Flipper Zero è una celebrazione della cultura visuale hacker

Oggetto di culto per geek e al tempo stesso tool divisivo capace di mettere in crisi le nostre sicurezze in ambito tecnologico, Flipper Zero è il figlioccio del design delle controculture cyber anni ’90 e delle influenze y2k.

L’avete visto su TikTok, un simpatico delfino che sblocca portiere delle Tesla, cambia i prezzi sui cartelloni dei distributori di benzina, spegne di colpo tutti i tv di un centro commerciale. Per non parlare di quando un ragazzino in Wisconsin ha costretto al reboot gli iPhone della sua scuola. Per tutto il resto, potete trovare mille altre storie (e tutorial) nelle stanze di discussione di Reddit. Flipper Zero è “il coltellino svizzero delle antenne”, come l’ha chiamato The Verge. Sulla pagina kickstarter che l’ha lanciato (con una raccolta finale di quasi 5 milioni) viene definito come “a portable multi-tool for pentesters and hardware geeks in a toy-like body”. 

Si può connettere via infrarosso o Bluetooth, via Nfc o Rfid, ha una antenna che “parla” con i dispositivi a frequenza sub-1Ghz (vedi appunto le Tesla) e una serie di piccole porte per connessioni Gpio. Così, riesce a penetrare svariati sistemi, raccogliere dati, spegnere dispositivi. Amazon ha smesso di venderlo, nell’aggiornamento iOS 17.2 Apple ha dovuto inserire una patch per difendere gli iPhone da una vulnerabilità legata proprio al Flipper Zero. Che è un dispositivo che a vederlo così penseresti che sia innocuo sembra un po’ un giochino ispirato all’estetica y2k, una strana versione di un tamagotchi grande appunto poco più di un coltellino svizzero, con pulsanti arancioni e un piccolo schermo retroilluminato sempre in una calda tinta arancio, dove il protagonista è appunto lui, il delfino.

“L’abbiamo pensato come un tool educativo per testare le vulnerabilità della tecnologia che usiamo tutti i giorni”, spiega connettendosi dalla Serbia Valeria Aquamine, art director di Flipper Zero.

Un dispositivo educativo che è diventato un grande cult nel mondo dell’hacking. E che costituisce, nelle forme e nell’interfaccia, nei colori e nelle scelte grafiche. anche un grande omaggio a tutta la cultura hacker e al cyberpunk. Perché l’idea di connettersi a ogni dispositivo a disposizione a corta distanza e da lì viaggiare in un mondo di dati sembra proprio uscire da un romanzo del William Gibson prima maniera, quello degli anni 80 e della Trilogia dello Sprawl. E gli omaggi a quell’immaginario e a quegl anni sono tanti nel Flipper Zero. A partire dall’idea di “Flipper”, ricalcata sulla figura di Jones, il cyberdelfino usato dall’esercito nel celeberrimo racconto Johnny Mnemonic, pubblicato da Gibson nell’81 e diventato infine un film con protagonista Keanu Reeves nel 1995.

Jones è un personaggio tragico, un animale drogato e schiavizzato dalla marina militare, invece il delfino-icona di Flipper Zero, spiega Aquamine, “volevamo che fosse giocoso”. Quindi niente dipendenze e un feeling da delfino-tamagotchi per il personaggio ultra-cute che accompagna l’utente in una serie di illustrazioni deliziose (ed evoluzioni stile Pokemon). Le coordinate estetiche che hanno influenzato il progetto di immagine coordinata del dispositivo sono tantissime e riflettono in pieno il gusto di Aquamine, in bilico tra influenze anni ’90 e suggestioni y2k, e quindi molta fantascienza cyber (Matrix) e pre-cyber (i romanzi di P.K. Dick), e poi anime come Ghost in the Shell  e Akira, la pixel art e la cultura giapponese, che si trova anche in alcuni dei font usati sul dispositivo, disegnati a mano, e su tutto il meraviglioso packaging che accompagna il “coltellino svizzero delle antenne” e la sua cover di silicone (ovviamente arancione). “Volevamo che fosse un dispositivo esplicitamente multiculturale”, dice Aquamine.

Valeria Aquamine, art director di Flipper Zero

Tra gli altri riferimenti l’art director cita il pwnagotchi, un misconosciuto dispositivo per penetrare reti wifi ispirato sempre ai Tamagotchi, e il Siemens C55, un telefono di inizio anni Zero con uno schermo a 2 colori e una serie di caratteristiche molto avanzate per l’epoca. La retroilluminazione era arancione, colore dominante anche nel Flipper Zero.  

L’abbiamo pensato come un tool educativo per testare le vulnerabilità della tecnologia che usiamo tutti i giorni.

“L’arancione è un colore caldo”, racconta a Domus Roman Galeev, designer di Flipper Zero, spiegando vari passaggi della progettazione del dispositivo, dal riferimento alle superfici di classe A impiegate nel car design allo studio di quelle caratteristiche che contraddistinguono un dispositivo “per geek”, a partire dall’uso di uno schermo piccolo. Il risultato si distacca sicuramente dal design tecnologico mainstream dei nostri giorni, sempre più leggero e impersonale, ma si accosta a tante piccole cose su cui abbiamo messo like emerse nei nostri feed di Instagram in questi anni, gadget d’epoca o pezzi nuovi dispositivi colorati e complessi come il Playdate, altri design di Teenage Engineering e altre reinterpretazioni dell’estetica y2k che piace tanto ai Millennial, vedi le prime generazioni dello smartfold Motorola Razr, prima che le sue linee si banalizzassero per assomigliare a un Samsung Flip.

Roman Galeev, designer di Flipper Zero

Flipper Zero, frutto del duro lavoro di un team di 50 persone circa, è ancora poco più di un cucciolo, forse un giovane adulto, e già si evolve. Con una versione tutta trasparente, prima di tutto. Fondamentale per il suo futuro, spiegano Galeev e Aquamine, è anche e soprattutto un salto di paradigma, ovvero il trasformare un dispositivo di cui si è parlato tantissimo, forse anche troppo, in qualcos’altro: “questo non è solo un dispositivo, è una piattaforma”, spiegano. Una piattaforma open-source. Il delfinetto può essere infatti nutrito con diverse app che allargano di parecchio il raggio della sua utilità: ce ne sono di legate al mondo dell’hacking, ma anche strumenti di produttività (pomodoro), giochi, un lettore di testi, l’esposimetro e il metronomo e così via. Il delfino vuole nuotare libero e forte, insomma: sarà la community a fare la differenza e sancirne o meno il successo.  

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