Quello di Renzo Piano è molto più di un ponte

Il Ponte Genova San Giorgio, che sorge laddove c'era il Ponte Morandi, crollato il 14 agosto del 2018, non è un semplice viadotto, ma racchiude un’idea di sviluppo per la visione futura della città.

Sarà un ponte semplice e parsimonioso, ma non banale. Un ponte sobrio, nel rispetto del carattere dei genovesi». È un approccio antropologico all’architettura quello che fin dal principio, nelle ore confuse e drammatiche seguite alla tragedia del crollo del Ponte Morandi, Renzo Piano aveva già in mente tratteggiando quello che poi è diventato, 22 mesi dopo, il Ponte Genova San Giorgio.
Lasciandosi alle spalle la retorica dei giorni orgogliosi dell’ultimazione a tempo di record dei lavori, la ricucitura viabilistica di una ferita urbana oltre che umana, a quasi un anno dall’inaugurazione, si è trasformata in simbolo di rinascita.
L’opera architettonica, ingegneristica e senza dubbio anche paesaggistica del Ponte disegnato da Piano, progettato da Italferr e costruito dal consorzio PerGenova (Webuild e Fincantieri Infrastructure), è entrata nella routine dello scenario visivo di un contesto fragile qual è la città in questo versante ad alta antropizzazione della Val Polcevera.
La necessità di riconnettere i rami stradali esistenti, lato ponente, delle gallerie di Coronata e, lato levante, dagli svincoli verso l’autostrada A7, è stata la base per il tracciamento degli assi viari del nuovo ponte e della nuova rampa di immissione verso ovest. 

La «scia luminosa» del ponte in notturna (il lighting dell’opera è di iGuzzini). Di giorno riflette la luce e assorbe energia solare, di notte la restituisce.

Un’opera che costituisce un nodosnodo fondamentale per le connessioni stradali e i trasporti di Genova, della Liguria e di tutto il quadrante Nord-occidentale del Paese, e nello specifico un fulcro del ripensamento e dell’armonizzazione non solo tra le due metà della città, ma anche tra la collina e la costa, tra viabilità urbana, extraurbana e portuale, con i circa 5 mila automezzi che ogni giorno transitano per e dal porto. È la risposta al bisogno di una città costruita in salita ed estesa sul mare, non solo fisicamente ma anche come proiezione di destino, come vocazione verso il mondo: così è stato per Genova per oltre mille anni, e questa continua a essere oggi la prospettiva di sviluppo.

Il dettaglio del punto di appoggio dell’impalcato sulle pile che sorreggono il viadotto. Il sistema consente al ponte di “respirare” senza impattare sulla sua stabilità e resistenza

A questa necessità anche metaforica (oltre che strutturale), la visione progettuale ha risposto con il concetto di un «ponte urbano», come lo descrive Piano, attento non solo alle funzioni infrastrutturali, ma anche alla relazione con il contesto circostante. Con le specificità anche estetiche dello spazio in cui si colloca, a partire dal dialogo tra sguardo, luce, respiro del mare. «Puoi raggiungere Genova in due modi», ha scritto Piano, «dal passo del Turchino, ed è il momento in cui, superate le ultime gallerie, si vede il mare, oppure dalla valle del Polcevera, con la scoperta della luce di Genova che arriva improvvisa percorrendo il grande raccordo, ed era così già attraversando il ponte Morandi.
Perché Genova ha una particolarità: il mare si trova a sud, la luce tocca l’acqua e rimbalza sulla città. E questo le conferisce una luminosità tutta particolare», ha spiegato Renzo Piano. «Per questo abbiamo lavorato a lungo sul bordo. Il ponte, non avendo nessuna superstruttura, e avendo un bordo trasparente, permette di vedere verso le vallate e verso il mare»

La contestualizzazione urbanistica del ponte che scavalca il torrente Polcevera collegando in maniera armonica le due parti della città di Genova.

I criteri visivi dettano così gli accorgimenti strutturali e le specificità dell’opera. La geometria a ellisse delle pile in cemento armato che lo sorreggono, prive di angoli netti, permette alla luce di “scivolare” sulla superficie, mitigando così l’impatto visivo e la presenza nel contesto urbano. L’impalcato ha una forma che richiama la carena di una nave ed è isolato rispetto alle pile attraverso l’utilizzo di apparecchi di appoggio che consentono al ponte di respirare senza che vi sia alcuna influenza sulla sua stabilità e resistenza. Un sistema che ha consentito l’ottimizzazione delle strutture, delle sottostrutture e in particolar modo delle fondazioni, limitandone le dimensioni (e quindi l’impatto) in un contesto fortemente urbanizzato.

Renzo Piano con il suo collaboratore Stefano Russo davanti uno dei primi disegni del progetto.

