Alla nomina di Carlo Ratti come curatore della 19esima Mostra Internazionale di Architettura, le reazioni iniziali sono state miste: sicuramente curiosità, ma anche una certa perplessità. Con l’avvicinarsi dell’apertura, però, la curiosità è cresciuta. Questa edizione, intitolata “Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva.”, promette almeno una cosa: essere diversa dalle precedenti. Ed è un cambiamento necessario, se la Biennale vuole davvero ritagliarsi un’identità distinta rispetto a quella, ben più riconosciuta, d’arte.
Il segno di questa differenza si coglie subito: meno modellini da esporre, più esperienze da attraversare. L’architettura qui non è tanto costruzione quanto azione, abitudine, gesto. I padiglioni raccontano modi di abitare più che edifici. Si parla di adattamento, di riuso, di abitare il presente senza inseguire visioni eroiche.
Iniziare da una galleria di immagini è un modo per entrare nella Biennale: vedere, prima ancora di spiegare.
L’Estonia mette in scena le trasformazioni dell’abitare con materiali da isolamento e modellini di edifici rigenerati. Il Belgio si affida a una scatola di piante, l’Olanda al calciobalilla come chiave per leggere lo spazio condiviso. La Danimarca espone un padiglione restaurato dopo l’allagamento, emblema della fragilità ambientale. L’Argentina sorprende con una struttura gonfiabile e sfuggente, mentre il Regno Unito riveste la facciata del proprio padiglione con sfere riflettenti, tra ironia e alienazione.
In molti padiglioni dei paesi nordici domina una tendenza che potremmo chiamare “architettura minima”: cambiare lo spazio senza costruire, stare nelle pratiche quotidiane, lasciare tracce leggere.
Tra i temi più inaspettati, emergono anche riferimenti al mondo vegano, inteso non solo come dieta, ma come etica materiale e progettuale. Alcuni padiglioni ragionano su come vivere e costruire evitando derivati animali, scegliendo materiali alternativi e cicli produttivi più consapevoli. Un segnale, seppur marginale, di come anche il pensiero vegano stia entrando nel discorso architettonico, con implicazioni sulla filiera, sulle risorse e sulle forme del futuro.
In tutto questo, l’immagine ha un ruolo centrale. Quando il progetto diventa racconto, esperienza o processo, spesso è la fotografia ciò che resta. Documenta, interpreta, e in molti casi sostituisce l’opera. Anche per questo, iniziare da una galleria di immagini è un modo per entrare nella Biennale: vedere, prima ancora di spiegare.
Immagine di apertura: Padiglione Gran Bretagna, Gbr - Geology of Britannic Repair, Chris Lane © British Council