Il Padiglione della Germania

Intervista a " Die Walverwandtschaften, Monaco, Zurigo, Boston", Cordula Rau, Eberhard Tröger e Ole W. Fischer, curatori del Padiglione della Germania. Beatrice Galilee intervista Cordula Rau.

Ci può spiegare come siete giunti a questo concetto? Vorrei comprendere il processo dall'inizio fino all'idea finale?
Quest'anno, in Germania, per decidere chi partecipava alla Biennale di Architettura si è definito un processo di selezione con tanto di giuria. Dei settanta team iscritti alla selezione, solo sette sono stati invitati a presentare i loro progetti al Ministero Federale per l'Edilizia. Sin dall'inizio, il nostro dipartimento per l'architettura ha suggerito "lo struggimento" come elemento chiave del nostro concetto ed è stato così apprezzato che ci hanno invitato al secondo round. A questo punto del processo selettivo, probabilmente la qualità della nostra presentazione è stata decisiva, oppure le proposte alternative non hanno fatto colpo sulla giuria. Ogni curatore della Biennale di Architettura è libero di scegliere quanto e in quali modi vuole connettersi alla cultura tedesca. Nel nostro caso, il nostro team aveva un respiro internazionale. Questo ci ha aiutato sicuramente ad analizzare la Germania dall'interno ma anche da un punto di vista esterno. La percezione di noi stessi e il modo in cui gli altri ci vedono sono spesso completamente diversi. Anche per questa ragione abbiamo invitato un certo numero di architetti internazionali a lavorare sul concetto della "Sehnsucht architettonica". Tutto ciò ha reso la collezione esposta ancora più interessante e complessa.

Il concetto dello "struggimento" è molto soggettivo e ognuno lo interpreta in modo differente. Con questo soggetto abbiamo voluto distaccarci da un discorso puramente architettonico. Ci piace la vaghezza del concetto di "struggimento". Ci sono cose che non dovrebbero essere definite o analizzate in modo scientifico se non si vuole perdere una parte dell'intuizione, dell'atmosfera e gli aspetti emozionali connessi. Solo l'interpretazione individuale svela lo spazio nel suo insieme. Questo spazio lasciato libero di solito ne esce male a causa di una sistematica "categorizzazione" di parte, soprattutto nel campo dell'architettura.

Quali sono gli accorgimenti visuali e spaziali che userete per esprimere questo concetto a Venezia e inoltre, quali sono i legami visuali con gli spazi urbani tedeschi?
La Germania in particolare ha una lunga tradizione nell'ambito "dei sentimenti". Oggi questi si manifestano in un forte desiderio di unità politica, ma nel secolo scorso si sono manifestati con la tragica visione di Hitler di un impero mondiale e con l'unificazione di tutte le arti ispirata dalla Bauhaus. Inoltre, andando ancora più indietro, troviamo i sentimenti di Goethe, Schinkel e il concetto Romantico di ritorno all'Arcadia. Per la Germania, l'Italia ha sempre giocato un ruolo molto forte in questo nostro sogno.
Di conseguenza, in questa mostra sul SEHNSUCHT ci siamo allontanati dalle rappresentazioni di riflesso dell'architettura nelle sue forme fisicamente identificabili, cioè la grafica – attraverso modelli, piante e immagini 3D – e la sua forma costruita – illustrata da fotografie e video. Invece, il concetto di SEHNSUCHT cerca di scoprire la diretta presenza sensoriale delle cose.
Lo stesso Padiglione tedesco è stato interpretato come il primo elemento dell'esposizione ed è stato trasformato di conseguenza in un complesso spazio emotivo. L'idea era di creare, qui nei giardini di Venezia – essa stessa un luogo di desiderio – uno spazio che, attraverso le sue caratteristiche emotive e di design, potesse ispirare, far emergere quest'aspetto dell'architettura e infine incoraggiare le persone a relazionarsi con lo spazio circostante e con gli altri.
In mostra nel padiglione, oltre ad una serie d'installazioni, una collezione di disegni, sia di architetti che di creativi tedeschi, illustra lo struggimento personale nell'ambito dell'architettura. Nello stile di un salotto dei giorni nostri, il Padiglione della Germania è uno spazio dedicato all'incontro e la riflessione interdisciplinare sulle sensibilità individuali e collettive nell'ambito del panorama architettonico contemporaneo.

