Kumamoto station

La nuova uscita della stazione dei treni ad alta velocità di Ryue Nishizawa è un semplice gesto architettonico che offre una lettura del contesto.

L'ingresso est della stazione dei treni ad alta velocità di Kumamoto, città del Kyushu nel sud del Giappone, disegnata da Ryue Nishizawa sembra una racchetta da ping-pong o, per chi ama metafore più naturalistiche, una goccia d'acqua. Il progetto è solo un primo frammento e fa parte di un piano di sviluppo urbano che si concluderà nel 2030. Con un semplice gesto architettonico, risolve i problemi complessi generati dal transito di massa e funge da spazio d'incontro e relax. Il grande tetto protegge dal forte sole di Kumamoto e somiglia, secondo l'autore, a una nuvola. La dimensione per ora è estremamente ridotta ma Nishizawa ci spiega bene quale ruolo avrà nel sito e alla scala urbana il progetto una volta completato.

Qualcosa non funziona nella città contemporanea quando essa è modellata sulle sole funzioni della mobilità. Ne risente anche il paesaggio urbano al contorno e qui, quello intorno alla stazione di Kumamoto, non sembra fare eccezione. Ci sono i palazzi che non sembrano interessati ad alcun tipo di dialogo. Poi c'è lo spazio aperto, un manto di asfalto dove si incrociano caoticamente i flussi carrabili, ciclabili e pedonali. Con un gesto forte e al contempo semplice, la "nuvola" di Nishizawa individua un campo d'interazione.
L'ingresso est della stazione dei treni ad alta velocità di Kumamoto disegnata da Ryue Nishizawa sembra una racchetta da ping-pong o una goccia d'acqua.
L'ingresso est della stazione dei treni ad alta velocità di Kumamoto disegnata da Ryue Nishizawa sembra una racchetta da ping-pong o una goccia d'acqua.
"La vita non può essere contenuta in un unico lotto. La vitalità delle persone si espande al di là di esso, cancellando effettivamente tutti i confini" [1], scrive l'architetto giapponese. Allo stesso modo in questo progetto i margini, definiti dall'ombra, sono labili e variano in funzione dell'orientamento del sole. Nella lingua giapponese esistono due parole, kinjo e kaiwai, che descrivono il concetto di quartiere, ed entrambe inglobano il concetto dell'essere al centro di qualcosa. In uno spazio urbano vago e indifferenziato, composto di asfalto dipinto dal bianco e dal giallo della segnaletica, la pensilina riesce a ricreare un senso di centralità, di appartenenza. Chi attraversa questo luogo si sente protetto ed allo stesso tempo più vicino agli altri. Nel Giappone contemporaneo lo spazio pubblico è principalmente quello dei centri commerciali, delle gallerie, dei bar, dei pachinko — luoghi chiusi e privati ma dal libero accesso — che sostituiscono il ruolo della piazza in occidente. Anche la scelta di rinunciare alle chiusure verticali ha un forte valore simbolico. Significa aprire lo spazio della stazione al paesaggio urbano e alla socialità, invitare la gente ad usare la strada come un luogo di relazione.
Ll'aspetto strutturale rende particolarmente interessante questo progetto. La soletta è una superficie continua senza travi, sorretta da pochi esili pilastri.
Ll'aspetto strutturale rende particolarmente interessante questo progetto. La soletta è una superficie continua senza travi, sorretta da pochi esili pilastri.
Le forme libere sono una costante in molti dei più recenti lavori di Nishizawa, che scrive: "Una delle cose importanti del disegno a mano libera è che tutto può essere allo stesso tempo simile e differente. Se si guarda alla natura, per esempio, esistono numerose varietà di mela, e tutte hanno forme diverse. Esse sono al contempo simili ma differenti"[2]. Nel progetto di Kumamoto queste forme sono generate dai flussi di veicoli e persone che quotidianamente attraversano l'area della stazione. Un approccio di questo tipo si può definire "diagrammatico": la forma dell'architettura è una trasposizione fisica di analisi funzionali. Si tratta di un metodo abbastanza consueto e ricorrente nel progetto moderno ma che nel lavoro di Ryue Nishizawa — ma anche in quello di Kazuyo Sejima ad esempio — ritrova forme e significati del tutto inediti. Qui infatti, la forma non è semplice "contorno" dei diagrammi dei flussi di traffico, così come spesso avviene in approcci progettuali del genere.
