Nelle Filippine, una chiesetta per la Chosen Children Village Foundation

Nelle campagne delle Filippine, Stan Allen ha realizzato una piccola chiesa per un'associazione benefica: a Domus racconta la storia di un progetto globale dal carattere locale. A cura di Laura Bossi.

Laura Bossi: Lei è stato docente ad Harvard e alla Columbia University. Attualmente vive a New York ed è decano della School of Architecture della Princeton University. Ma la sua cappella per la Chosen Children Village Foundation a Tagaytay, una cittadina filippina di circa 60.000 abitanti, appartiene a un mondo molto differente. Qual è stato il suo atteggiamento nei confronti di questo mondo e di questo progetto?
Stan Allen: La professione di architetto oggi è a pieno titolo un fatto globale. Lavoriamo in tutto il mondo, ma i fondamenti del mestiere sono omogenei ovunque e la cultura architettonica occidentalizzata si è talvolta sovrapposta ad altre culture senza riguardi per le loro tradizioni. Da questo punto di vista, la cappella della CCV è una rarità: un progetto globale dal carattere locale. In parte, ciò ha a che fare con il coinvolgimento di Carlos Arnaiz come co-progettista, che ha un consolidato e stretto rapporto con il luogo e la sua cultura. Ma faceva anche parte della nostra impostazione: non imporre una soluzione dall'esterno, utilizzare invece i vincoli di questa area (tecnologia costruttiva a basso costo, semplice, ad alta intensità di lavoro, materiali di origine locale e necessità di ventilazione naturale) trasformandoli in un'occasione unica per costruire in un modo oggi quasi impossibile negli Stati Uniti o in Europa. È una struttura elementare direttamente collegata con il sito: è più un padiglione che un edificio.

L. B.: Che cosa ha imparato da questa esperienza?
S. A.: Per me la lezione è stata questa: in ogni progetto, l'architetto contribuisce con la sua competenza disciplinare generale alla soluzione di un problema specifico, il quale a sua volta deve diventare specifico al sito e al problema, senza perdere il proprio collegamento con la disciplina architettonica.

L. B.: Ha avuto l'impressione di aver perso qualcosa di significativo dal progetto alla realizzazione?
S. A.: In realtà proprio il contrario. Certi aspetti del progetto sembravano audaci nei disegni e nei modelli, ma in realtà funzionano benissimo nella definizione dello spazio e nella modulazione della luce. La realtà, e l'esperienza della realtà, oltrepassano sempre la nostra capacità di simulazione o di predizione. D'altro canto, il processo di realizzazione è anche un processo di redazione o di affinamento: una certa qualità di chiarezza è scaturita proprio dai vincoli della realizzazione. L'ingresso e la facciata d'ingresso, per esempio, sono state modificate in misura considerevole nel percorso dal progetto all'edificio finale. Il risultato finale è migliore del nostro progetto originale.

L. B.: Dobbiamo far fronte tutti a una crisi terribile. Da architetto che vive nell'era di Obama, si aspetta provvedimenti pubblici per la creazione di edilizia sociale e di infrastrutture, che coinvolgano la sua categoria con un ruolo significativo?
S. A.: Lo spero. Quel che ci vuole, secondo me, non è solo una nuova attenzione alle infrastrutture, ma la ridefinizione delle infrastrutture stesse e delle loro potenzialità nel XXI secolo. Dobbiamo coinvolgere urbanisti e architetti e prenderci il tempo necessario a pianificare, senza ripetere gli errori del passato. Gli architetti, da parte loro, devono fare passi avanti con proposte nuove, idee nuove e nuovi metodi di lavoro.


Chapel, Chosen Children Village Foundation
Tagaytay, The Philippines

Architects
Stan Allen
Project Designer
Carlos Arnaiz
Design team
Benjamin Cadena, Jane Kim, Marc McQuade, David Orkand, Bence
Pap, Michael Young
Structural engineering and building contractor
Contractors and Engineers
Excell Contractors and Developers, Inc.
Client
Chosen Children Village Foundation
Built area
240 m² (gross)
Cost
€ 225,000
Design phase
2006
Construction phase
2008

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