Irachena di nascita e londinese di adozione, Zaha Hadid (1950-2016) è stata una delle figure più significative dell’architettura contemporanea. Donna, in un universo professionale ancora prevalentemente maschile, Pritzker Prize nel 2004, in lei convergono allo stesso tempo la capacità visionaria del genio e le competenze di solido fondamento tecnico-scientifico, la ricerca dell’astrazione (frutto della sua originaria affezione per le avanguardie artistiche), come tramite per spingere la creatività oltre limiti impensabili, e l’attenzione alle interazioni funzionali tra spazio e utente come obiettivo prioritario del suo percorso compositivo.
L’architettura di Zaha Hadid in 8 opere fondamentali
Ripercorriamo l’opera della grande architetta anglo-irachena, premio Pritzker nel 2004 e maestra del decostruttivismo: dalla Cina all’Italia passando per Dubai, un’alchimia perfetta tra forma e funzione, tra visione e tecnologia complessa.
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Foto Hufton + Crow
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Foto Laurian Ghinitoiu
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- Chiara Testoni
- 13 marzo 2025
Nella sua opera, forse più che in altri autori, trova concreta rappresentazione l’alchimia perfetta tra arte, architettura, design e ingegneria, tradotta negli anni in alcuni temi ricorrenti. Uno è la celebrazione del movimento come cifra costitutiva della realtà, attraverso geometrie fluide ed audaci che determinano (e scaturiscono da) i flussi di transito (le persone, la luce,…) e che la progettista plasma attraverso gli strumenti della modellazione parametrica; un altro è invece la sperimentazione materica e tecnologica, che spinge Hadid a esplorare e codificare materiali innovativi, adattandoli ai diversi contesti attraverso soluzioni tecniche di elevata ma lucida complessità.
Dalla prematura scomparsa, lo studio Zaha Hadid Architects ha raccolto l’eredità materiale e spirituale dalla fondatrice portando avanti un lavoro che, seppure nel solco lessicale da lei tracciato, fa di ricerca, sperimentazione a qualsiasi scala, programma funzionale e contesto geografico-culturale il suo leitmotif. A quasi nove anni dalla sua scomparsa, raccontiamo il lavoro di Hadid attraverso 8 opere selezionate, che lei aveva direttamente progettato e supervisionato e che, dai musei alle infrastrutture, agli alberghi, abbracciando tutto il mondo da Roma a Pechino passando per Dubai, danno un quadro della sua statura intellettuale.
Costruita dopo l’incendio che aveva distrutto l'originario complesso industriale, la caserma dei vigili del fuoco nel Vitra Campus è il primo progetto di Zaha Hadid effettivamente completato, e che ha segnato la svolta nel suo percorso progettuale. Destinato successivamente a spazio espositivo, l’edificio è considerato un manifesto decostruttivista: il volume in cemento armato a vista sembra una scultura incastrata nel suolo, con le sue forme geometriche complesse e tra loro intersecate, gli spigoli vivi, le superfici inclinate che esaltano il carattere dinamico e “graffiante” della composizione.
Il ponte lungo 842 metri che oltrepassa il canale Maqtah, collegando l’isola di Abu Dhabi con la terraferma, non è solo un’infrastruttura urbana strategica per l’ingresso carrabile alla capitale degli Emirati Arabi Uniti ma un landmark chiaramente riconoscibile nel territorio. I due piani stradali, ciascuno con quattro corsie, sono sostenuti da una struttura interamente in cemento armato precompresso dalla silhouette fluida, che ricorda le dune del deserto. La scenografica illuminazione notturna accentua il carattere scultoreo della costruzione.
Il museo nel quartiere Flaminio, Premio Stirling per l'Architettura 2010, è una poderosa struttura multifunzionale in cemento armato e vetro articolata in una complessa sequenza di spazi: al piano terra la hall a tutta altezza, il bookshop, la caffetteria, l’auditorium, i laboratori di ricerca e le gallerie per esposizioni temporanee e collezioni di fotografia e grafica; ai piani superiori, ampie sale espositive connesse da percorsi che si intrecciano tra loro. Pareti curve, pavimenti inclinati, scale e passerelle sospese, squarci luminosi che fendono l’involucro attraverso i tagli in facciata e i lucernari plasmano un ambiente “energizzante” che sovverte i vincoli dell’ortogonalità spaziale.
