A casa di Miralles e Tagliabue

Incontriamo Benedetta Tagliabue nella sua enorme casa nel Barrio gotico di Barcellona, progettata insieme al compagno di lavoro e di vita Enric Miralles, scomparso nel 2000.

La casa degli architetti Enric Miralles e Benedetta Tagliabue si nasconde in uno di quei caratteristici cortili interni che solo il Barrio gotico, uno dei quartieri più amati dai turisti, di una città sorprendente come Barcellona, sa regalare. L’abitazione dell’architetto di origine italiana Benedetta Tagliabue, fondatrice nel 1994 dello studio Embt, assieme al compagno Enric Miralles (1955-2000), è il riassunto di una vita condivisa, fatta di ricerche, viaggi, sorprese, e ricca di dettagli e oggetti recuperati. 

Si tratta di oltre 600 metri quadrati che si snodano su tre piani. Un vecchio magazzino abbandonato che è stato il luogo, per gli architetti Miralles e Tagliabue, per sperimentare e scoprire la casa vecchia e al contempo per progettare la sua nuova funzionalità adattandola alle proprie esigenze. Al piano terra lo spazio, ampio e luminoso, si articola in diversi spazi che danno accesso ad altre camere, gran parte punteggiate da tappeti di luce, come li chiama Benedetta, ossia tappeti di pavimentazione in piastrelle di cemento abbellite da particolari decori, e magnifici affreschi originali d’epoca dai colori pastello, sapientemente recuperati e restaurati dalla coppia, che creano giochi visivi e cromatici all’interno dei diversi ambienti. Questi sono organizzati in maniera fluida. 

La grande sala, inquadrata dal mezzanino che le fa da cornice, incastonato in un’antica arcata gotica, è ricco di libri e memorabilia, è utilizzata nel quotidiano ma anche per le riunioni con i colleghi dello studio. Un lungo tavolo centrale (Tronco) disegnato da due grandi parti in legno, a firma dei due architetti, è illuminato da un lampadario Fortuny e accompagnato da una serie di sedute di Alison e Peter Smithson, in fila una dietro l’altra. Sul fondo, un prototipo, con scocca color ocra, della seduta a dondolo di Charles and Ray Eames, si contrappone a una imponente stufa tirolese in deliziosa maiolica bianca, mentre si intravede la coda del pianoforte nero che si affaccia alla sala.

Un vecchio magazzino abbandonato che è stato il luogo, per gli architetti Miralles e Tagliabue, per sperimentare e scoprire la casa vecchia e al contempo per progettare la sua nuova funzionalità adattandola alle proprie esigenze.

Nello studio adiacente, si trova il tavolo da dove Miralles amava godere delle diverse visuali sulla casa e avere l’impressione di governarla. Alle pareti si scorgono, sotto la carta da parati, diversi strati di pitture risalenti al 1700, che sono state restaurate, inframmezzate da fasce di colore. Nella stanza è presente un altro pezzo degli Eames, la loro classica Lounge Chair del 1956 (Vitra) in pelle nera con scocca in legno, e due tavoli bassi realizzati con un sistema sperimentale che stavano testando in studio, alla fine degli anni ‘90. 

Ancora in questa stanza troviamo un armadio realizzato con una porta antica di casa, una seggiola proveniente dal Giappone e un tavolo disegnato sempre dallo studio accompagnato da una sedia da ufficio sempre degli Eames della serie Aluminium Chiar EA. Si ripetono a pavimento i tappeti di luce in piastrelle di cemento e i ritagli di parquet in legno di iroko così come di iroko è il tavolo Dolmen appoggiato al mezzanino. Lampade Louis Poulsen, con un particolare sistema di aggancio che permette la mezza altezza, completano l’arredo del locale.

Gli elementi dell’arredamento si muovono e si spostano a seconda delle necessità, ma nonostante questi spostamenti, riescono sempre a ritrovare la loro posizione originale grazie ai tappeti di piastrelle e dai segni lasciati dal tempo, permettendo così un gioco infinito.

La stanza vicino all’entrata presenta un tavolo in legno massello su disegno dello studio con diversi oggetti cari sopra; due palle di vetro proveniente dal Messico, vasi con fiori e una pendente sempre di Poulsen mentre la camera da letto dei ragazzi è caratterizzata da un grande carta geografica degli anni ‘90 comprata da American Airlines, una pila di libri e un armadio sulla sinistra realizzato grazie a grandi cassettoni di recupero.  “La stanza è sfalsata e disordinata poiché quando abbiamo fatto le foto c’erano i lavori per l’aria condizionata; solitamente tutti questi oggetti sono nel mezzanino”, aggiunge l’architetto Tagliabue. La cucina, il cuore della casa, presenta un’isola centrale realizzata in pietra artificiale. A parete un lavello antico in marmo anche esso recuperato e sullo sfondo un rivestimento in piastrelle quadrate color crema con disegno a fiore centrale, originale dell’epoca, restituiscono il vissuto della casa. Nel giardino pensile, situato al disopra del livello stradale, si trova l’antica fonte per rinfrescarsi e due alberi da frutto, un caco e un fico. 

Dal giardino si accede alla terrazza caratterizzata da piante tropicali, accanto al garage dove è parcheggiata la Mercedes di Miralles.  La casa ha una particola piscina interna, realizzata nel 2005, che affaccia sul giardino pensile. Il locale aveva un camino che è stato mantenuto nella sua posizione originale, insolitamente collocato appena sopra l’invaso della piscina. Il soffitto è in laterizi ricurvi e profili in acciaio. Insolito, ma efficace anch’esso, è l’accostamento della piscina con la nota poltrona di Gaetano Pesce realizzata per B&B “Up 5”, nella versione a righe bianche e rosse, mentre al fondo chiude la vista un quadro di Alex Duncan che rappresenta il Monte Bianco.

Caratteristici sono i muri di questa abitazione, sempre ricchi di informazioni, colori, segni, come i disegni a matita nati dalla mano di Miralles e ancora visibili. La casa gioca con i suoi fruitori offrendosi come fosse “una scacchiera”, disse Miralles in un’intervista a Linee di Ricerca nel ’97. Gli elementi dell'arredamento si muovono e si spostano a seconda delle necessità, ma nonostante questi spostamenti, riescono sempre a ritrovare la loro posizione originale grazie ai tappeti di piastrelle e dai segni lasciati dal tempo, permettendo così un gioco infinito.

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