La complessa geopolitica dei cieli

In seguito all’attacco russo, il Direttore Editoriale Walter Mariotti analizza la delicata politica dello spazio aereo ucraino, chiuso per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su DomusAir n.4, aprile 2022.

Il 24 febbraio 2022 è una data che rimarrà impressa nella memoria recente. E che sarà studiata con attenzione dagli storici del futuro. In quel giorno, infatti, come prima risposta all’attacco russo, lo spazio aereo ucraino è stato chiuso ai voli civili per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale. Non solo. L’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (Easa) ha scritto che anche volare nelle regioni confinanti poteva essere pericoloso. Così, anche la Moldavia, a sud-ovest dell’Ucraina, ha chiuso il suo spazio aereo, mentre la Bielorussia, a nord, ha impedito ai voli civili di passare su una parte del proprio territorio. Secondo l’Easa, lo spazio aereo entro 100 miglia dai confini dei Paesi limitrofi all’Ucraina avrebbe potuto presentare rischi per la sicurezza. “La presenza e il possibile uso di un’ampia gamma di sistemi di guerra a terra e in aria pone un alto rischio per i voli civili che operano a tutte le altitudini e livelli di volo”.

Una rappresentazione plastica della situazione è il sito Flightradar24, che mostra in tempo reale tutti i voli e le rotte del mondo. A quasi un mese di distanza, sopra l’Europa, in direzione est, si intravede un vuoto che corrisponde quasi perfettamente all’Ucraina. In questo spazio, non ci sono simboli di aerei che invece affollano lo spazio attorno. Il problema è però che non si tratta solo di una rappresentazione, ma della realtà. La no-fly zone non è solo un’interpretazione ma è l’essenza stessa di quello che stiamo vivendo. Per questo i governi che aderiscono alla Nato sono stati contrari all’invito del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che chiedeva l’istituzione della no-fly zone europea. Perché lungi dall’essere una scelta di sicurezza dei voli civili, quella scelta rappresenterebbe l’ingresso in guerra della Nato. Perché la mappa del cielo, i suoi confini e le sue regole sono importanti ormai come e più di quelli terrestri. Perché gli aeroporti e le strutture di relazione ad essi collegati sono il vero punto nodale nell’era che stiamo vivendo.

A differenza del passato, anche recente, in cui erano solo uno dei molti sistemi di collegamento, di certo il più avanzato ma anche il più fragile, oggi gli aeroporti disegnano le vere mappe geopolitiche e dunque il redesign delle nazioni e dei rapporti di forza. Un esempio recente per quanto diverso è stata la pandemia di Covid-19 che, interrompendo di oltre il 90% i voli civili, ha chiuso di fatto la terza globalizzazione, aprendo una nuova dimensione mondiale che sembra la continuazione della precedente ma in realtà è completamente diversa, come stiamo vedendo giorno dopo giorno. Una realtà che sta operando un redesign di tutte le relazioni a ogni livello e in cui gli aeroporti e le infrastrutture di trasporto ad essi collegati sono sempre più cruciali.

Al di là dell’amarezza e la preoccupazione del momento, tutto questo conferma il valore dell’intuizione di DomusAir, che resta un luogo di riflessione critica sulle infrastrutture intermodali che tengono al centro gli aeroporti, generando una nuova dimensione per la geopolitica, l’economia, la finanza, la sociologia. In una parola per la storia del XXI secolo, che non solo non è finita, come pensavano qualche anno fa alcuni intellettuali di ventura, ma che sta ridefinendo gerarchie, densità e ordini globali inaspettati e purtroppo non sempre piacevoli. Noi ci saremo.

Copertina di DomusAir n.4, aprile 2022

Immagine di apertura: Pelli Clarke Pelli Architects, Salesforce Transit Center, San Francisco, Usa, 2018. Foto Jason O'Rear

DomusAir

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