Segni, significati, rocce, aggregati, memorie, fortezze, gabbioni. È dalla stratificazione degli stimoli presenti nel contesto che lo studio parigino Randja ha dato forma al progetto Fort – Maison du technopôle, che si trova a Saint-Lô, in Normandia.

“Pensiamo che i luoghi – e analogamente le architetture – siano sistematicamente avvolti da movimenti storici, sociali, politici, filosofici e simbolici, siano essi reali o meno. Queste forze attive si scontrano con i vincoli del programma. Tutti questi segni, che abbondano, sbattono e sfrecciano inconsciamente sul nostro cervello, e si plasmano prontamente in una forma intuitiva, in una direzione ammiccante: un’architettura,” raccontano gli architetti francesi.

Il cemento ha una grande importanza in questa cittadina completamente distrutta dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale e ricostruita da immigrati provenienti prevalentemente dall’Italia. Da qui l’intuizione di utilizzare cemento e aggregati come unico materiale e di reinterpretare le forme dei bastioni.

L’edificio è quindi volutamente compatto e introverso, con l’obiettivo di densificare gli usi dell’edificio e fare in modo che si moltiplichino le relazioni. L’incubatore di impresa ospita tre funzioni principali: due grandi centri di programmazione, uno spazio per eventi e spazi di lavoro collaborativo. Tre patii condivisi facilitano una distribuzione fluida degli interni e servono da estensione all’aperto degli spazi.

L’involucro esterno non può essere che uno degli elementi caratteristici del progetto. È definito dalla diversa scansione dei pannelli – che hanno anche funzione strutturale – dalla loro rudimentalità, dai toni e dai trattamenti superficiali differenti.