Se penso al progetto El Otro di Frida Escobedo in mostra alla galleria LIGA mi viene in mente questa prospettiva della lingua come luogo della sedimentazione culturale, così come l'idea di Smithson dei grattacieli della moderna Park Avenue come monumenti dell'"evoluzione inversa". Nella facciata di un edificio industriale di Colonia Juárez Frida ha scoperto la tensione di questa prospettiva, particolarmente significativa per il tentativo di delineare un'identità nazionale messicana. Sospesa tra l'armatura di cristallo e gli interni che racchiude c'è la testimonianza dell'irregolarità di un'accumulazione e di uno sviluppo che contraddicono la nitidezza della facciata. È qui possibile osservare il vero volto del Modernismo messicano, o di ciò che è cresciuto nei vuoti creati dal suo clamore e dalle sue promesse non mantenute. La logica di questa struttura è stata popolata dal disordine della realtà: la chiarezza si contrappone ai rappezzi della necessità. Affacciato sulla strada come una gigantesca nave di Teseo, questo edificio ha una storia da svelare. Ed è giusto pensare che Frida abbia trattato questa superficie come un testo da leggere con attenzione o come un verso da decostruire.
Che stia creando uno spazio di lavoro nel sottotetto di una casa di periferia, una casa alta sul versante di una collina o ristrutturando un complesso turistico in disarmo sulla spiaggia della Caletilla, Frida fa uso del disuso e porta alla luce significati negli interstizi dell'ambiente quotidiano.
