Giulia Guzzini: Con questa mostra porti in Europa sessanta artisti della Grande Mela che riflettono tre principali tendenze e direzioni dell'arte newyorkese: Street Punk, Wild Figuration e New Abstraction. Da dove nasce la tua passione per questo tipo di arte?
Kathy Grayson:
"Ho finito per chiamare i ragazzi street punk 'New York Shitty' perché ho pensato sarebbe stato più divertente". Una volta Dash mi ha scritto questo in una fanzine e mi è piaciuto molto. Il mio amore per questo tipo di arte viene da un disegno di Chris Johanson che ho visto quando ero ancora al college. Il disegno diceva HOW DID I BECOME A FUCKED UP DOG PERSON (Come sono diventato un fottuto animale in trappola) che è esattamente come mi sentivo io allora; ho deciso che ero sulla strada sbagliata e ho cambiato obiettivo: ho cominciato a lavorare da Deitch dopo il college fondamentalmente per conoscere Chris Johanson. Questa ampia mostra rappresenta la grande comunità di persone straordinarie che è arrivata attraverso Chris. È grazie alle relazioni con le persone che sto facendo tutto questo lavoro qui a Roma, ed è anche la ragione per cui amo l'arte.
GG: Puoi raccontarci che cosa separa e che cosa accomuna Ryan McGinley e Dash Snow agli AVAF, Jim Drain e Jules de Balincourt da un lato e Dan Colen e Tauba Auerbach dall'altro? Puoi svelarci se fanno tutti parte di una stessa 'community' o se sono nati, cresciuti e oggi vivono e lavorano in ambienti diversi della città?
KG:
Molte di queste persone vivono nella stessa zona a downtown New York. Io abitavo sopra a Terence Koh, girato l'angolo da Nate, Dan, Ryan e Hanna, a un tiro di schioppo da Dash, vicino ai bar che loro frequentavano e vicino alle gallerie e negozi che frequentavamo… ma questo è solo una piccola parte del quadro. Il vero collegamento venne attraverso collaborazioni artistiche o musicali o scambi underground. Dash e Chris Johanson hanno fatto una fanzine insieme, anche se Chris viveva a San Francisco; AVAF e Takeshi Murata hanno fatto un progetto in collaborazione anche se Takeshi vive in un bunker nei boschi del nord dello stato di New York; Tauba vive con Keegan McHargue e hanno lavorato insieme in passato; Cory e Paper Rad lavorano insieme via internet. Barry e Ben Jones andavano a surfare insieme e insieme hanno fatto una fanzine "Cartoon Workshop". Un milione di queste piccole connessioni fa una comunità.
GG: C'è una comunità piuttosto grande di artisti italiani a New York, penso alla romana Ra di Martino ad esempio, li conosci o i due mondi artistici rimangono separati?
KG:
L'unico italiano con cui ho avuto una relazione personale tempo fa è DUMBO, che viene da Milano, l'ho conosciuto attraverso Aaron Bondaroff e il giro dei graffitisti. Non conosco l'artista che hai nominato, ma naturalmente sono aperta a nuove conoscenze. Mi piace conoscere gente nuova e incoraggio gli artisti a portare i loro book, o a inviarli anche via mail.
GG: Siamo ogni giorno bombardati da una quantità senza precedenti di informazioni e il potere di internet e le sue potenzialità in termini di condivisione hanno accresciuto in modo esponenziale le nostre capacità comunicative e di espressione. Ti sembra che questi dati possano aver influenzato il lavoro degli artisti? E in che misura secondo te a New York più che in una città come Roma?
KG:
Ci sono molti progetti nella mostra che non sarebbero stati possibili prima di internet, questo è certo. Parte dei nuovi lavori della sezione New abstraction è una risposta alla cultura digitale. Ad esempio un enorme progetto video sul retro dell'altro edificio e' attraverso la consolle di un Nintendo con inserita all'interno una cartuccia craccata, per dirne uno. Non credo che internet abbia un impatto differente a Roma o a New York City, Ma in termini di un luogo d'incontro, New York è stata ed è ancora un avanposto per gli artisti, in America per lo meno.
GG: Questa mostra inaugura la direzione di Luca Massimo Barbero al Museo d'Arte Contemporanea di Roma. Tu cosa ti aspetti?
KG:
È un tipo davvero cool; è molto emozionato per questa ambiziosa mostra e all'idea di entrare in contatto con artisti con cui lavorare in futuro. Se la prima mostra è così azzardata e divertente, sono sicura che oserà ancora di più nelle prossime!
GG: Qual è il tuo museo preferito e come dovrebbe essere il tuo museo ideale?
KG:
Questa è una domanda difficile: lavoro al Deitch Projects perché è una galleria che opera come una Kunsthalle. Realizziamo molti dei progetti più pazzeschi con alcuni dei migliori artisti in circolazione. Oltre a lavorare con artisti più anziani come Keith Haring, Basquiat e Francesco Clemente, per citarne alcuni. Lavoro al Deitch e non in un museo perché abbiamo la libertà di proporre qualsiasi cosa vogliamo, nessun impedimento, ne' ostacolo, sia con artisti giovani che meno giovani.
Questo a parte, il museo con il quale ho trovato più interessante lavorare è stato il DESTE a Atene, gestito da Dakis Joannou, visionario collezionista-curatore-creativo che davvero "ci sta", se capisci cosa intendo!
New York Minute al MACRO
Inaugura il MACRO, museo d'arte contemporanea romano progettato da Odile Decq, sotto la nuova direzione dell'ex curatore della Peggy Guggenheim Collection di Venezia, Luca Massimo Barbero, con una mostra di sessanta artisti newyorkesi. Domus intervista la curatrice, Kathy Grayson. Foto Giorgio Benni
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- 21 settembre 2009
- Roma
