Al livello inferiore tre piccoli ambienti in sequenza, distribuiti parallelamente al giardino interno, sul quale aprono porte finestre; al livello superiore lo studio e la camera da letto. Gli ambienti sono rivestiti da teli in panama del Madagascar che scorrono su binari, a nascondere di volta in volta vani a muro con ripiani, un mobile bar, un armadio. I pavimenti sono coperti da tappeti e stuoie del Montenegro. Numerosi i quadri: Capogrossi, Calder, Sambonet, Max Bill, Munari, Léger, Le Corbusier. Nello spazio quadrato dell'ingresso Rogers ha accordato una libreria con ripiani a vassoio in compensato di betulla appesi a nastri di canapa nera, una piccola biblioteca in palissandro su rotelle in stile inglese, due poltroncine da giardino verniciate di bianco.
Nell'ambiente successivo del pranzo, quattro sedie di Chiavari sono disposte attorno a un tavolo da giardino in metallo laccato. Una libreria scorrevole appesa a un binario, alternatamente schermata sui due lati da stecche in frassino, può chiudere come un cancello il passaggio tra questo ambiente e il successivo, quello del soggiorno. Nella libreria, quadri e ceramiche peruviane, greche, messicane, brasiliane.
Un grande dipinto cinese della dinastia Ching è sospeso al soffitto del terzo ambiente. Al di sotto, un divano disegnato dai BPR per Arflex, composto da tre sedute indipendenti, e una poltrona viennese della fine dell'Ottocento. Poltrone in vimini prodotte da Castano sono nello studio – la sedia a dondolo è modificata da Rogers – e nel soggiorno, con una tasca interna portariviste.
Sono pochi e semplici i mobili disegnati personalmente e fatti eseguire da Piero Frigerio di Cantù. La casa è fatta soprattutto da oggetti senza un particolare valore economico, comperati durante numerosi viaggi per il mondo o nelle botteghe degli antiquari. Oggetti che rappresentano la vita e gli affetti del proprietario. Diverso è il piccolo appartamento per uno scapolo in un sottotetto d'angolo con vista sul Castello Sforzesco, che nasce dal disegno di un giovane architetto. L'appartamento è in via Jacini, l'architetto è Marco Zanuso, che organizza nel 1955 per il signor Olivetti – "una persona che vive sola e viene ad abitarvi a periodi" – una sequenza di ambienti verso una grande apertura sul terrazzo panoramico.
Anche se si tratta di uno dei suoi primi interni privati, nel progetto di Zanuso si riconoscono già il disegno chiaro dei volumi e degli spazi, il movimento continuo delle pareti bianche di calce comprese tra pavimento e soffitto uguali, in listoni di legno pitch-pine. Il soffitto si piega in corrispondenza della luce, nella grande apertura del soggiorno-studio sul terrazzo e nel lucernario a tamburo ottagonale sopra l'ingresso. I pochi mobili e oggetti che arredano il sottotetto sono scelti dal committente. La "casa per uno scapolo" progettata da Giulio Minoletti a Varenna, protesa come una mensola dal muro di contenimento a sfiorare l'acqua del lago e abitata da un attivo proprietario in accappatoio, può essere considerata il prototipo di questa nuova tipologia del dopoguerra che, attraverso numerosi esempi, propone spazi ridotti e flessibili – a Varenna tre letti accostati a costituire un immenso divano… – arredati con praticità, senza rinunciare all'eleganza di materiali nuovi e alla presenza di qualche signorina sorpresa dal fotografo, quasi a ricordarci che il celibato non è sempre una condizione irreversibile.
