Le Twin Towers di Nanda Vigo per il cimitero di Rozzano

Per il sobborgo a sud di Milano, dove Domus ha la sua sede, la grande progettista italiana aveva pensato un’opera ambiziosa e irriverente, un doppio cimitero verticale. La raccontiamo come parte della nostra serie sulle Forgotten Architectures.

Di Nanda Vigo siamo soliti celebrare le sue opere di design, le installazioni luminose che seguono le tendenza dell’arte cinetica, e meno invece i progetti di architettura veri e propri. Coraggiosi, arditi, irriverenti, come lo era Vigo. È questo il caso del progetto di ampliamento del cimitero del comune di Rozzano, il sobborgo a sud di Milano, che disegna nel 1959.

Dopo un lungo viaggio negli States dove aveva incontrato Frank Lloyd Wright (di cui rimane profondamente delusa), era tornata a Milano e aveva aperto il suo studio, insieme agli ingegneri Corraglio e Giavanardi e all’architetto Cesare Tacchio, dopo avere ottenuto la commissione del cimitero.

Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo
Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo

L’idea del cimitero a torre vuole essere una soluzione alla futura saturazione dei cimiteri monumentali Ottocenteschi europei, sviluppati in orizzontale, e dell’espansione urbana. Con il grande e veloce sviluppo delle città, infatti, le aree cimiteriali si sono sempre più avvicinate a quelle residenziali togliendo loro la possibilità di crescere ulteriormente.

Nanda Vigo progetta così le sue “Twin Towers”, due edifici luminosi, che eliminano l’atmosfera cupa tipica del cimitero e ogni sorta di classismo nella sepoltura, poiché ogni individuo deposto nella torre sarebbe stato idealmente sepolto in egual modo – nessuna ambizione da penthouse tra i defunti.

La pianta della torre è quadrangolare, la grande scala e l’ascensore sono centralizzati, i percorsi sono a doppio anello e tra i lati esterni ed interni di questi sono sistemati i loculi. In un gruppo di sei loculi o più c’è anche la possibilità di inserire una cappella. La facciata è composta da serramenti in vetro in serie che possono anche essere sostituiti con brise soleils prefabbricati.

Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo
Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo

Ritorna il tema della luce, in questo caso naturale, come carattere determinante della sua opera. Le torri cimiteriali sovrastano il tessuto urbano come se fossero un’opera d’arte cinetica riprodotta ad una scala esagerata. La ricerca della filosofia del progetto rimane sempre la stessa: luce “come fattore determinante delle mutazioni che provocano modifiche psicologiche personali nel fruitore stesso”, come scriveva Vigo in Giovani e rivoluzionari.

Dell’intero progetto, vengono costruiti soltanto la cappella, gli uffici, i cinerari e i negozi per i fioristi. Nanda Vigo inserisce, poi, nel portale d’ingresso, una grande boulle di Lucio Fontana, artista a cui è profondamente legata.

Un progetto incompiuto che ancora oggi dice molto di quanto manchi all’architettura un approccio come quello di Nanda Vigo.

Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo
Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo

Oggi – un po’ per fragilità politica, sociale e culturale, un po’ perché ci siamo abituati a considerare le discipline come entità separate, senza invasioni di campo – abbiamo perso quell’idea di “design artistico” che ha caratterizzato l’opera dei grandi protagonisti degli anni Sessanta e Settanta italiano come Alessandro Mendini, Ettore Sottsass Jr., Gaetano Pesce e appunto la grandiosa Nanda Vigo, uno dei pochi nomi femminili in luce nella storia della progettazione italiana.

Progettisti che annullano ogni barriera disciplinare fino ad arrivare ad una concezione della progettazione spaziale totalizzante, espandendo la loro azione dal singolo oggetto al disegno degli interni e mantenendo un costante riferimento al mondo funzionale dell’architettura e del design e a quello espressivo e concettuale dell’arte.

Immagine in apertura: Twin Towers, Nanda Vigo. Courtesy Archivio Nanda Vigo

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