Le ragioni per le quali ogni nuovo episodio nel lavoro di Gerhard Richter continui a generare bellezza e specificità, andrebbero svincolate da qualsiasi tentativo di posizione analitica, anche se è proprio questo l'esercizio preferito di molti suoi esegeti, ne è un esempio Benjamin H.D. Buchloh nel bellissimo catalogo che accompagna i lavori recenti. L'artista tedesco ha, da sempre e con generosità, reso accessibili le fonti iconografiche delle raffinate procedure che sottostanno al suo lavoro. Un moderno esercizio di democrazia della visione che indirettamente rafforza il carattere oggettivo della sua opera, sia che si amino le tele dalla cristallina resa fotografica o ci si appassioni per le sue astrazioni più calcolate.
Da quando, però, la fortuna critica del suo splendido Atlas, si è trasformata in esercizio di imput e metodi compositivi nelle scuole d'arte di tutto il mondo, si è compulsivamente finito per fare coincidere la processualità del flusso pittorico con la sua pratica. Gerhard Richter è l'artista contemporaneo che con più stretta osservanza ha affrontato da decenni la nostra storia recente, basti pensare alla sua serie October, 18 1977.
Gerhard Richter
Due mostre, alla Tate di Londra e alla galleria parigina Marian Goodman, regalano allo spettatore una nuova visione sull'opera del maestro tedesco.

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- Ivo Bonacorsi
- 01 novembre 2011
- Londra

Un'esaustiva selezione dal titolo Panorama della sua enorme e controllatissima produzione è l'oggetto di una splendida mostra capolavoro, alla Tate Modern e dimostra che l'artista ha ancorato la fiducia del suo pubblico nelle possibilità insite in una disciplina che sembrava senza futuro. Richter ha inglobato ogni estetica mediale, nella perfezione della pittura. L'algida mostra parigina alla galleria Marian Goodman ne è un altro frammento.
Si entra con il disagio generato dalla descrizione tecnica delle opere esposte, e si viene catturati dal masochistico gesto di uno dei più grandi pittori viventi. Con caparbietà e senso strategico, il maestro tedesco allontana deliberatamente il pubblico da quello che comunemente crede essere lo stato di grazia della pittura. Difficile pensare che il segreto di tanta semplicità e magnificenza nelle opere esposte sia strettamente legato all'arido sistema di procedura: il sezionamento verticale, la successiva riflessione e la ripetizione ossessiva di una porzione di una sua opera del 1990 Abstract Painting (CR:724-4). La fascinazione per l'immagine celibe e il concettualismo di Richter si rivelano nella sua continua capacità di far proliferare le immagini. L'abbandono della pennellata in favore di una stesura generata dal computer non è che un dispositivo tecnico più o meno sofisticato, che ne rafforza la vertigine. Dal punto di vista della pittura, il trattamento digitale nega l'effetto di magnificenza, ma, nel contempo, la cosciente rinuncia all'impiego della fisicità del medium proietta questo lavoro verso una dimensione site-specific.
Gerhard Richter è l'artista contemporaneo che con più stretta osservanza ha affrontato da decenni la nostra storia recente,
La mostra regala allo spettatore un orizzonte particolare e non solo un calcolato esercizio di stile. La scultura 6 standing glass panes è il punto pivotale di questo dispositivo che Richter usa da almeno mezzo secolo, ma che ora è decisamente più vicino alle ricerche di Dan Graham che al mutismo delle repliche del Large Glass duchampiano. Un'altra porzione di visione panoramica e una macchina percettiva dall'aspetto perverso. Quasi una mise en abime degli aspetti matematici o cerebrali di concettualismo e astrazione. L'esito è sorprendente, una sensazione di all over painting ottenuta con una grande padronanza dello spazio, senza un solo quadro propriamente inteso. Un semplice gesto come quello dell'inquadratura che apre il trailer del nuovo film di Corinna Belz a lui dedicato Gerhard Richter, painting, un gesto epico, calcolato, in grado di inglobare e riassumere l'estetica digitale che ci circonda. Ivo Bonacorsi