Ma il ponte San Giorgio è anche un’avanzatissima macchina tecnologica: un complesso sistema di sensori interni costituito da accelerometri, estensimetri, velocimetri, inclinometri e rilevatori della dilatazione dei giunti e degli spostamenti differenziali fornisce in continuazione dati sul comportamento di ogni parte della struttura, sviluppando la creazione di una banca dati che potrà essere studiata e monitorata costantemente, diventando una base per la progettazione futura di infrastrutture della stessa tipologia. Di grande importanza, dal punto di vista architettonico, è la forma dall’impalcato: la riduzione graduale della sezione verso le estremità del ponte attenua l’impatto visivo della nuova infrastruttura, e l’utilizzo di un colore chiaro per la verniciatura degli elementi in acciaio rende la struttura luminoso, armonizzando la sua presenza nel paesaggio. Un’attenzione estetica costante, insomma, un’opera che assolve a una funzione ma al contempo veicola un messaggio che va oltre.

Connessi con il Mondo
di Marco Bucci,  sindaco di Genova.

Il progetto di Renzo Piano rispecchia la nuova Genova, che ha progetti architetturali, urbanistici e strategici indirizzati al business mondiale. Se negli ultimi 30 anni gli investimenti delle aziende statali hanno perseguito una visione della città chiusa su stessa, creando l’attuale deficit infrastrutturale, ora si punta sull’apertura internazionale, come avveniva ai tempi della Repubblica di Genova.
Ecco perché vogliamo innanzitutto che il porto sia nella città e la città sia nel porto. Il progetto di rigenerazione del waterfront, oggi in fase esecutiva, riguarda quindi la sua trasformazione da area a uso portuale a zona urbana a tutti gli effetti, portando alla creazione di un vero e proprio “parco urbano portuale”, volto a spostare verso mare il baricentro della città, con ricadute positive sul processo di recupero del confinante centro storico, che è oggetto di un altro progetto di rigenerazione (denominato “Caruggi”). All’interno di quello che sarà il nuovo parco sotto il Ponte Genova San Giorgio, Stefano Boeri Architetti ha poi ideato il Cerchio rosso, un anello di acciaio che, passando sotto il nuovo viadotto, abbraccerà un territorio di ferro, acqua, cemento e asfalto, un elemento simbolico e manifesto di una ricucitura urbana tra le due sponde della vallata, che creerà collegamenti prima impossibili, permettendo a ciclisti e pedoni di muoversi ovunque. 

Ci siamo dati delle tempistiche precise e un metodo operativo che ci ha portato in poco tempo ad inaugurare il San Giorgio, creando un nuovo modello di lavoro per il Paese e un simbolo di rilancio per la città.

Per un’apertura internazionale sono necessarie infrastrutture internazionali, sia fisiche che digitali: quest’estate nuovi cavi sottomarini arriveranno a Genova dal Mediterraneo portando circa 500 tera bit al secondo: ciò significa che il maggior transito al mondo on line passerà dalla nostra città. In questo scenario si inquadra anche il progetto di ampliamento e ammodernamento del terminal passeggeri dell’Aeroporto Cristoforo Colombo, i cui lavori sono in fase di avvio.
Nel 2025, inoltre, elimineremo totalmente la carbonizzazione dovuta al trasporto pubblico locale e avremo il primo porto d’Europa completamente ecosostenibile: tutta l’energia, sia quelle delle navi sia quella degli operatori, sarà blu o verde. Per cambiare volto a Genova bisogna pensare globalmente, ma agire localmente. Così abbiamo lavorato anche alla ricostruzione del viadotto Polcevera.
Quando nell’ottobre del 2018 l’allora presidente Conte mi propose il ruolo di Commissario straordinario per il nuovo Ponte, accettai senza riserve. Come sindaco, non mi sarei mai potuto sottrarre a questa responsabilità. L’ho fatta mia, subito. Ci siamo dati delle tempistiche precise e un metodo operativo che ci ha portato in poco tempo ad inaugurare il San Giorgio, creando un nuovo modello di lavoro per il Paese e un simbolo di rilancio per la città.

Le Dimensioni:
ll Ponte Genova San Giorgio, realizzato in acciaio e calcestruzzo, ha una lunghezza di 1.067 m., una larghezza di 30,8 m., si sviluppa a un’altezza di 56 m. sul livello del mare
Le Pile:
Il ponte poggia su 18 pile di forma ellittica di 4 x 9,50 m., con un passo costante di 50 m., ad eccezione delle tre campate centrali che, attraversando il torrente Polcevera e le aree ferroviarie, hanno un passo di 100 m.
Il viadotto:
ha una sezione curva, alta complessivamente 4.80 m. in mezzeria, realizzata con una struttura mista acciaio-calcestruzzo. La parte in acciaio dell’impalcato è costituita da tre conci trasversali, realizzati con lamiere di differenti spessori per una larghezza totale di 26 m.
Immagine in apertura:
una Una prospettiva del ponte che consente di ammirare la leggerezza della struttura

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