Pubblicare il design: il caso virtuoso di IN Residence

Abbiamo parlato con Barbara Brondi e Marco Rainò, ideatori del progetto IN Residence, un progetto curatoriale che porta a Torino alcuni dei designer sperimentali più interessanti del panorama internazionale con pubblicazioni, mostre, e produzioni di design.

Architettura, graphic design, direzione artistica, produzione editoriale, curatela e molto altro: Barbara Brondi e Marco Rainò, fondatori dello studio torinese BRH+, lavorano in ambiti anche molto diversi tra loro, ma sempre con un’attitudine sperimentale e aperta al dialogo. Con il progetto IN Residence, il duo ha negli anni sviluppato un sistema complesso di strumenti, grazie a cui entra in relazione con giovani design indipendenti. Ce ne parlano in questa intervista:

Per il progetto IN Residence, con che tipo di autori lavorate? Come li selezionate?
Nel novero delle pratiche che definiscono il nostro impegno professionale – anche molto diverse tra loro, ma sempre in dialogo – la ricerca curatoriale si è sempre orientata a collaborazioni con autori che prediligono la sperimentazione, che approcciano il processo di progetto come un’occasione di riflessione verticale su uno specifico concetto forte; ci interessano i progettisti che intendono gli esiti dell’atto creativo come potenziali vettori di cambiamento culturale.

Nel caso del progetto IN Residence, ci rivolgiamo al panorama internazionale dei giovani interpreti capaci di una speculazione concettuale originale, che ibrida le pratiche artigianali con quelle derivate dall’esplorazione tecnologica; lavoriamo con soggetti interessati alle modalità espressive dell’arte, sensibili a esprimersi mediante un linguaggio ad alto tasso poetico.

La selezione dei designer a cui proponiamo di partecipare alle diverse attività incluse nel progetto IN Residence avviene per affinità della loro pratica ai temi che intendiamo approfondire: aggiorniamo costantemente le nostre personali liste con i nomi degli autori di cui ci appassiona, per motivi anche molto diversi, il lavoro.

Ci rivolgiamo al panorama internazionale dei giovani interpreti capaci di una speculazione concettuale originale, che ibrida le pratiche artigianali con quelle derivate dall’esplorazione tecnologica

Il progetto IN Residence è composto da varie azioni, che sono complementari e interdipendenti. Ci raccontate come si sviluppa l’intero processo?
Le Design Residencies del progetto IN Residence sono state inaugurate in tempi relativamente recenti: dopo il primo episodio che ha visto Marcin Rusak e Roberto Sironi al lavoro sul tema Encoded Symbols, siamo ora impegnati nello sviluppo del secondo appuntamento che coinvolge Linde Freya Tangelder (Destroyers/Builders) e Kostas Lambridis a ragionare sul concetto Rooted Flows.

Le fasi che scandiscono il format di residenza sono consequenziali e correlate. I due autori selezionati per ciascuna edizione sono invitati a trascorrere un breve periodo di soggiorno a Torino,   dove – sotto la nostra guida – affrontano un fitto calendario di incontri e visite; i tanti stimoli raccolti in questa momento sono poi elaborati dai designer, con i quali organizziamo un intenso scambio, un dialogo costante che porta alla finalizzazione di due distinti progetti originali. In parallelo e di concerto con gli autori, verifichiamo la possibile collaborazione con alcune delle gallerie più prestigiose del settore, che provvedono alla produzione dei nuovi pezzi, alla loro esposizione e commercializzazione, secondo un accordo di sinergia con IN Residence. Nel caso della residenza dedicata al tema Encoded Symbols i lavori di Rusak e Sironi sono stati realizzati d’intesa con la Carwan Gallery di Atene.

Completa il quadro del progetto di residenza la pubblicazione di due monografie a nostra firma, una per ciascuno dei due protagonisti della residenza.

