Forms of Energy #6

Un bel concorso. Un bel progetto. Una corsa a ostacoli verso la realizzazione.

Nell'estate 2008 Ancab Legacoop e Legambiente, in collaborazione con i Comuni di Perugia, Pesaro e Lecce e con le cooperative di abitanti che andranno a realizzare gli interventi, lanciano il concorso AbitarECOstruire. Obiettivo dichiarato del concorso è quello di promuovere una cultura dell'abitare sostenibile attraverso la realizzazione di progetti esemplari, capaci di coniugare i temi della sostenibilità ambientale con quelli della qualità architettonica ed urbana. In particolare, i temi suddetti vengono esplicitati così: qualità morfologica e tipologica, qualità energetica e uso di risorse locali, innovazione tecnologica e uso di materiali ecologici. In giuria, tra gli altri, Mario Cucinella, Carmen Andriani e un rappresentante del Comune e della Regione.

Su Pesaro il concorso viene vinto dallo studio 2Tr Architettura con NOOS Architetti. Il progetto si basa su alcune proposte semplici ma con un forte potenziale innovativo (ed ecologico): l'utilizzo del legno come materiale costruttivo principale (per un edificio di 20 appartamenti distribuiti su 5 piani); l'utilizzo di acqua di falda, per gli impianti di riscaldamento, e di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, come fonti di energie locali e rinnovabili; l'articolazione dei singoli alloggi intorno ad un grande vuoto centrale o meglio ad un sistema di spazi comuni, generati dalle funzioni distributive ma arricchiti da un evidente plusvalore spaziale (per dimensioni, luminosità, affacci) che ne fa dei potenziali spazi di cohousing. Ovvero, luoghi di incontro, di gioco, di socializzazione dell'abitare.
È questo, dal punto di vista spaziale e architettonico il nucleo concettuale e formale del progetto: la realizzazione di un edificio in cui gli spazi individuali traggono valore dal loro mettersi in comune, dal potersi estendere un po' oltre i 56 (2 camere) o 90 (3 camere) mq previsti per il "nucleo familiare" in una porzione di spazio condivisa, comune, né pubblica né privata ma intermedia tra la soglia della casa e lo spazio urbano. Questo spazio di mediazione era anche stato immaginato come una sorta di atrio bioclimatico, con una serra di ingresso ed un coronamento a camini apribili d'estate. Una proposta dunque al tempo stesso semplice ma spazialmente ricca ed articolata, come ben mostrano le sezioni e le piante di progetto (diverse ad ogni piano), con elementi tecnologici sostanzialmente silenziosi (cioè non immediatamente visibili, come l'uso dell'acqua di falda e di un impianto fotovoltaico sovrapposto alla copertura piana).
Il progetto oggi non è ancora in cantiere, ma nei due anni trascorsi dall'assegnazione del premio, il dialogo tra i progettisti e chi deve realizzare e autorizzare l'intervento è stato incredibilmente complicato. Una difficoltà di cui non è facile rendere conto, trattandosi di un processo in corso e che comunque, rispetto a tanti concorsi italiani, sembra già una operazione felice per il solo fatto di essere in procinto di realizzazione. Eppure, proprio in questa difficoltà di dialogo o di percorso, si celano delle questioni importanti, che è interessante portare alla luce.

Infatti, a partire dalla scelta del materiale e proseguendo con le proposte relative all'impianto di riscaldamento, al sistema dei camini e della serra e, ancora, della articolazione degli spazi comuni, ogni punto del progetto è stato progressivamente messo in discussione, per semplice pregiudizio (e consuetudine a costruire in un certo modo) o per difficoltà normative (regolamenti edilizi locali, normativa antisismica, normativa per edilizia popolare). È così che dal legno si è passati al cemento, mentre l'acqua di falda è stata abbandonata (semplicemente perché l'autorità di bacino che avrebbe dovuto autorizzarne l'uso non lo aveva mai fatto), i camini sono stati spianati, la serra è diventata un ingresso vetrato, mentre per quanto riguarda gli spazi di socializzazione ai piani (invece della solita sala condominiale) questi verranno realizzati se pur considerati una follia perché "chi vorrebbe avere dei bambini che giocano accanto all'appartamento?".
Da questa esperienza, che ci auguriamo naturalmente si concluda al più presto nel migliore dei modi, emerge ancora una volta, dal punto di vista specifico del processo di realizzazione di un progetto, la necessità di unire alle riflessioni teoriche e progettuali sulla sostenibilità, l'importanza di un impegno politico a sostegno di una nuova qualità del costruire e dell'abitare. Infatti, al di là del necessario sostegno alle tecnologie (come il fotovoltaico), quello che serve è creare delle condizioni diffuse che permettano di rinnovare il nostro modo di fare architettura: nuove normative, in grado di recepire per esempio l'uso di materiali innovativi (come il legno); ma anche corsi di aggiornamento/formazione per chi le normative deve interpretare ovvero per quei tecnici comunali che devono essere messi in grado di svolgere il loro lavoro affrontando le problematiche nuove poste dalla domanda di sostenibilità; e ancora, nuovi prezziari regionali che recepiscano le innovazioni, con la creazione forse di prezziari di riferimento specifici per gli interventi rivolti a garantire certi standard ambientali; in ultimo, non ci sembra fuori luogo pensare che progetti "innovativi" (frutto di concorsi che abbiano l'innovazione per obiettivo) dovrebbero avere anche iter di approvazione, economici ed esecutivi altrettanto innovativi. Creare le condizioni per dischiudere una nuova ecologia del costruire e dell'abitare dovrebbe essere il primo punto di un'agenda politica che voglia davvero sostenere la vita.

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