Senza spingersi e senza strattonarsi, qui vivono bambini, uomini e donne. Sotto la luce islandese hanno lo stesso aspetto e condividono calore e speranze in una piscina al neon, nelle città tutte uguali ma con un nome diverso. Dei ragazzi fanno a gara a spingere un carrello della spesa, una madre compra solo cibi con scatole colorate e un anziano si immerge in una pozza d’acqua calda a 41°. In un oceano di colori e in un mare di strade vuote, non ho nessuna idea di dove fossi io o di dove sarò alla loro età.
Come fotografare l’Islanda senza necessariamente rappresentarla per quello che è (bellissima)? In 13 giorni e 2994 Km percorsi, ho cercato di rompere lo specchio e non raffigurarla come la terra dei fiumi, dei vulcani e degli sconfinati ghiacciai, ma fotografandola in maniera piuttosto asettica, cosicché, per una volta, possiamo allontanarci dall’esplosione della natura e vivere nei colori, dando voce alla minoranza dell’isola: l’uomo.


Luca Arena (1988) è nato il primo giorno di primavera alle 9:00. È daltonico da 29 anni e ogni giorno cerca di farsene una ragione. Ha studiato economia e marketing presso l’Università di Pisa e nel tempo libero si dedica a viaggi e reportage fotografici. Per le sue fotografie si ispira ai quadri di Edward Hopper, David Hockney e Mark Rothko, nonché alle fotografie di Luigi Ghirri e Josef Hoflehner. Ha all’attivo diverse mostre personali e collettive. Il suo recente lavoro “Impersonalism: Tenerife” è stato presentato allo Spazio 32 – Fondazione Carispezia di La Spezia.