Una architettura disegnata per le arti digitali a Riyad, in Arabia Saudita

Il Diriyah Art Futures, progettato da Schiattarella Associati, è il primo edificio al mondo costruito ex novo per essere dedicato alle arti digitali, promuovendo cultura e innovazione nella penisola araba.

Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1090.

Il Diriyah Art Futures di Riyad, Arabia Saudita, è l’ultima aggiunta al sistema di architetture culturali della Penisola Arabica. Lo commissionano il ministero della Cultura e la Diriyah Gate Development Authority, nel quadro del piano di sviluppo nazionale “Vision 2030”, e lo progetta lo studio romano Schiattarella Associati, vincitore del concorso internazionale del 2015.

Il Diriyah Art Futures è dedicato alla produzione e alla presentazione al pubblico delle arti digitali. Primo edificio al mondo costruito ex novo a questo fine, contiene spazi d’esposizione e gallerie, atelier e residenze per artisti, laboratori di ricerca e un centro di formazione sui new media. La sua architettura, al contrario, si propone di dialogare con la storia e la morfologia di un contesto di grande valore. Il sito Unesco di At-Turaif è vicino, mentre il lotto allungato del complesso corrisponde al sedime delle antiche mura di Diriyah. Una scarpata digrada dalla città al wadi, piccola e fertile depressione agricola dell’altopiano desertico. Così, Diriyah Art Futures si configura come “un edificio di confine”, nelle parole di Schiattarella. 

Il progetto reinterpreta in chiave attuale e non mimetica i caratteri dell’architettura tradizionale saudita.
Diriyah Art Futures, Schiattarella Associati. @ Schiattarella Associati. Foto Hassan A. Alshatti

I volumi elementari della sagoma irregolare sono separati da sottili fenditure, ombreggiate e attraversate da brezze naturali, che sono anche percorsi di connessione con il nuovo parco. Il progetto suggerisce un modello alternativo sia al neovernacolare sia al neo International Style scultoreo diffusi nella regione, reinterpretando in chiave attuale e non mimetica i caratteri dell’architettura tradizionale saudita. “Il progetto del vuoto”, spiega Schiattarella, “è cruciale, come lo è per le case antiche di Riyad, fatte di cortili e patii introversi”. All’esterno, il vuoto è una piazza pubblica, semplice e raccolta, mentre all’interno è soprattutto il labirintico spazio comune d’accesso agli atelier, ipogeo ma illuminato da un grande lucernario.

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