Storie di azienda: Kartell, positività e visione a lungo termine

“Lavorare significa cambiare, innovare, crescere, seguendo un’idea precisa”. Intervista al presidente di Kartell Claudio Luti.

Claudio Luti, presidente e proprietario di Kartell.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1056, Aprile 2021

Cultura del fare. Tensione alla bellezza. Sostenibilità. Etica aziendale. Dice di parlare “a ruota libera” Claudio Luti, presidente (e proprietario) di Kartell ed ex presidente del Salone del Mobile, “così viene fuori un po’ di emozione per le cose che mi toccano di più”. In realtà, le sue parole sono chiare e distinte come le idee di Cartesio. Disegnano una ricetta aziendale che diventa road map per il Paese. Un cammino in cui, a differenza di quello del filosofo francese, non c’è spazio per dubbi di metodo o esistenziali perché, prima di tutto, c’è l’ottimismo. “È un atteggiamento culturale prima che professionale, altrimenti il mestiere dell’imprenditore non lo puoi fare. Perché, se giochi in difesa con una squadra che perde, ti passa la voglia. Quando giochi, devi avere uno schema e devi sapere dove andare, devi essere positivo e poi devi guardare i numeri, devi saperli gestire. Non s’improvvisa”. Accanto alla positività ci vuole però anche una visione lunga, “per noi almeno fino al 2030”. Poi, la dedizione e il gusto di lavorare.

Lavorare significa cambiare, innovare, crescere, seguendo un’idea precisa e considerando anche l’anno della pandemia un’opportunità per tornare a rivedere quello che si è fatto e migliorarlo.

“Lavorare significa cambiare, innovare, crescere, seguendo un’idea precisa e considerando anche l’anno della pandemia un’opportunità per tornare a rivedere quello che si è fatto e migliorarlo. Si scopre così che anche un anno pestifero come il 2020 può riservare soddisfazioni”. Sicuramente per Kartell, che negli ultimi 12 mesi ha aperto 54 negozi (monomarca e non) in tutto il mondo, ne ha rinnovati 33, ha presentato molti nuovi prodotti, ha rinnovato il catalogo accelerando sul biodegradabile. In termini finanziari, +4 per cento, boom dei social e raddoppio dell’online, che supera i 3 milioni di utenti unici, successo per i prodotti realizzati con materiale riciclato, che deriva al 65 per cento da scarti vegetali. Risultati impensabili leggendo i giornali, che parlavano di crollo di un settore (che, alla fine, ha perso ‘solo’ il 10,8 per cento). La verità, però, è che i numeri di Kartell vengono da lontano.

L’iconica lampada Bourgie in policarbonato trasparente disegnata da Ferruccio Laviani nel 1999 e oggi prodotta con un polimero rinnovabile di seconda generazione derivato, in gran parte, da scarti industriali della cellulosa e della carta, certificata ISCC.

“Certamente, la pandemia ha fatto rivalutare la casa alle persone, costrette a starci, ma noi avevamo impostato questo percorso molto prima. Avevamo un’idea chiara: non aspettare che il cliente arrivi in negozio, ma attirarlo, accendere la sua curiosità e la sua emozione. Venivamo da una costruzione importante della nostra immagine e modo di presentarci, di concepire i nostri spazi. Una sensibilità che, probabilmente, avevo dentro di me per le mie esperienze nella moda e, non appena ho potuto, l’ho fatto. Perché non si può fare se non ci sono le possibilità, bisogna fare quadrare numeri e progetti, e non perdere denaro. Io, però, volevo parlare al cuore con le vetrine, anche se abbiamo potenziato il canale digitale che è fondamentale e non fa concorrenza a quello fisico. Abbiamo lavorato, insomma, ma siamo stati anche fortunati”. Fortuna, forse, ma anche capacità di accogliere quello che il tempo dona, rovesciando le avversità in opportunità.

Entro quest’anno, vogliamo convertire il nostro catalogo in buona parte con elementi green e produrre la maggior parte del packaging con materiale riciclato e riciclabile.

Sul piano dei negozi, Luti ha “rinunciato alla logica di mostrare elenchi di oggetti staccandoli dalle pareti e arredando le vetrine per trasformarle, assieme ai negozi, in spazi accoglienti”. Su quello del catalogo, “prendendo atto di un anno in cui è cambiato profondamente il modo di vivere, ma forse non il modo di essere”, ha introdotto nuovi colori di alcuni prodotti-simbolo, che diventano più opachi, ma anche più chiari, e soprattutto spingendo nella dimensione della sostenibilità. “Ci siamo impegnati ad adeguarci alle linee di indirizzo del piano dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile approvata dal Consiglio generale dell’ONU. Entro quest’anno, vogliamo convertire il nostro catalogo in buona parte con elementi green e produrre la maggior parte del packaging con materiale riciclato e riciclabile”. In tutto questo, Luti continua a divertirsi ed emozionarsi, incontrando tutti i giorni i suoi designer, “grandi creativi tutti molto diversi fra di loro, come diversi sono i materiali che usano. Li incontro personalmente tutti i giorni, in un mese li vedo tutti, regolarmente. Mi diverto e provo molta emozione a lavorare direttamente con loro, a toccare i prototipi, a decidere il nuovo catalogo di cui sono fiero perché fa capire anche come devono essere usati i nostri tanti prodotti che corrispondono alle nostre idee, ma anche a quelle del mercato, a quello che vogliono le persone. Credo che questa cifra sia la chiave di Kartell e che questa sintonia porti risultati positivi e un messaggio positivo in giro per il mondo”.

Re-Chair, sedia progettata da Antonio CItterio realizzata in tecnopolimero termoplastico riciclato con carica minerale.

A proposito di mondo, ci domandiamo se si tornerà a Milano ad ammirare il design, ma non solo. Dopo la cancellazione dello scorso anno, lo slittamento a settembre non sembra un bel segnale. Luti si ferma un momento, quasi sorpreso (questa conversazione risale a prima delle sue dimissioni da presidente del Salone, NdR). “Nessuno può mettere in discussione il Salone. Perché è cultura italiana e parla lo stesso linguaggio del paesaggio che tutti ci invidiano. Il linguaggio dell’abitare e dello stare bene. Il linguaggio universale della passione, di ritrovarsi tutti assieme nel segno del bello. Il Salone è tutto per noi, è il nostro primato, di scambi e di relazioni irrinunciabili. È anche il simbolo della nostra capacità di chiamare tutti a Milano per mostrare la nostra creatività, capacità, visione. Abbiamo bisogno del Salone e speriamo che Mario Draghi ci aiuti col vaccino. La pandemia ci ha fatto fermare e riflettere sui valori veri: la famiglia, l’amicizia, la passione, il lavoro. Adesso è tempo di ripartire e di ripensare ad accogliere il mondo”.

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