La crisi generalizzata dell'economia spagnola ha origini molteplici, essendo complessa quanto la prospettiva capitalista della società moderna. Ma la bolla immobiliare è certamente una di queste origini, ed è chiaramente evidente che riguarda direttamente l'attività dell'architettura di oggi. La Spagna, dal suo ingresso nell'eurozona, ha vissuto un lungo periodo di rapida espansione e parecchie attività economiche si concentravano nel settore dell'edilizia. In questo contesto, una delle riflessioni più frequenti riguarda i rapporti tra architettura, politica ed economia. Grazie alle sovvenzioni concesse al sistema bancario, agli errori del governo nel rispondere al rallentamento della loro economia dopo l'esplosione della bolla e alla perdita di fiducia nella sfera d'azione della democrazia, gli architetti sono per così dire costretti a ripensare la loro professione e a reagire a una nuova situazione di perenne mutamento. Nel frattempo dobbiamo essere consapevoli che l'architettura ha rivestito un ruolo importante del determinare la fisionomia di questa situazione, in cui il tasso di disoccupazione cresce di giorno in giorno. Non bisogna dimenticare che non molto tempo fa, nel 2006, la Spagna veniva lodata e considerata un esempio di sviluppo economico, ed era diventata l'epicentro dell'architettura d'avanguardia. Di fatto la mostra On–Site del Museum of Modern Art di New York veniva citata con orgoglio da parte del governo e delle imprese; e non si può negare che praticamente ogni architetto di Spagna avrebbe desiderato parteciparvi. Ma, nel 2008, per gli architetti spagnoli tutto è cambiato, e questa difficile situazione è stata anche un terreno fertile da cui sono emerse proposte nel campo dell'attivismo, dello spazio pubblico, dell'economia e – non dimentichiamolo – dell'architettura. Bel al di là del concetto di tendenze come il "verde" e l'"ecologico", si parla qui di sviluppi a lungo termine.
La metamorfosi della prassi architettonica negli anni recenti deve adattarsi a nuovi scenari per i quali gli architetti hanno bisogno di trovare nuove risposte, come Constant con la sua idea di Nuova Babilonia: "Una città diversa per una vita diversa". Se politici ed economisti non mostrano sensibilità per lo spazio urbano come spazio di creazione di rapporti, come luogo dove giocare e divertirsi, ma anche come spazio per prendersi cura delle persone, bisogna fare un passo in più. Stiamo parlando di un Paese in cui uno degli effetti più traumatici della crisi sono gli sfratti, che riguardano direttamente il lavoro degli architetti in una situazione complessa, che in parecchi casi implica speculazioni da parte del settore della finanza. La sezione locale della Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH) valuta che circa 200 famiglie ogni giorno vengano espulse dalle loro case. In questo contesto, ciò che sta sotto la rabbia e la frustrazione può essere un forte catalizzatore del cambiamento. Ma il confine tra pessimismo e ottimismo è molto fragile, e talvolta è semplicemente difficile reagire quando i vicini attendono l'arrivo della polizia, che li caccerà di casa, o quando il governo annuncia che metterà dei lucchetti sui bidoni della spazzatura cittadini per impedire alla gente di cercarci del cibo.
In qualche modo, come sta accadendo in Portogallo, le istituzioni statali si limitano a ignorare il conflitto che si delinea in questo settore. Abbiamo visto di recente, alla 13. Mostra Internazionale d'Architettura di Venezia, nel padiglione che aveva il compito di "rappresentare l'architettura spagnola" un'incredibile carenza di risposte a questa cruciale riflessione sulla situazione attuale del paese. Questo atteggiamento delle istituzioni costituisce per gli architetti una decisa motivazione a resistere alle difficoltà della situazione finanziaria. Ma, come ha scritto Lebbeus Woods, "un'architettura universale della resistenza non esiste. È sempre qualcosa di particolare, che risponde alla specificità di un luogo e di un tempo". Il particolare gesto di resistenza della Spagna si realizza attraverso varie proposte che sono, oltre che appelli ad agire, anche critiche. Piccoli collettivi e piccoli gruppi hanno iniziato a elaborare progetti su scala differente, per lo più fondati sull'idea di "architettura non commissionata", che discende dalla filosofia del "fai-da-te" o del "fallo con gli altri", e i movimenti civili come #15M e #SpanishRevolution hanno facilitato il processo di interazione tra le varie discipline, arricchendo l'esperienza di ogni partecipante. In questo contesto possiamo affermare che la crisi spagnola può servire da lente d'ingrandimento attraverso la quale osservare il futuro dell'architettura.
Negli ultimi cinque anni il motore principale della storia umana è cambiato radicalmente. Il capitalismo – così come lo conosciamo – non è più un'alternativa possibile, mentre ciò di cui abbiamo bisogno sono l'esplorazione del quotidiano (la vie quotidienne proposta da Lefebvre) e la conoscenza della città dei rapporti. La crescente presenza delle tecnologie della comunicazione e degli strumenti digitali è uno dei punti chiave per capire come la rapidità della comunicazione e dell'organizzazione stiano creando nuovi scenari di auto-organizzazione. La città allora non è più un oggetto statico, ma è parte di un villaggio globale, in cui digitale e fisico sono parte di un unico sistema urbano. Invece di pensare negli stessi termini di un passato fondato per lo più sulla crescita economica, il nuovo processo decisionale permette ai cittadini di lavorare a stretto contatto con gli architetti per trovare soluzioni urbane e abitative. Come ha affermato Tiago Mota Saraiva "gli architetti dovranno essere dove c'è bisogno di loro". Credo che in Spagna certi architetti abbiano iniziato a capire dove c'è bisogno di loro e che stiano configurandosi i primi tentativi di realizzare un'architettura diversa. Di fronte al gran numero di costruzioni urbane abbandonate che si trova sul territorio spagnolo, alle aree urbane vuote nel bel mezzo delle città e agli spazi pubblici dimenticati, alcuni gruppi di giovani architetti stanno lavorando insieme con geografi, sociologi e persone appartenenti a un largo ventaglio di discipline che cercano di ritrovare il proprio posto, di affermare le loro opinioni su temi come la politica, l'economia, la disoccupazione e lo spazio urbano.
La fondamentale idea che la parola "costruzione" abbia oggi molti significati e una conoscenza pragmatica di tutte le possibilità che stanno dietro questa parola possono dare una potente spinta a nuovi comportamenti urbani. Invece di aspirare alla casa più bella è ora di mobilitarsi e lottare per la città più ricca di rapporti possibile.
