Il condominio accanto è già stato abbattuto, mentre in tutta Hackney — da Haggerston a Dalston e Homerton — la costruzione di appartamenti di lusso continua a pieno regime. C'è da chiedersi di quali criteri i palazzinari si servano per far ricorso al termine 'lusso': si tratta forse dell'uso di pannelli in plastica sulle facciate? Sia come sia, ciò che più preoccupa è quello che i nuovi palazzi stanno rimpiazzando, ossia, in alcuni casi, alloggi popolari come quelli contraddistinti dalla provocatoria serie di ritratti. Costruite negli anni Trenta — in un rione che, nella Poverty Map del 1889 di Charles Booth, era classificato come "dissoluto, semicriminale" — queste case neo-georgiane per appartamenti si trovano ora nel cuore di una delle aree londinesi segnate da un intensivo sviluppo. E verranno, a quanto pare, sostituite da una comunità 'vivace', 'vibrante' e 'varia'. "Come mai queste comunità non sono mai state descritte in questo modo prima che spuntassero gli operatori immobiliari?", chiede Andrea Luka Zimmerman di Fugitive Images, mentre infilza la brochure promozionale. "Queste parole sono solo aria fritta".
In tutta Londra, le case popolari sono 'out', mentre la costruzione di alloggi di lusso è 'in'. È la fase finale di un gioco iniziato trent'anni fa, quando la Thatcher ha tagliato i fondi all'edilizia popolare sovvenzionata dallo Stato per introdurre il "right to buy", misura che offriva ai residenti il diritto di acquistare i loro appartamenti. I londinesi conoscono perfettamente gli effetti di quelle due scelte politiche sulle loro vite: un'annosa penuria di alloggi, unita alla privatizzazione delle case popolari, ha reso quasi impossibile, non solo per i ceti meno abbienti ma anche per la classe media, acquistare un'abitazione in qualsiasi zona semicentrale. La crisi degli alloggi sta peggiorando fin dall'inizio della recessione, con società immobiliari che costruiscono meno e banche che non prestano denaro: l'anno scorso, gli affitti sono cresciuti del 12%, le liste d'attesa si stanno allungando e i senzatetto sono in aumento.


Recentemente, inoltre, Newham ha fatto scoppiare uno scandalo politico, quando è emerso che l'amministrazione era stata costretta a spostare centinaia di famiglie a Stoke-on-Trent, a 160 miglia a nord di Londra. Con i nuovi limiti ai contributi sull'affitto decisi dalla coalizione di governo, il comune non poteva semplicemente permettersi di dare alloggio a questi residenti all'interno del distretto. I critici della politica governativa predicono da tempo che le sue misure di austerity daranno luogo a una massiccia emigrazione dei ceti più poveri dalla capitale. Persino il sindaco Tory di Londra, Boris Johnson, in questo caso ha preso le distanze dalle decisioni dell'esecutivo, affermando che non avrebbe consentito che in città avesse luogo "una pulizia sociale in stile Kosovo". E per quanto sia incline all'iperbole, in questa occasione Johnson è apparso forse un po' troppo sbilanciato rispetto ai suoi stessi interessi, permettendo che la più dura critica mossa alla situazione londinese dall'inizio di questo secolo uscisse proprio dalle sue labbra. E non è tutto. I media sono zeppi di notizie sul fatto che Newham sta coltivando un nuovo genere di baraccopoli invisibile. Nei vicoli tra le case a schiera, i proprietari hanno infatti preso ad aggiungere delle propaggini provvisorie alle loro abitazioni, costruendo, secondo i giornali, delle "super-capanne" affollate di immigranti che pagano centinaia di sterline la settimana. "Non ci vuole molto per guadagnare un sacco, sempre che uno sia disposto a fare commercio della miseria umana," ha detto al Guardian Robin Wales, sindaco di Newham. Quindi, ecco infine l'Euro-slum, il ritorno delle colonie dickensiane. Se non esistessero, Londra dovrebbe inventarle. Oggi, forze speciali sono incaricate di sradicare questi "super-shed", usando elicotteri e fotografie aeree. Nel frattempo, ad appena un miglio di distanza, la nuova e splendente Stratford City, con la sua mega zona commerciale di Westfield, promette di servire una nuova comunità in ascesa.
In tutta Londra, le case popolari sono 'out', mentre la costruzione di alloggi di lusso è 'in'. È la fase finale di un gioco iniziato trent'anni fa, quando la Thatcher ha tagliato i fondi all'edilizia popolare sovvenzionata dallo Stato.


Uno dei problemi del mercato immobiliare della capitale — per i residenti locali, s'intende—è che rappresenta un investimento estremamente sicuro. Negli ultimi tempi, l'ondata di crisi politiche ed economiche, che ha colpito vari Paesi stranieri, ha dirottato sul mercato immobiliare londinese un mare di soldi provenienti da Libia, Egitto, Italia e Grecia. Ma, al di là della sicurezza del mattone, Londra rappresenta, di fatto, la capitale di un paradiso fiscale per super ricchi. Il fatto che i cosiddetti non-domiciliati — o "non-doms"—fiocchino nella capitale rende la vita più difficile a tutti noi. Il Governo britannico li corteggia perché crede nell'"effetto cascata" della loro enorme ricchezza, nonostante oggi questa nozione sia screditata e non esista — come ci dice David Harvey — alcuna versione spaziale e tangibile di tale effetto. Vale a dire che un maggior numero di appartamenti costosi per i ricchi non porta a un maggior numero di appartamenti per i poveri. Casomai, è vero il contrario. "L'idea che una città possa prosperare (in termini di accumulo di capitali) mentre i suoi abitanti (a parte le classi privilegiate)… faticano a tirare avanti non è mai presa in considerazione", afferma Harvey. Alla Heygate Estate nella zona di Elephant and Castle, nel sud di Londra, 1.260 appartamenti sono sbarrati e in attesa di demolizione. Gigantesche fette di modernismo municipale sono vittime di un'agenda politica thatcheriana, che ha avuto successo nello svilire l'edilizia sovvenzionata sulla base dei problemi sociali che implicava, soprattutto se era realizzata su scala industriale e contraddistinta da un'utopia architettonica anni Cinquanta. La retorica degli "insediamenti fallimentari" — gli "ill manors" di Plan B — ha puntato il dito verso gli architetti, concentrando l'attenzione su incidenti come il crollo della Ronan Point Tower nel 1968, piuttosto che sulla mancanza di investimenti nella manutenzione.


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