Testify! The Consequences of Architecture

Presentato in occasione di una mostra al NAi di Rotterdam, il libro raccoglie venticinque progetti legati da una comune attenzione per i rapporti complessi tra contesto e intervento spaziale.

Testify! The Consequences of Architecture, a cura di Lukas Feireiss con Ole Bouman, NAi Publishers, Rotterdam, 2011 (pp. 240)

L'architettura può davvero cambiare il mondo o in realtà è solo uno strumento dei ricchi e dei potenti per imprimere permanentemente il segno della loro ricchezza e del loro potere nella memoria dell'umanità? È la grande domanda sottesa al libro Testify! The Consequences of Architecture, presentato in occasione di una mostra al Nederlands Architectuur-instituut (NAi) di Rotterdam.

Il critico berlinese Lukas Feireiss ha riunito 25 progetti di tutto il mondo dedicati a trasformare ex novo il loro contesto. Un museo in Giappone, un palazzo d'appartamenti a basso prezzo a Città del Messico, delle scuole in Sudafrica, in Afghanistan e in Cina, delle biblioteche in Mali, in Germania e in Tailandia. Questi progetti spesso sono collegati a contributi per lo sviluppo e quasi tutti richiedono la collaborazione di partner locali, popolazione e gruppi d'iniziativa.

L'Ahmed Baba Center di Timbuctu, progettato dallo studio sudafricano DHK Architects, è un caso esemplare. Conserva manoscritti storici arabi a partire dal XII secolo, testimonianza della storia intellettuale africana, che trattano di medicina, astronomia, teologia e giurisprudenza. L'edificio, costruito in collaborazione con artigiani locali, è stato in gran parte realizzato con mattoni d'argilla; l'organizzazione degli interni si fonda sull'urbanistica tradizionale di Timbuctu: percorsi interni ombrosi garantiscono il condizionamento naturale degli ambienti e anche il magazzino sotterraneo degli insostituibili manoscritti è mantenuto fresco, per quanto possibile, con mezzi naturali. L'idea è che l'Ahmed Baba Center diventi un attivo luogo d'incontro e di comunicazione, nonché un centro di formazione profondamente radicato nella storia locale.

Vista della mostra Testify! The Consequences of Architecture, 1 luglio – 13 novembre 2011, Nederlands Architectuur-instituut (NAi), Rotterdam

Proprio questo è il genere di progetti raccolti in Testify!. Gli edifici non sono solo costruiti in modo ecologico e sostenibile, ma assolvono anche a compiti sociali e culturali: una raccolta di esauriente 'architettura di buona volontà'. Si tratta di progetti realizzati sia nei paesi in via di sviluppo sia nel mondo sviluppato. Ecco per esempio il centro sociale per un villaggio di SOS Children di Chicago al quale, per ridurre i costi, lo studio Gang Architects ha anche donato i materiali. A Saragozza lo stupendo progetto Estonoesunsolar è attivo dal 2009: adotta spazi pubblici e li riprogetta per la comunità, coinvolgendo i cittadini e con costi ridottissimi.

Feireiss parla anche del progetto d'arte Inujima dello studio giapponese Hiroshi Sambuichi Architects. In un'isola giapponese, sull'area di un'ex impianto metallurgico, è stato costruito un museo la cui realizzazione non ha richiesto nessun carburante fossile. Il progetto prevedeva la costruzione dell'edificio esclusivamente con materiali locali e con i resti dell'impianto metallurgico. Per di più la gestione quotidiana dell'edificio è stata concepita in modo da non utilizzare energia che non possa essere prodotta autonomamente. Infine anche i contenuti sono ecologici: il museo educa i visitatori a reciproci rapporti rispettosi dell'ambiente.

Testify! The Consequences of Architecture, a cura di Lukas Feireiss con Ole Bouman, NAi Publishers, Rotterdam 2011

Quindi costruire un mondo migliore è possibile? Leggendo dei venticinque progetti di Testify! si ha la sensazione positiva che le idee per migliorare la qualità della vita siano numerose, anche per i popoli più poveri del mondo; che l'istruzione, l'arte, la cultura e l'ecologia siano valori trasmissibili; e che si possano anche conciliare con la progettazione di costruzioni di notevole valore estetico.

