverso la cornetta, si trasforma in un vero e proprio microcosmo. In entrambi i casi solo dopo, quando ci stacchiamo dallo strumento, ci rendiamo conto di aver posato per un’involontaria performance. Nel complesso, sembra però che l’arte e la poesia stentino a fluire.

Vista della mostra “Art or Sound”, Robert Rauschenberg, Oracle, 1962-65. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

Per lo più, invece, ci muoviamo tra opere e manufatti, tra sculture che emettono suoni e dispositivi musicali che sembrano sculture; ma che scontano la contiguità e la decontestualizzazione. L’impressione è quella di trovarci in uno squisito cabinet de curiosités; in cui protagonisti, a pari merito, sono eterogenei strumenti di raffinata fattura, di effetto sonoro sorprendente, di grande efficacia plastica. Più difficile è cogliere componenti essenziali quali l’effetto spaziale, i risvolti concettuali, il fatto che ogni oggetto rientri in uno specifico, individualissimo percorso di ricerca.

© riproduzione riservata

A sinistra: vista della mostra “Art or Sound”, Georges Frédéric Kastner, Pyrophone, circa 1876. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada. A destra: vista della mostra “Art or Sound”, Maurizio Cattelan, Untitled, 2003. Photo Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada


Fino al 3 novembre 2014
Art or Sound
Fondazione Prada
Cà Corner della Regina
Venezia