Situata in un’area rurale a nord di Napoli, la stazione Napoli Afragola per l’Alta Velocità, in cemento armato con rivestimento in Corian, carpenteria d’acciaio e pannelli vetrati, è un imponente edificio-ponte che scavalca i binari, con una lunghezza di circa 400 metri e una larghezza di circa 44 metri, allo scopo di superare la barriera costituita dalla linea ferroviaria esistente e creare un secondo polo per la mobilità, oltre alla stazione di Napoli Centrale. Il complesso, la cui articolazione geometrica scaturisce da quegli stessi flussi di transito che alimenta, ospita al primo livello le biglietterie e i servizi per i viaggiatori, e al terzo e quarto livello servizi commerciali. Pannelli solari integrati nella copertura delle pensiline, ventilazione combinata e sistemi integrati di raffreddamento e riscaldamento permettono di ridurre al minimo il fabbisogno energetico annuale.
Il centro, progettato per diventare l’edificio principale per i programmi culturali della nazione, rompe i legami con la rigida architettura sovietica, spesso monumentale, diffusa a Baku. Il progetto stabilisce un rapporto ininterrotto tra l’interno dell’edificio e la piazza pubblica esterna che lo ricollega alla città in una sequenza di spazi pubblici terrazzati dedicati alla celebrazione collettiva della cultura azera contemporanea e tradizionale. Il volume animato da complicate ondulazioni, biforcazioni, pieghe e inflessioni riecheggia la complessità figurativa dei patterns calligrafici e ornamentali della tradizione araba. L’illuminazione gioca un ruolo decisivo nella composizione, differenziando la percezione dell’edificio tra giorno e notte: durante il giorno, il volume riflette diversamente la luce a seconda dell’ora e del punto di vista; di notte, è gradualmente trasformato dal gioco di luci interne ed esterne.
Primo edificio permanente della Serpentine Gallery (e il primo di Zaha Hadid nel cuore di Londra), l'intervento situato a Kensington Gardens, fortemente dibattuto per il suo carattere dirompente nel contesto, si compone di due parti distinte tra loro intrecciate: un edificio in mattoni del XIX secolo che fungeva da polveriera (The Magazine), recuperato dallo studio come spazio espositivo, e una tensostruttura ex novo adiacente, che ospita gli spazi comuni. Nelle curve articolate dell’ampliamento, integrate da una membrana continua in fibra di vetro apparentemente animata di vita propria, si legge la firma inconfondibile di Zaha Hadid che governa la complessità come risposta ad esigenze normative, di stabilità strutturale ed energetiche.
L’infrastruttura è un capolavoro di soluzioni ingegneristiche sostenibili. Il complesso esteso su una superficie di 700.000 mq e costruito soli cinque anni, è caratterizzato dalla copertura a forma di stella marina che si aggancia al suolo sovrastando la vasta hall centrale e indirizzando agevolmente i flussi di transito grazie alla configurazione radiale. Le campate strutturali con luci fino a 100 m consentono di realizzare spazi ampi, liberi e flessibili. Numerosi accorgimenti progettuali rendono l’opera energeticamente efficiente riducendone l’impatto paesaggistico: dai pannelli fotovoltaici in copertura, all’impianto di riscaldamento centralizzato in grado di recuperare il calore di scarto, al sistema di raccolta dell’ acqua piovana.
Situato nel quartiere di Business Bay non lontano dal Burj Khalifa, The Opus è una delle ultime opere di cui Zaha Hadid ha seguito pienamente la progettazione. Il complesso alto 93 metri ospita l’albergo di lusso ME Dubai, a cui si aggiungono nei piani centrali uffici e nei piani alti appartamenti con servizi forniti direttamente dall’hotel, oltre a ristoranti e bar. Il complesso è caratterizzato da due torri distinte, connesse alla base da un atrio a 4 piani e in sommità da un ponte, riproponendo la sagoma di un cubo che un vuoto di 8 piani scava al centro, come un enorme cubo di ghiaccio che si scioglie dall’interno per il calore. Le superfici in vetro riflettente, dai toni neutri nelle facciate esterne e di colore blu nella cavità, determinano diversi effetti percettivi durante le ore della giornata. Zaha Hadid ha realizzato anche il progetto di interni e arredi, dalla firma chiaramente riconoscibile, per gli spazi comuni, le 74 camere e le 19 suites.