Elementi architettonici: il bugnato

Dalle origini all’uso contemporaneo: storia e utilizzo del bugnato.

Il bugnato è un tipo di rivestimento  formato da bugne e deriva il suo nome dal francese antico: buigne è un termine che sta a indicare ciò che sporge, una protuberanza rispetto a un piano. La forma delle bugne e il trattamento delle loro superfici hanno determinato gli attributi del bugnato: esso è definito rustico, se le bugne sono appena sbozzate, irregolari e dal forte rilievo; a punta di diamante se la bugna è tagliata a piramide o a tronco di piramide; a cuscino se gli spigoli sono arrotondati; vernicolato, se le superfici sono solcate da linee tortuose.

Il bugnato che compare solo eccezionalmente nell’architettura greca, viene largamente utilizzato dai romani e trova la sua massima espressione nelle architetture rinascimentali.

Bugnato, illustrazione tratta da un'edizione del Trattato di Architettura di Serlio (1569)

Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, politico, teorico dell’architettura e filosofo, nel suo Dizionario storico di Architettura fornisce un’interessante ipotesi circa l’utilizzo del bugnato: si tratta di un tipo di rivestimento e di lavorazione che viene utilizzato per conferire prestigio alla costruzione, per farne risaltare il valore all’interno del costruito. “Il bugnato è un mezzo di mettere in chiaro, e far vieppiù risaltare il merito della costruzione, in causa dell’importanza e difficoltà del trasporto, del posamento dei materiali, e del relativo lavoro”.

Buigne è un termine che sta a indicare ciò che sporge, una protuberanza rispetto a un piano

Chiaramente nell’immediato presente, l’utilizzo di nuovi materiali, le modalità di costruzione e di produzione dell’architettura, le poetiche degli architetti, determinano una notevole variazione delle caratteristiche materiali e formali del bugnato. Eppure, ancora oggi, l’interpretazione di Quatremère de Quincy appare appropriata: il bugnato conferisce prestigio alla costruzione e, in aggiunta, le qualità “delle sue bozze” segnalano delle nuove modalità attraverso cui l’architettura contemporanea entra in contatto, tesse delle relazioni, con dei contesti, via via fisici, materiali o culturali.

Il centro visitatori del Castello di Heidelberg (Germania, 2009-2012) di Max Dudler, ad esempio, è caratterizzato da un parametro in arenaria rossa lasciata allo stato grezzo in modo da enfatizzare il carattere originario della pietra, la “brutalità” di partenza del materiale. In effetti, si tratta del medesimo materiale, proveniente dalla valle del Neckar, che caratterizza il Castello. Ad Heidelberg, Alberto Ferlenga sottolinea che tale scelta segnala una modalità attraverso cui l’architettura contemporanea entra in contatto con i resti antichi e si confronta con l’esistente.

Il bugnato a punta di diamante che ha trovato la sua massima espressione nel Palazzo dei Diamanti a Ferrara o nella Chiesa del Gesù Nuova a Napoli, trova un’aggiornata reinterpretazione nel Midden Studio dello studio Weawe (Gran Bretagna, 2015). Per uno studio d’architettura interessato a comprendere i modi attraverso cui gli edifici possono comunicare dei significati culturali, il motivo ornamentale che caratterizza il rivestimento zincato della costruzione è stato scelto per rievocare l’influenza che l’architettura continentale ha effettuato su quella scozzese.

Le bugne in pietra diventano 280.000 piccole piastrelle in ceramica nei due corpi che compongono il Centro Botìn di Renzo Piano Workshop (Santander, Spagna 2010-2017): leggermente arrotondate, Renzo Piano sottolinea come “il loro colore perlaceo e vibrante riflette la luce solare, il brillare dell’acqua e la rarefatta atmosfera della Cantabria”. Qui le caratteristiche materiche e di forma delle “bugne” si inscrivono all’interno di un intervento caratterizzato da scelte progettuali effettuate in sintonia con il contesto atmosferico e fisico del luogo.

Le linee tortuose che contraddistinguevano il bugnato vernicolato diventano oggi i segni e le scritture che compongono i linguaggi di tutto il mondo. Le incisioni delle lastre di granito che rivestono il grande muro curvo della Biblioteca di Alessandria di Egitto (1988-2002) di Snøhetta sono state realizzate dagli artisti Jorunn Sannes e Kristian Blystad parlano dei contenuti di quest’edificio, dei valori culturali e della storia di questa leggendaria biblioteca.

Gli elementi in alluminio pressofuso che caratterizzano le superfici dei volumi del Tal Kwun, Center for Heitage & Art di Herzog & De Meuron (Hong Kong, 2011-18) devono dimensioni e proporzioni ai blocchi in granito delle antiche mura che cingono l’area d’intervento: concepiti come elementi che compongono perimetri, le “bozze” creano un legame con il contesto e, insieme, se ne allontanano per derivare le proprie caratteristiche da esigenze funzionali e ambientali.

Lievi sono le protuberanze dell’involucro in vetro beige che caratterizza il Louis Vuitton Store di Jun Aoki & Associates a Ginza (Tokyo, 2013): il loro disegno trova ispirazione nello stile art deco che caratterizzava l’atmosfera moderna di Ginza e nei motivi tradizionali delle tecniche decorative dell’edo-komon.

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