Un'altra qualità del libro è che la prospettiva, di solito così centrata sugli edifici, è integrata dall'attenzione per le persone. Agli inquilini, agli utenti, ai vicini, ai committenti e ad altre figure coinvolte nel progetto viene permesso di far sentire la loro voce, cosa che molto raramente è consentita agli architetti. In brevi interviste il libro analizza l'evoluzione dei progetti dopo il loro compimento e la misura in cui sono stati in grado di soddisfare i requisiti sociali, politici, economici e culturali dei loro obiettivi. Al centro dell'attenzione qui non c'è la qualità estetico-spaziale dell'architettura, ma la prova che essa dà di sé giorno per giorno.

"A quanto pare gli architetti in generale imparano pericolosamente poco dai loro edifici", commenta Feireiss nella prefazione. "La maggior parte degli architetti non ritorna mai sugli edifici che ha progettato una volta che sono stati costruiti, e quindi sa molto poco della loro vita successiva. Scoprire che cosa accade realmente dopo che un edificio è compiuto, pare non interessi a nessuno." Una critica d'architettura degna di questo nome deve perciò occuparsi proprio di questo: degli edifici non bisogna parlare il giorno dell'inaugurazione, quando sono vuoti e privi di segni dell'uso, scintillanti al sole; è meglio discuterne un anno dopo, quando utenti e visitatori possono essere intervistati su come hanno concretamente funzionato i concetti spaziali e su come l'edificio è stato capace di cambiare ciò che gli sta intorno.

Al centro dell'attenzione qui non c'è la qualità estetico-spaziale dell'architettura, ma la prova che essa dà di sé giorno per giorno.
Vista della mostra Testify! The Consequences of Architecture, 1 luglio – 13 novembre 2011, Nederlands Architectuur-instituut (NAi), Rotterdam

Feireiss non crede affatto che l'architettura sia da sola capace di realizzare un cambiamento ex novo. Più della metà dei progetti presentati riguardano iniziative sociali, politiche e artistiche: uno dei progetti è Bogotá Change, con cui dal 1991 nella capitale della Colombia si sono favoriti i trasporti pubblici e i percorsi ciclabili. Poi c'è il Cinema Jenin, progetto di una sala cinematografica in un campo di profughi palestinesi. Anche il mazzo di carte Drivers of Change ("Motivi di cambiamento") in uso presso la società multidisciplinare Arup per i suoi seminari fa parte dei progetti analizzati.

"Questi progetti", scrive Feireiss, "sono tutti collegati da una generale attenzione per i rapporti complessi tra contesto e intervento spaziale, e da una profonda conoscenza del potere di cambiamento dell'architettura nel tempo". Se quindi presumiamo che l'architettura determini il modo in cui viviamo insieme e sia in grado di cambiare il modo in cui lo facciamo, dobbiamo anche chiederci se l'architettura debba limitarsi soltanto agli edifici. Oppure esistono imprese architettoniche che affrontano i loro obiettivi con una strategia che si permette di chiedersi se, per raggiungere tali obiettivi, sia davvero necessaria una costruzione? Ai bisogni di una comunità spesso si risponde in maniera molto più duratura attraverso un cambiamento politico, sociale, giuridico o culturale che non attraverso un edificio.

Di conseguenza l'insieme presentato in Testify! è suggestivo quanto colorito e audace. I lettori sono invitati a far di più che limitarsi a ripensare le loro opinioni su che cosa potrebbe e dovrebbe proporsi l'architettura; si chiede loro anche di pensare ai mezzi di cui l'architettura potrebbe servirsi. In ogni caso ritornare agli edifici per intervistare chi ci vive è un punto di vista estremamente interessante. Non sono solo gli architetti a poter imparare molto da questo atteggiamento.

Florian Heilmeyer, critico e saggista, vive a Berlino. Scrive per varie riviste d'architettura europee, è direttore del sito web tedesco baunetz.de e editorialista della rivista MARK.