La vita non può essere contenuta in un unico lotto. La vitalità delle persone si espande al di là di esso, cancellando effettivamente tutti i confini.
In uno spazio urbano vago e indifferenziato, composto di asfalto dipinto dal bianco e dal giallo della segnaletica, la pensilina riesce a ricreare un senso di centralità, di appartenenza: chi attraversa questo luogo si sente protetto.
In uno spazio urbano vago e indifferenziato, composto di asfalto dipinto dal bianco e dal giallo della segnaletica, la pensilina riesce a ricreare un senso di centralità, di appartenenza: chi attraversa questo luogo si sente protetto.
Il procedimento è qui più complesso: il sistema dei percorsi coperti adiacenti la stazione di Kumamoto è stato diviso in vari elementi. Ognuno di essi rimanda a situazioni di traffico diverse per svolgimento e dimensioni. Nell'idea di Nishizawa ognuna di queste è assimilabile alla tessera di un mosaico che, composta con altre, fornisce l'immagine di come funziona questa parte di città. In tal modo questo metodo sembra appartenere sia ad un processo costruttivo che ad uno di "dismantling" — altro tema caro a Nishizawa. Si parte da un programma iniziale — come nella celebre Moriyama House — che viene poi dissociato nelle sue componenti e successivamente ricomposto con modalità inedite. Probabilmente questa operazione nasce da una attenta lettura della società contemporanea giapponese, dove in anni più recenti è divenuto frequente il fenomeno della disgregazione sociale.
"Una struttura molto chiara, leggera, la trasparenza e la possibilità di riconoscere l'organizzazione" [3]: l'aspetto strutturale rende particolarmente interessante questo progetto. La soletta è una superficie continua senza travi, sorretta da pochi esili pilastri. In Giappone vi è una propensione per la piccola scala e per le proporzioni ridotte. Costringendo le componenti del progetto al loro rapporto più estremo, Nishizawa riesce a conferire un senso di leggerezza alla copertura. Nel bagliore luminoso delle giornate estive, il bianco dell'estradosso tende a confondersi con il cielo, riducendo la percezione della pensilina alla superficie in ombra dell'intradosso. In questo modo, lo spessore è annullato, ottenendo quella che l'architetto definisce in alcuni scritti "neutralizzazione della struttura". Solo in apparenza quest'opera può essere considerata un déjà-vu. Per chi compone immagini con la tecnica del mosaico, come in questo caso, può anche capitare che alcune tessere si somiglino tra loro, ma è la relazione di contesto a generare sempre immagini nuove. Nella stazione di Kumamoto, a progetto ultimato, assisteremo a un'altra immagine inedita che riesce ad interpretare il senso e le modalità di funzionamento di questa parte di città. Una immagine che non ha bisogno di nulla per alimentarsi anzi, con la sua presenza, nutre il paesaggio urbano. Come scrive Octavio Paz, "Organismo che non manca di nulla, come quelle piante del deserto che secernono il proprio cibo, il Giappone vive della sua propria sostanza" [4]. Matteo Belfiore, Salvator John A. Liotta

Note
1. Aa. Vv., Tokyo Metabolizing, La Biennale di Venezia. 12. Mostra Internazionale di Architettura, Toto Publishing, Tokyo, 2010.
2. El Croquis – Sanaa 2004-2008, El Croquis Editorial, Madrid, 2007.
3. Ibidem
4. Octavio Paz, Tres momentos de la literatura japonesa in Las peras de l'olmo, México: Universidad Nacional Autónoma de México, 1957.
Destinazione: Stazione passeggeri, luogo sosta e relax
Completato: Aprile 2011
Progetto architettonico: Ryue Nishizawa Office
Costruzione: Tekkon Kensetsu
Luogo: Prefettura di Kumamoto

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