Linde Freya Tangelder e Kostas Lambridis durante la seconda IN Residence Design Residency dedicata al tema “Rooted Flows”, Torino, 2021. Foto Tullio Deorsola

Il libro diventa uno strumento fondamentale per raccontare la ricerca che c’è dietro ogni oggetto. Come si sviluppa ogni pubblicazione e cosa volete raccontare?
Siamo sempre stati interessati a fissare le nostre riflessioni critiche in forma scritta: consideriamo l’ideazione e la composizione di un testo come un’impegno creativo ed espressivo valutato al pari delle nostre altre attività di progetto.

L’oggetto libro – un prodotto digitale e analogico, di cui amiamo disegnare ogni millimetro quadrato – ha connotati di valore importanti: è veicolo di pensiero, è vettore di conoscenza. È, nella migliore delle sue espressioni, una manifestazione tangibile di bellezza mai ordinaria.

IN Residence è stato, e continua a essere, un canale privilegiato per riflettere criticamente sui temi del design contemporaneo – e quindi della società contemporanea, del clima culturale delle nostre comunità. Con questo progetto curatoriale abbiamo scritto, disegnato e pubblicato 11 volumi editi da Corraini Edizioni; ora siamo impegnati sulla serie di monografie collegate all’esperienza delle Design Residencies, pubblicate da Nero Editions.

Questi ultimi libri sono volumi illustrati in cui si presenta una selezione di lavori firmati dai singoli autori a cui sono dedicati, comprendendo un approfondimento sul progetto originale che è frutto della residenza e della sinergia tra IN Residence e una galleria del settore.

Per mezzo di questo progetto editoriale intendiamo dare evidenza al talento creativo delle nuove generazioni di designer, supportare la loro visione, comunicare il loro pensiero.

Le due monografie “Marcin Rusak: Encoded Symbols” e “Roberto Sironi: Encoded Symbols”, NERO Editions, 2020. Foto Andrea Veneri

Quali sono gli obiettivi della vostra ricerca? In quali campi dovrebbe intervenire il design contemporaneo?
Con IN Residence progettiamo innovazione sociale e culturale ricorrendo allo strumento del confronto e del dialogo, partendo da quello con i talenti emergenti del design contemporaneo; ci interessa produrre conoscenza e diffonderla, anche attraverso le attività didattico-formative della serie di Workshop incluse nel programma.

Più in generale – comprendendo il lavoro di BRH+, lo studio che abbiamo fondato nel 2002 – la nostra ricerca è orientata a sperimentare le tante modalità del progettare per suscitare la riflessione, stimolare la consapevolezza.

I nostri progetti – materiali e immateriali – hanno l’ambizione di esprimersi anche a livello simbolico, come codici per ricercare la risonanza e la reazione emozionale; o per tentare di iscriversi nella dimensione sensibile e poetica del magismo; perché, come scriveva Ettore Sottsass, "il design comincia dove cominciano i segni della magia."

Consideriamo l’arte del progettare, la disciplina design, come pervasiva: un soggetto apolide che abita ogni dove, un processo – principalmente di pensiero – che interviene, potenzialmente, su tutto. Per questo è – o dovrebbe essere – materia cruciale, soggetto centrale di studio e confronto nella società; per questo, la professione del progettista non può essere considerata secondaria, accessoria, illusoria.

Barbara Brondi e Marco Rainò. Foto Rossano Ronci
Barbara Brondi e Marco Rainò. Foto Rossano Ronci

Considerazioni sul design da collezione/sperimentale/non industriale in Italia?
L’Italia ha una storica vocazione al design, ha talenti nella pratica del progettare: sul versante sperimentale, in quel settore di manufatti “da collezionare” – ma non solo e non necessariamente – ha una sua levatura, una propria sensibilità, una qualità che si esprime nel lavoro di un arcipelago di interpreti appartenenti a diverse generazioni. È un circuito stretto, ma che poche gallerie – e alcuni progetti organizzati secondo una formula differente, pur sempre relazionata con il mercato – stanno contribuendo a strutturare ed espandere; a noi interessano quelle realtà che raccontano storie profonde, verticali, che sono ossessionate dalla ricerca di senso e significato nella fabbricazione di nuovi oggetti. Entriamo in corrispondenza con chi crede che il design sia, principalmente, un detonatore culturale.

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