Smart glasses, un mondo misto di architetture virtuali e realtà

Sono candidati a sostituire gli smartphone nel corso del decennio, in parallelo all'accrescimento della realtà per mezzo di dati e artefatti digitali.

Il CES Unveiled è il party di New York che si tiene pochi giorni prima dell'inizio della fiera tecnologica più importante del mondo qualche migliaio di chilometri più a ovest, a Las Vegas. In questa occasione, tra gli altri, sono stati presentati quest'anno al pubblico ristretto del Metropolitan Pavillion i nuovi occhiali intelligenti Norm di Human Capable, un'azienda con sede in Florida. Pochi giorni dopo, il 7 novembre, il dispositivo di realtà aumentata ha vinto 9 premi CES, tra cui quello come migliore innovazione nella categoria dedicata a cuffie e audio personale. In sintesi gli occhiali Norm sono “uno smartwatch da viso”, come li ha definiti Amelia Kallman di The Big Reveal. Sommano funzionalità AR e aspetto da occhiali normali. Dotati di un mini-computer con sistema operativo basato su Android, sono dotati di doppi altoparlanti, audio open-ear e un display un display trasparente che colloca i dati nel campo visivo dell'utente – head-up display, HUD in breve. Utilizzano un assistente digitale ad attivazione vocale, ma l'elemento più convincente è che sembrano in tutto e per tutto dei comunissimi occhiali. Si ripiegano e possono essere riposti in una custodia quando non utilizzati; il peso è inferiore a quello di un paio di Ray-Ban Wayfarers. Si possono usare per telefonare, ascoltare musica, scattare foto o vederle, video, controllare le notifiche dei social e altro ancora.

Con gli occhiali smart di Apple attesi per quest'anno è facile aspettarsi che nei prossimi mesi arriveranno altri esempi di questo tipo di dispositivi. Intanto, qualcosa lentamente si muove. Samsung, un'azienda che si è concentrata più sul VR che sull'AR finora, ha presentato un prototipo di occhiali con cavo durante il suo keynote, durante la demo di una sessione di fitness connessa; ma non è chiaro come funzionino e dopo tutto è stato Ballie a rubare la scena, quest'anno. Gli Hololens 2 sono sicuramente il dispositivo più futuristico di Microsoft, ma con un prezzo di 3500 dollari restano esplicitamente destinati a un uso professionale e difficilmente contribuiranno a rendere popolare questo genere di dispositivo. Nel 2019 si è parlato tanto degli occhiali di Bose, brand specializzato nell'audio, e un po' meno (immeritatamente) di quelli di Huawei in collaborazione con Gentle Monster; entrambi dispositivi di realtà aumentata audio,  fondamentalmente AirPod integrati dentro alla montatura di un paio di occhiali, prima o poi ci si potrebbe aspettare un upgrade con un HUD in entrambi i casi. E qualcosa di nuovo potrebbe arrivare anche da Magic Leap, un'azienda pioniera nel mondo della realtà mista e aumentata – è stata fondata nel 2010 –, anch'essa con sede in Florida. Durante il CES Zuckerberg ha scritto su Facebook gli smartphone saranno un dispositivo fondamentale anche in questo decennio, ma che si aspetta anche a un certo punto nel 2020 “dei rivoluzionari occhiali di realtà aumentata ridefiniranno il nostro rapporto con la tecnologia”.

Nreal Nebula environment mixes digital and real elements
Nreal Nebula unisce elementi digitali e reali

Al primo CES del nuovo decennio il premio l'hanno vinto i Norm Glasses, ma uno sguardo sul futuro arriva dalla Cina. Nreal è un'azienda di Zhongguancun, “la Silicon Valley di Pechino“, che mira a “rendere disponibile e accessibile a tutti la realtà mista“. Gli occhiali Light, presentati l'anno scorso, offrono un'esperienza di realtà mista, sono più ingombranti dei Norm e hanno bisogno di uno smartphone cablato per funzionare. Il dispositivo in sé non è quindi così intrigante. Ma è il software che fa la differenza: Nebula di NReal è un sistema operativo che fa da ambiente virtuale nel quale la realtà viene integrata da schermi virtuali e rendering bidimensionali di applicazioni Android. Per esempio, si può evocare un display per guardare i video di YouTube e posizionarlo nel proprio salotto, posizionando widget che fluttuano nell'aria e fissandoli su una parete casa o in ufficio. Oppure si possono creare schermi persistenti che incorniciano una selezione di app e che diventeranno parte dell'arredamento. Una sorta di mobilio virturale. Un ambiente di questa realtà mista, o alcuni elementi dello stesso, possono poi essere condivisi con altri utenti Nreal. Evocare un display virtuale per mostrare le foto delle vacanze quando si incontra un amico per una birra, per esempio. Basta inforcare entrambi gli occhiali del produttore cinese. E come si può immaginare accanto alle possibili applicazioni di svago c'è un potenziale enorme per le quelle aziendali.

Pokémon Go

La realtà aumentata fa parte del nostro immaginario comune da qualche anno. Il romanzo di William Gibson del 2007 Guerreros prende le mosse dall'indagine della protagonista Hollis Henry, il quale si trova a Los Angeles sulle tracce di un artista che colloca in luoghi particolari la rappresentazione  digitale della morte di personaggi famosi. Più recentemente Apple ha lanciato un'esperienza di realtà aumentata nei suoi store progettati dallo scultore e performer americano Nick Cave, insieme a sessioni di laboratorio progettate dall'artista ed educatrice Sarah Rothberg. Le applicazioni per smartphone come Echoes permettono a tutti di esplorare o addirittura di creare esperienze virtuali geolocalizzate; giochi come Pokemon Go hanno spinto oltre questo semplice concetto, creando una convergenza tra spazi reali e oggetti digitali che li abitano ovunque nel mondo, ma all'interno del recinto protetto di una applicazione. WallaMe è un'app per smartphone che consente agli utenti di nascondere e condividere messaggi nel mondo reale. Con la app di Ikea si possono collocare mobili virtuali nell'ambiente casalingo per valutare un acquisto. E così via.

Tuttavia finora l'esperienza di consumo più ampia dell'AR è limitata all'epifenomeno ultra popolare dei filtri Snapchat e Instagram, che valorizzano gli artefatti digitali come ornamento per sé stessi. Alcuni creatori esplorano i confini di questo surrogato temporaneo e fantasioso della chirurgia estetica, come l'artista digitale irlandese David OReilly, autore di Everything, un videogioco che lui stesso ha definito come “un simulatore di tutto”; It's always you is a filter che crea una cosmologia virtuale basata sui tratti del volto dell'utente, mentre Simulation è un'esperienza AR di un feto. Ma l'accesso alla realtà aumentata che gli occhiali intelligenti introducono utilizza elementi digitali come parte del nostro ambiente condiviso, con uno stato ontologico radicalmente diverso. Erano ornamenti, diventeranno interfacce. E parte dei nostri spazi pubblici e privati. Come uno strato digitale poggiato sul mondo reale e che continua a evolversi, nel quale oggetti simili a quelli di cui abbiamo finora avuto esperienza solo nei videogiochi diventeranno parte della nostra esperienza quotidiana aumentata. Ovviamente, è un mondo completamente nuovo, che andrà progettato da zero.

Foto di apertura: Nick Cave per APPLE [AR]T Walk.

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