Il vastissimo e intricato mondo del gaming ama trasformare le città reali in mondi alternativi. Metropoli esistenti diventano scenari da attraversare o da distruggere: Londra è la casa di Assassin’s Creed Syndicate e la Parigi rivoluzionaria quella di Unity, Tokyo è diventata una quinta spettrale in Ghostwire e New York è la “casa” della serie Insomniac di Spider-Man per PlayStation. E poi c’è l’universo a parte di Grand Theft Auto, con il capitolo V ambientato a Los Santos, la città immaginaria ispirata a Los Angeles e raccontata anche in un documentario, mentre per il capitolo VI, che non sarà in circolazione prima del 2026, è stata scelta Miami, e si vocifera addirittura la possibilità che compaiano architetture esistenti “ufficiali”, non manipolate e senza nomi fittizi. E Milano? Raramente ha avuto spazio nei giochi. Ma in Stonemachia, il nuovo action souls-like sviluppato dal team italiano indipendente Crossfall games, la città italiana ha da subito un ruolo centrale, è la matrice da cui nasce il gioco stesso, insieme all’idea bizzarra – apparentemente senza senso – che il personaggio principale potesse essere uno scacco che combatte.
Una Milano fantastica che contiene i capolavori dell’architettura italiana
Combattere sulla Cattedrale di San Marco a Venezia, imbattersi in Santa Maria del Fiore a Firenze, e in molte altre ambientazioni ispirate all’architettura italiana, soprattutto a Milano: succede in Stonemachia, un videogioco in cui la realtà storica è manipolata dal fantasy.
Courtesy Crossfall Games
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- Francesca Critelli
- 06 luglio 2025
L’ambientazione è Medhelan, una Milano manipolata
“L’idea originale era ricreare Milano”, racconta Ivan Maestri, a capo del team di sviluppatori del gioco, “con una forte attenzione alla sua storia architettonica, ma in una versione particolarmente distorta”. E infatti, il main character – che è letteralmente uno scacco dal design sempre più complesso man mano che si sale di livello – combatte contro le vedovelle, le storiche fontane ottocentesche di Milano, e si ritrova in piazza Duomo con la cattedrale a fare da sfondo d’autore, o la Galleria Vittorio Emanuele in una versione “rivisitata” e il Castello Sforzesco.
Col tempo, però, Milano è diventata solo una parte dell’ambientazione, conservando il nome di Medhelan, l’antica denominazione celtica della città. “Questo progetto è nato durante il Covid, quando la ‘zona rossa’ impediva di muoversi liberamente, ecco perché inizialmente era ambientato solo a Milano” spiega Maestri, “Poi, da quando abbiamo avuto la possibilità di spostarci di nuovo liberamente, il progetto è cambiato e si è aperto al mondo”.
Ecco che quindi, spostandosi da un livello all’altro, compaiono architetture da tutta Italia: il Duomo di Siena, il Battistero di Piazza dei Miracoli a Pisa, ma anche una chiesetta avvistata sul Cammino del Viandante e architetture ispirate a Venezia. Anche l’arte non è stata risparmiata, come dimostra l’ambientazione ricreata all’interno della più famosa opera del Perugino, La consegna delle chiavi all’interno della Cappella Sistina. Non tutto è riprodotto pedissequamente, anzi, come accade spesso nel gaming, le architetture sono delle citazioni manipolabili, trasformabili all’occorrenza, pur rimanendo perfettamente riconoscibili. “Il Duomo di Milano è forse il landmark più importante, ma è stato disegnato con una fila in più di finestre per soddisfare meglio la percezione di chi gioca” svela Maestri a Domus. La Galleria Vittorio Emanuele, incastrata tra due architetture in stile gotico, è inavvertitamente a contatto con l’acqua, come se improvvisamente ci si trovasse nella laguna di Venezia (o sul Naviglio), e inquadra il Castello Sforzesco.
“Questo è il bello di progettare un videogioco: puoi realizzare una torre alta all’infinito, un palazzo sospeso a mezz’aria a testa in giù, e tutte le cose impossibili che ti vengono in mente, lasciando spazio anche alle combinazioni più improbabili”, come un dipinto surrealista o, tornando indietro nel tempo, un’opera di Pieter Bruegel, di cui infatti compare una citazione, con la rappresentazione digitale della Grande Torre di Babele.
Stonemachia è anche un gioco di scacchi, ma non troppo
A prima vista, quindi, Stonemachia sembra un souls-like ambientato in una sequenza di luoghi metafisici fatti di pietra e riferimenti storici. A ogni passo si combatte, si schivano i colpi e si resiste, ma il personaggio principale è inavvertitamente uno scacco. Parte da Pedone, per poi conquistare il potere di diventare Torre, Cavallo e Alfiere. “È una sorta di ‘scacchi action’, molto action e poco scacchi, in realtà” commentano gli sviluppatori.
Man mano che il gioco evolve, il design del personaggio diventa sempre più complesso, assumendo forme barocche e gotiche, come la Torre che diventa una vera e propria cattedrale in movimento. “All’inizio abbiamo scelto gli scacchi per una pura questione di difficoltà, perché animare le gambe in 3D è tutt’altro che semplice” dice Maestri, spiegando come siano riusciti a trasformare la limitazione tecnica di un team giovane in un’idea del tutto stravagante.
Ma qual è l’obiettivo? Raggiungere qualcosa di superiore, “il divino”, dicono, ma senza voler spiegare troppo, così come non hanno voluto spoilerare la regina nemmeno durante il Join the Indie 2025 a Milano, dove hanno presentato il videogame. Stonemachia spinge il giocatore a interrogarsi su cosa significhi salire, evolversi, costruire — e a chi serva davvero tutto questo. Attorno al protagonista si muovono nemici in pietra e creature chiamate “mammiferi” che sono la rappresentazione degli esseri umani, aventi come unico scopo quello di costruire, senza sosta, quello stesso mondo in cui si combatte.
Una community che costruisce (quasi) quanto i personaggi
A contribuire alla costruzione del mondo di Stonemachia non sono stati solo gli sviluppatori. Attraverso i social, il team ha avuto un dialogo diretto con chi seguiva il progetto fin dai primi mockup. “Volevamo che fosse chiaro che dietro Stonemachia ci siamo noi, persone comuni”, raccontano. Infatti, il feed è pieno di meme sul gioco stesso, con un’autoironia molto apprezzata che ha fatto guadagnare simpatia (e follower) ancora prima dell’uscita. Non solo, pare si sia creata una vera e propria community: messaggi quotidiani – commenti, messaggi, reazioni – hanno suggerito molte delle architetture che oggi abitano il gioco.
“C’erano persone che ci scrivevano di inserire una chiesa, un borgo, una torre della loro città. E noi, alle volte, li abbiamo accontentati.” Così, il progetto si è allargato ancora. Il Campanile di Santa Maria Assunta di Parma, il Castello Scaligero di Sirmione, e tanti altri importanti riferimenti dell’architettura italiana di epoche passate sono stati aggiunti. Alla fine, Stonemachia è un videogioco che parla (anche) di costruire. Lo fanno i suoi personaggi – i “mammiferi” che si affannano a innalzare strutture senza uno scopo apparente. Lo fa il protagonista, che evolve e costruisce il suo stesso personaggio per salire sempre più in alto. E lo fanno i suoi creatori, che da una Milano irreale sono arrivati a disegnare un intero mondo di pietra che si anima (da qui il nome Stonemachia, appunto), lasciandosi inspirare dalla storia dell’architettura italiana.