Che cosa sperate che la gente dica e pensi quando usciranno dal vostro padiglione a Venezia?
Noi ci auguriamo che i visitatori si sentano a loro agio nel nostro padiglione, che gli piaccia rimanere e che lo usino come punto d'incontro all'interno della Biennale. Per questa ragione consideriamo il padiglione stesso come il primo oggetto della mostra cui però abbiamo aggiunto un nuovo strato temporaneo. Abbiamo caricato intensamente le sale di aspetti emotivi, intimi e sensuali. Nella sala principale allestita in modo un po' teatrale, "il salotto rosso", in cui sono disposte varie poltrone, più di 180 architetti e artisti esprimeranno in modo abbozzato il loro struggimento architettonico. Per noi era molto importante creare dei momenti di sorpresa, per cui la ricerca di forti emozioni, a volte anche provocanti, ha avuto un considerevole ruolo nella progettazione delle sale espositive per la Biennale. Nel tentativo di provocare questo effetto di sorpresa all'interno delle varie mostre, abbiamo sviluppato diverse idee. Per quanto riguarda la vista panoramica, il nostro concetto offre un'esclusiva finestra sulla laguna.

Come vivi personalmente le Biennali? Pensi che siano ancora un modo utile per presentare nuove idee?
Personalmente amo la Biennale in Venezia e ogni anno non vedo l'ora di andarci, non importa che sia quella dedicata all'architettura o quella per l'arte: Credo che queste mostre diano molti spunti creativi agli artisti cosi come anche ai visitatori e ispirano verso nuove idee, specialmente in un contesto internazionale e di scambio come questo. Perdere la Biennale d'Architettura o perfino la Biennale, sarebbe una gran perdita per Venezia e per noi tutti. Malgrado tutti i sistemi mediatici e le virtualizzazioni di questo mondo, la diretta e fisica esperienza non è replicabile. Chiunque abbia avuto l'opportunità di partecipare alle inaugurazioni in Venezia potrà confermare tutto ciò attraverso le sue esperienze dirette.

Il soggetto da voi scelto è quello dello "struggimento". C'è qualche legame diretto con l'atmosfera in cui vive l'architettura tedesca di oggi? Quali pensi siano le questioni più importanti che la professione, oggi, si trova ad affrontare in Germania?
A fianco delle opere di architetti e ingegneri, facilmente valutabili e comparabili, esiste un livello emotivo nel processo creativo che tematizza la condizione atmosferica che circonda l'architettura. Tutto ciò può essere descritto come un'architettura del desiderio, delle speranze e delle emozioni. Nonostante tutto ciò, la questione del gusto e della sensibilità, individuale e della società nella sua interezza, è ciò che guida in modo significante le decisioni sia artistiche che razionali. A fianco della storia delle idee e della collaborazione sociale, è necessario consolidare una storia della sensibilità, specialmente nel campo dell'ambiente costruito. In Germania il punto d'incontro tra il nuovo e il vecchio è oggi al centro del dibattito. Noi non vogliamo risolvere questa disputa con la nostra mostra, ma piuttosto partecipare alla discussione.
La mostra intitolata SEHNSUCHT nel padiglione della Germania alla Biennale d'Architettura di Venezia 2010 esplora il cuore emozionale dell'avventura architettonica. Tutte le opere creative hanno le loro radici in passioni profonde, sentimenti che guidano tutti i processi dall'inizio alla fine. Lo struggimento è quindi un elemento chiave dell'ambiente costruito. Basato sulle nostre memorie ed esperienze, personali e collettive, esso è puntato nondimeno verso il futuro. Non bisogna concedersi alcun riposo finché non si sono trovati i mezzi e le maniere per calmare la nostra sete.


Padiglione della Germania, SEHNSUCHT
Curators: Cordula Rau, Eberhard Tröger and Ole W. Fischer

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