The Writer and Books#2

Lettera a un amico in viaggio. Testo Stefano Casciani.

Caro Ettore, scusami se ti scrivo chiamandoti per nome invece che con il cognome come fai con me, ma è passato ormai abbastanza tempo da quando te ne sei andato e mi sembra naturale chiamarti come un amico di cui senti molto la mancanza: scusami, se rispondo così in ritardo alla tua lettera dove parli proprio dello scrivere, dunque dei libri che devi aver amato come si amano tutti i libri, naturalmente quelli belli, non le cataste funebri di best seller di cui sono ormai piene le librerie – anche quelle frequentate dagli intellettuali di sinistra – piene di romanzi scemi e saggi inutili. Devi invece aver amato i veri, tanti libri che spiegano quel che è vero e quel che è inventato, l'emozionante e l'orribile, quello che ti fa vivere e quello che ti fa morire, vincere e perdere, amare e odiare. Devi averli amati perfi no più dei tuoi o quelli su di te che sono tanti e ben fatti, ma mai abbastanza, e a cui ho cercato di aggiungerne uno anch'io, con i volti e i tic dei tanti amici scrittori Bellow, Cassady, Kerouac, Dylan, Ginsberg, Ferlinghetti, McClure, Orlovsky, che tu stesso hai ritratto con il tuo foto-occhio alla Dziga Vertov, ma un po' più gentile.

Purtroppo ormai in giro sono quasi tutti pronti a dare, e ricevere, con moltissimo anticipo la brutta, falsa notizia della morte dei libri, dei giornali, di tutta la "carta stampata": ma ci sono almeno due vere notizie in proposito. Una è molto buona, così buona che non avresti neanche potuto immaginarla, ma certamente ti sarebbe molto piaciuta: il 4 novembre di questo 2008 gli americani hanno eletto come nuovo Presidente degli Stati Uniti un Democratico nero. Si chiama Barack Obama e posso solo immaginare adesso la faccia invasa di bile dei fessi sopravvissuti del Ku Klux Klan, e di quei bastardi nazistelli dell'Illinois (che i Blues Brothers saprebbero come far fi nire nel fi ume), ma anche quella livida dei politici voltagabbana pronti a saltare sul carro del vincitore che ora lo osannano, ma sono pronti a sparargli addosso alla prima distrazione. Ho cercato mentalmente di trovare la combinazione tra questo fatto incredibile e tutto il resto che è successo prima, e magari anche quello che succederà, come tu hai saputo fare in più d'uno dei tuoi scritti: e mi è improvvisamente venuto in mente che forse in tutto questo rivolgimento della ruota del Samsara, in questo ribaltarsi del Sistema Capitalistico Occidentale Evoluto e tornare indietro almeno simbolicamente alla grande madre Africa, potrebbe esserci anche dentro – sciolta come una goccia di vino buono nell'Oceano – tutta la vasta, irriproducibile grandezza del tuo lavoro senza patria e bandiera regalato al mondo, riflesso anche del tuo amore per gli artisti americani, dei tuoi scritti su di loro che stanno ancora lì stampati nelle pagine passate di Domus. L'altra buona notizia è che la mattina dopo le elezioni milioni di americani si sono precipitati a comprare fino all'ultima copia dei giornali che davano l'annuncio, così che sono andati tutti esauriti, hanno dovuto ristamparli a decine di migliaia e perfino il New York Times ora vende a caro prezzo la ristampa incorniciata della sua prima pagina sulla vittoria di Obama.* Signifi ca forse che, invece di tenere questa fantastica notizia come segnalibro elettronico in un qualsiasi notebook che tra cinque anni nessuno saprà più accendere e tantomeno far funzionare, la fragile, corruttibile, effimera carta che la riporta potrà sopravvivere, per qualche centinaio di anni in più, al grande circo di Internet?

Caro Ettore, tu che come dice la leggenda quando sei nato hai preso in mano la matita che ti tendeva tuo padre, per riempire poi di forti e delicati disegni decine di migliaia di fogli di carta, tu che della stessa carta hai continuato ad amare la stampa, le rilegature, la pesantezza e la leggerezza una volta diventata libro, come si ama il profumo di una donna amata o il sapore di un cibo buono, puoi capire perché la tua lettera rimane e rimarrà ben conservata tra le mie confuse carte. Forse riuscirò a fare buon uso di quel foglio, magari arriverà il momento di stampare quel racconto e quegli altri scritti in un nuovo libro: questa tua lettera starebbe così bene all'inizio, come un augurio, un ricordo di qualcuno di quelli bravi che mi hanno insegnato a scrivere di arte, architettura e altre strane cose. Ma intanto, visto che non si sa mai, la lettera è stampata qui accanto come dedica per il tuo anniversario di santo laico come i tuoi amici – poeti, ubriaconi, drogati, mentitori, sognatori e falsifi catori di realtà e di parole – mentre cerco di ricordarti meglio, un po' come l'ultima volta che ti ho visto ma anche e soprattutto come sei in quella foto a trentasette anni, nella stanza del Gritti a Venezia, dove stai appoggiato al bracciolo della poltrona su cui siede 'Papa' Hemingway e vi guardate sorridendo, come un fi glio guarda il padre e viceversa: lo scrittore di buoni romanzi e l'inventore di progetti così importanti da mettere in altri libri, tutti ancora da scrivere, impaginare, stampare, leggere e conservare – sparsi in ogni angolo della casa o ordinati in bellissime librerie come quelle che hai saputo disegnare, per gli ignoranti e per i colti, per i razionalisti e i postmoderni, per i direttori e gli impiegati, per tutte le persone di cui è fatto il mondo, che sicuramente non hai smesso di guardare, con la curiosità dei bambini e la saggezza degli antichi lettori, scrittori, disegnatori di libri.

Con affetto,
Stefano
Gregory Corso (qui insieme a Paolo Lionni)
Gregory Corso (qui insieme a Paolo Lionni)
Bob Dylan a cena con (da sinistra) Ferlinghetti, Ginsberg, Julius e Peter Orlovsky a San Francisco il 2 dicembre 1965, la sera prima del suo concerto a Berkley
Bob Dylan a cena con (da sinistra) Ferlinghetti, Ginsberg, Julius e Peter Orlovsky a San Francisco il 2 dicembre 1965, la sera prima del suo concerto a Berkley
Allen Ginsberg, dicembre 1965
Allen Ginsberg, dicembre 1965
Da destra, Peter Orlovsky (col cappello) con il fratello Julius, Allen Ginsberg e Ishmael Reed a San Francisco, il 2 dicembre 1965, nella libreria City Lights di Ferlinghetti
Da destra, Peter Orlovsky (col cappello) con il fratello Julius, Allen Ginsberg e Ishmael Reed a San Francisco, il 2 dicembre 1965, nella libreria City Lights di Ferlinghetti

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