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La megalopoli vicina

La conversazione a sei voci sulla città di Istanbul ospitata dal MAXXI ha proposto un dibattito sulla megalopoli turca, la più vicina geograficamente all’Europa, tra modernizzazione, stratificazione e crisi.

Cose Turche MAXXI
Lo scorso 3 luglio, nella piazza del MAXXI di Roma, MAXXI e Insula architettura e ingegneria con Based Architecture hanno presentato “Cose Turche”, conversazione a sei voci durante la quale esponenti della cultura architettonica e urbana hanno proposto un dibattito sulla città di Istanbul e sul suo processo di trasformazione e avvicinamento all’Europa, tra modernizzazione, stratificazione e crisi.
Photo © Atelye 70
È stata una discussione vivace che ha sollecitato diversi temi di riflessione: per esempio, come l’espansione moderna di una città si stia sovrapponendo – anche in modo violento – alla sua stratificazione storica; il rapporto tra modi insediativi e territorio fisico nella storia antica e recente; le esigenze dell’economia immobiliare e la sua compatibilità con l’ecosistema ambientale. Sono temi che, a scale differenti, hanno sollecitato un non troppo latente paragone con Roma, non solo fondale della serata, ma città densa di stratificazioni storiche che rendono complessi e delicati i modi di assorbire la modernità e la contemporaneità.
Emre Arolat
Emre Arolat Architects, Moschea Sancaklar, Istanbul (Turchia), 2012. Photo © Emre Arolat Architects
Istanbul – città che nel 1951 contava 1 milione di abitanti e oggi arriva a 17 – è la megalopoli più vicina geograficamente all’Europa e, quindi, forse più decifrabile. Hanno provato a fare il punto su questa situazione Serhan Ada (Istanbul Bilgi University), l’architetto Emre Arolat, Eugenio Cipollone (dello studio Insula architettura e ingegneria), Doğu Kaptan (di Atelye70), Ömer Yılmaz (Arkitera), moderati da Francesco Garofalo.
Emre Arolat
Emre Arolat Architects, Vicem Bodrum Residences, Bodrum, 2010. Photo © Emre Arolat Architects
Istanbul rappresenta un caso interessante di esplosione urbana, conseguenza dei profondi e rapidi cambiamenti economici e culturali attraversati dalla Turchia in questi ultimi anni. La specificità della sua vicenda storica e geopolitica, ne fa un caso originale ed emblematico di megalopoli: differente per modalità, ma simile, per quantità e rapidità, alle esplosioni urbane delle megalopoli orientali, africane o sudamericane. La presenza di una storia millenaria impone strette connessioni con lo sviluppo urbano e il mutamento morfologico del territorio, in un cui s’intrecciano  complesse e sofferte relazioni tra politica urbana, riscrittura della storia, espansione economica e partecipazione collettiva.
Insula
Insula architettura e ingegneria, Francesco Cellini e Atelye 70: Yenikapi transfer point e Archaeo Park (Turchia), 2014 (concorso primo premio). Photo © Insula architettura e ingegneria
Dogu Kaptan ha descritto il fenomeno della crescita urbana a partire dalla seconda metà del Novecento, in cui, com’è avvenuto in molti altri casi, la città formale e informale si è sviluppata in modo lineare lungo le strade, infrastrutture della produzione e della mobilità “senza più realizzare piazze” e abbandonando il modello insediativo originario, ‘naturalmente’ rivolto a sud, assoggettato alla topografia e protetto dai venti del nord. Anche Istanbul, come la città moderna, ha osservato Garofalo, si è aperta a nuove forme di espansione lungo gli assi stradali lineari industriali, dopo la caduta della città ‘murata’ antica.
Emre Arolat
Emre Arolat Architects, Zorlu Center, Istanbul (Turchia), 2008. Photo © Emre Arolat Architects
Il fenomeno della crescita urbana è incluso anche nei programmi della propaganda politica. Ciò attraverso forme di pianificazione urbana ufficiali, che hanno tentato di indirizzare il fenomeno della crescita. Com’è avvenuto in gran parte delle città moderne europee e come oggi sta avvenendo nelle megalopoli dei Paesi emergenti, la crescita illimitata non è stata sempre sinonimo di sviluppo. Esauritasi l’espansione sui due fronti insediativi originari sul Bosforo rivolti a mezzogiorno, le nuove zone di sviluppo sono state tracciate a nord e lungo gli assi della mobilità.
Emre Arolat
Emre Arolat Architects, Eyup Cultural Center and Marriage Hall, Istanbul (Turchia), 2006. Photo © Emre Arolat Architects
Emre Arolat, figura di spicco dell’architettura turca e già curatore della prima Design Istanbul Biennale nel 2012, ha sottolineato – usando il termine “Londonization” – il legame critico tra impulso alla crescita immobiliare e politiche conservatrici liberiste. Anche Istanbul, come le nuove città cinesi, non si fa mancare nulla: sviluppi immobiliari di mercato, nuovi insediamenti a “tema” (come la piccola nuova Venezia, il nuovo piccolo Bosforo), crescita in verticale, l’uso legato a logiche di consumo di “simulacri” dell’immaginario figurativo orientale.
Insula architettura e ingegneria, Francesco Cellini e Atelye 70: Yenikapi transfer point e Archaeo Park (Turchia), 2014 (concorso primo premio). Photo © Insula architettura e ingegneria
Accanto a questi esempi, è stata però raccontata un’attitudine a trasfigurare la memoria attraverso il filtro di una modernità colta e raffinata che, partendo dalla disciplina architettonica, prova a ridefinire la forma e lo spazio di un tipo “classico” e apparentemente immutabile, come la moschea. È il caso del progetto della nuova moschea di Sancaklar, dove l’archetipo è riscritto attraverso la conformazione di uno spazio nuovo, fortemente integrato e scaturito dal paesaggio.
Emre Arolat
Emre Arolat Architects, Ambasciata Turca a Praga, (Repubblica Ceca), 2015. Photo © Emre Arolat Architects
Un punto di vista originale, che stimola una riflessione e un inevitabile paragone con Roma, è quello proposto di Eugenio Cipollone (Insula), che ha raccontato la sua esperienza di architetto italiano coinvolto in alcuni progetti a Istanbul: in particolare il caso di Yenikapi (progetto di concorso vinto dal gruppo Insula, Cellini, Atelye 70 ex aequo con Mecanoo con Cafer Bozkurt Architects e Peter Eisenman con Aytaş Archıtects), in cui il tema della realizzazione di nuove infrastrutture per la mobilità s’incontra con lo scavo archeologico e, quindi, con la stratigrafia fisica della storia di un pezzo di Istanbul. Il ritrovamento di un importante reperto archeologico “urbano”, pone una questione di approccio tra nuovo e antico. Cipollone sottolinea 4 metodi: “la rinuncia” – spesso praticata in Italia –; la “selezione” di modelli e riferimenti spesso nostalgici; “l’imposizione”; e la continuità, unica e più difficile strada plausibile, di maggiore responsabilità per la collettività.
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