Gente di spirito, i catalani. Così non se ne
avranno a male, se provo a sintetizzare il senso
della Fondazione Alicia con una storiella:
"Un italiano e un catalano discutono di
cucina e alimentazione; qual è la conclusione?
L'italiano fa una trasmissione in tv; il catalano
costruisce un edificio".
Due culture mediterranee profondamente
intrise della scienza inesatta del cibo, di cui si
nutrono le rispettive economie e geografie fisiche,
reagiscono con due atteggiamenti geneticamente
diversi alla vitale importanza del tema
alimentazione: da una parte la chiacchiera, il
parlarsi addosso, lo small talk che permea metà
dell'eterno tempo televisivo italiano con l'ennesima
ricetta delle melanzane alla parmigiana;
dall'altra, l'imprenditorialità, il coraggio, perfino
l'avventurismo che hanno trasformato la gastronomia
catalana in una delle nuove cucine di punta
nel mercato globale del cibo. In testa, Ferran
Adrià con le sue ricette decostruzioniste, le sue
tre stelle Michelin e una fama mondiale per nulla
intaccata da certe eccentricità, come quella
di aver partecipato a un'edizione di Documenta
Kassel – unico cuoco nella storia del festival dell'arte
dell'avanguardia "dura e pura".
Così non stupisce che a mettere in scena
per la Fondazione Alicia voluta da Adrià (che ne è
il principale animatore) lo spazio funzionale di un
grande padiglione nel verde siano stati chiamati,
con Abeba Arquitectes, Lluís Clotet e Ignacio
Paricio, due antiche conoscenze dell'eccentrica
architettura contemporanea in Spagna. Clotet,
in particolare, proviene da una vera e propria
saga della cultura progettuale di Barcellona:
quella del gruppo PER, prima (Clotet, Tusquets,
Bonet, Cirici) e di BD Ediciones, poi, che hanno
generato alcuni dei capolavori – nel senso di
oggetti archetipi – del design mondiale. Poco toccato dalla fama meritata, sempre fedele a
un'idea moderna dello spazio e dei suoi oggetti,
mai ansioso di eccessivi balzi in avanti verso il
ruolo di superstar, Lluís Clotet ha ostinatamente
continuato in una pratica professionale rigorosa
di "modernismo critico" alleandosi, nel 1983, con
Ignacio Paricio. Nel paesaggio rarefatto della
nuova Barcellona, risalta così da qualche tempo
il landmark delle loro torri di abitazione a Illa
de la Llum: un ironico svuotamento della massa
cementizia, come smangiucchiata da roditori
geometrici liberati nello spazio urbano.
Nell'area di Món San Benet, a quaranta
minuti da Barcellona, il compito poteva sembrare
apparentemente più facile: un paesaggio agreste,
qualche testimonianza antica, un brief aperto
per un'istituzione – finanziata da Caixa Manresa
– che intende occuparsi non solo di gastronomia,
ma soprattutto di ricerca, educazione e formazione
sull'alimentazione, con particolare attenzione
ai problemi della sanità, delle persone in condizioni
più disagiate e, in generale, delle sinergie
che possono nascere tra progetto alimentare ed
esistenziale. Se il messaggio era quello della massima
apertura all'esterno, alla natura, alle persone,
la metafora della trasparenza scelta dai due
progettisti non poteva essere più semplicemente
interpretata: la forma libera dell'edificio si muove
attraverso il paesaggio originale (e vicino a quello
disegnato da Bet Figueras negli Huertos, coltivazione/
vetrina di varietà agriculturali del luogo) in
un continuo rimando di riflessi e attraversamenti
visivi. Leggerissimi sostegni perimetrali posti a
distanze regolari (1,20 metri, corrispondenti ai
giunti delle vetrate) scandiscono le superfici vitree
e rendono il senso di una foresta artificiale, come
fusti leggeri di essenze magari non commestibili,
ma altrettanto utili all'indagine in profondità sul
senso del nutrirsi: la rappresentazione del connubio
utile tra natura e invenzione sembra perfettamente
riuscita.
Non pare così in Italia, in particolare a Milano;
dopo più di un anno di inutili parapiglia politici,
ancora nulla è stato neppure pensato – figurarsi
se realizzato – per le strutture e il programma di
quella che dovrebbe essere un'intera Expo universale
dedicata proprio al cibo. Certo, se gli edifici
ad hoc dovessero scarseggiare per oggettivi limiti
di tempo, si potrebbero sempre organizzare delle
visite guidate alla Fondazione Alicia: dopo tutto, è
già costruita e funzionante. Dopo tutto, il leggendario
El Bulli di Ferran Adrià era anche il Padiglione
G dell'ultima Documenta: ogni sera, un tavolo dell'imprenotabile
ristorante di Cala Montjoi ospitava
gratis (viaggio incluso) due visitatori di Kassel,
estratti a sorpresa dal direttore Roger Buergel.
Dopo tutto, vicino alla Fondazione Alicia, Ferran
Adrià cucina nel ristorante L'Angle, presso l'Hotel
Mon, parte del complesso di San Benet: un altro
Padiglione G per la prossima Documenta?
Fundación Alicia: food, science and transparency
Clotet e Paricio costruiscono vicino a Barcellona un trasparente giardino delle delizie per gli insegnamenti di Ferran Adrià. Design Lluís Clotet, Ignacio Paricio, Abeba Arquitectes. Testo Stefano Casciani. Foto Lluís Casals.
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- 11 marzo 2009
- Sant Fruitós del Bages