Racconti del fiume

Un’insolita idea di museo si cela nell’ultima opera del giovane n! studio, analizzata da Luigi Prestinenza Puglisi.
Fotografia di Luigi Filetici


Nato nel 1991, n! studio è composto da giovani architetti che hanno frequentato l’università nella seconda metà degli anni Ottanta, vivendo la fine di un ciclo storico segnato dall’insegnamento di maestri quali Rossi, Gregotti e Aymonino, critici come Tafuri e Portoghesi, ipotesi operative come lo storicismo e il post modern.

Cresciuti senza precisi riferimenti, quasi navigando a vista, sono influenzati dall’avvento delle nuove tecnologie, dalla riscoperta della materia e del corpo attraverso la riflessione di Merleau Ponty ma anche di Tschumi e Holl, e dall’esplosione di una nuova stagione creativa segnata dall’opera di emergenti talenti: da Ito a Koolhaas, da Libeskind a Nouvel. Il nome scelto per il gruppo è emblematico. Il simbolo di n fattoriale – n! – esprime la fede nel lavoro di gruppo, l’eterogeneità dei componenti, la volontà di evitare ogni identificazione personalistica. Da qui la difficoltà ad analizzare le loro opere con un’unica chiave interpretativa. Museo di Nazzano compreso.

L’intervento, che consiste nella ristrutturazione di due edifici limitrofi – uno di 500 mq e l’altro di 300 mq – è, innanzitutto, un’opera moderna ma rispettosa del contesto antico nel quale si pone. Recupero conservativo all’esterno, uso di materiali moderni ma leggeri all’interno. In linea, quindi, con una tradizione italiana di interventi museali – da Albini a BBPR, da Scarpa a Canali – purtroppo oggi a volte trascurata dalle Soprintendenze: eppure, anche se in forma sempre più residuale, ancora oggi praticata, con eccellenti risultati.

La trasparenza e i riflessi dei vetri, delle vetrine e dei pannelli mobili divisori dell’esposizione temporanea, suggeriscono la fluidità dell’elemento liquido, in linea con il tema: un museo per la valorizzazione del fiume Tevere, promosso oltre che dal Comune, dall’Ente Riserva Naturale Tevere Farfa, dalla Provincia di Roma e dal MUSIS. L’uso del vetro è ricorrente nel lavoro di n! studio, così come l’attenzione per la trasparenza, la leggerezza, l’immaterialità. In un precedente museo a Pigliano (1994) l’allestimento, per esempio, è fatto da pochissimi elementi, quasi invisibili: teche trasparenti e una scala tanto evanescente da suscitare in chi la deve usare non pochi dubbi sulla sua solidità.

Il progetto che n! studio realizza invece per la Biennale di Venezia del 1996 è una vetrina con un vetro stratificato, azionato da un impulso elettrico, che scatta ogni volta che si avvicina un visitatore. Il contatto la trasforma da opaca in trasparente, producendo così una struttura interattiva che, in assenza di pubblico, si presenta come oggetto compatto e scarsamente informativo: mentre, con la presenza del visitatore, permette la lettura di disegni e progetti collocati dietro il vetro. Trasparenza, fluidità. Emerge un’altra possibilità d’interpretazione: n!studio, dietro la formale aderenza a un tema contestuale, sviluppa una ricerca che di contestuale – almeno nel senso conservativo del termine – ha poco o nulla.

Nazzano appare come opera rispettosa della preesistenza: ma, a ben guardare, n!studio capovolge la logica spaziale dell’edificio. Nega l’articolazione precedente (fatta di stanzette che si susseguono l’una dopo l’altra) ma anche rifiuta di realizzare uno spazio unico indistinto e inarticolato: che, comunque, avrebbe messo a nudo la struttura dell’edificio. Inventa, invece, per l’edificio un rivestimento continuo, una nuova pelle fatta di cristallo e, nelle sale conferenza, di lamiera traforata e stirata. Foderando lo spazio, i cristalli e le lamiere diventano essi stessi contenitori, vetrine, mobili. Domina l’idea di unità e di continuità, gestita in più modi.

Nelle sale per esposizioni temporanee attraverso pannelli trasparenti scorrevoli; nelle sale per esposizioni permanenti attraverso vetrine-pareti e altre – tridimensionali – che mettono in comunicazione una stanza con l’altra. Nel primo caso si realizza un ambiente trasformabile all’infinito, sfuggente nei suoi giochi di trasparenza e riflessione. Nel secondo si costringe il visitatore a entrare entro la sequenza delle vetrine, liberando gli oggetti in uno spazio virtuale esterno e invertendo la modalità tradizionale del museo, in cui è l’osservatore che sta fuori e l’oggetto in vetrina che sta dentro in un contenitore.

È chiaro l’intento di produrre, se non vertigine, straniamento. Centrando l’attenzione dell’osservatore su ciò che, proprio perché è più scontato, trascura: il processo percettivo. Trasparenza quindi non come assenza ma come presenza: un di più e non un meno, su cui ragionare e riaffrontare il rapporto tra corpo e spazio, materia e immagine.

Nonostante queste derive concettuali, anzi forse a causa di queste, il progetto risponde sempre a una logica funzionale ineccepibile. I cristalli che rivestono le pareti permettono di inserire l’oggetto esposto in un insieme coinvolgente e, grazie a un sistema di binari mobili, hanno facile manutenzione. Le vetrine da attraversare permettono di guardare il fiume da un punto di vista più coinvolgente, quasi vivendolo dall’interno. I pannelli mobili delle esposizioni temporanee consentono una flessibilità che raramente si riscontra nelle piccole strutture museali. I pannelli traforati nella sala riunione, infine, non solo nascondono la sgradevole struttura edilizia, compromessa da un restauro precedente, ma servono anche a garantire l’acustica della sala.
Il museo di Nazzano è concepito come un luogo in cui il visitatore possa percepire in modo attivo la complessità dell’ecosistema naturale. Materiali e sistemi espositivi ricordano l’ambiente fluviale
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Il cristallo richiama le proprietà di riflessione e trasparenza dell’acqua. Lo spazio è ricavato in un edificio inserito nel complesso della Rocca del Castello dei Savelli, il cui nucleo originale risale al XIII secolo
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Invece di creare un ambiente unico e inarticolato, il progetto inventa una nuova ‘pelle’ per le pareti. I pannelli di cristallo che le rivestono diventano un sistema per esporre reperti
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I pannelli di cristallo che le rivestono diventano superfici trasparenti dalle quali emergono bacheche a sbalzo
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