La forma del nulla

Bruce Gilchrist e Jo Joelson (London Fieldworks) raccontano a Domus la genesi e i presupposti dell'esperimento creativo in cui hanno coinvolto l'artista tedesco Gustav Metzger: dopo avergli chiesto di non pensare, hanno tratto dal suo encefalogramma i dati per scavare, tramite un robot, un blocco di pietra.

Null Object, l'immagine sulla copertina di Domus, è stata ideata da London Fieldworks (Bruce Gilchrist e Jo Joelson) e trae ispirazione dalla radicale riflessione che Gustav Metzger, attraverso la sua arte e il suo attivismo politico, ha compiuto sulla distruzione ambientale, con l'obiettivo di dare forma a un'applicazione poetica della tecnologia. Un'interfaccia "cervello-macchina", alcuni computer e un software studiato ad hoc sono stati collegati con un robot industriale, per produrre così una forma plastica di arte che operasse attraverso complessi strati di corpi, installazioni, tecniche di biofeedback (retroazione biologica), dati fisiologici, banche dati e software.

Per creare Null Object è stato tagliato da un blocco di calcare Portland (un tipo di deposito calcareo, sedimentatosi 145 milioni di anni fa nel periodo Giurassico) un cubo perfetto di 50 cm di lato, che è stato successivamente scavato usando un robot industriale kuka. La forma del vuoto creato dal robot è derivata dall'elettroencefalogramma dell'artista Gustav Metzger, la cui registrazione è avvenuta mentre egli cercava di non pensare a nulla per 20 minuti. Per dare forma all'attività neurale di Metzger, la registrazione è stata confrontata con una banca dati di analoghe letture, generate tra il 1999 e il 2012 da numerosi soggetti nell'ambito del progetto Looking at Primitives. L'opera in copertina è così una precisa rappresentazione di questa forma.

L'intervista seguente, con Gustav Metzger, Bruce Gilchrist e Jo Joelson, è stato realizzata a Londra nel dicembre 2012.

Joseph Grima: Raccontatemi la genesi di Null Object...
Jo Joelson: Stavamo parlando con Nick Lambert, il presidente della Computer Arts Society http://computer-arts-society.com/, e con Bronac Ferran del Royal College of Art di "Event One", la prima mostra organizzata nel 1969 dalla CAS, un evento al Royal College of Art in cui Gustav Metzger era coinvolto. Avevano avuto l'idea di riallestire e ristudiare quella mostra. Grazie a questi incontri, iniziammo ad analizzare questa prima esposizione e il rapporto di Gustav con i computer e la tecnologia. Queste conversazioni ci hanno dato l'ispirazione per sviluppare questo nuovo lavoro e invitare Gustav a partecipare.
Bruce Gilchrist: Consideriamo Null Object l'esemplare più recente di quel gruppo di opere che nascono da un database. L'idea risale alla metà degli anni Novanta, quando iniziative come Human Genome Project cominciarono a conquistare l'attenzione dell'opinione pubblica. Allora era diffusa la nozione che i database fossero quasi l'inconscio della società: sembravano dirigere ogni cosa e oggi questo è ancora più vero. Pongono un'infinità di problemi circa il controllo che lo Stato esercita sui dati personali dei cittadini, sulle modalità di registrazione, archiviazione e così via. Eravamo interessati anche all'idea di paternità autoriale e plurisoggettiva, all'idea di creare un'opera d'arte cancellando l'autore. Partimmo da un database, formatosi nel corso di 13 anni, che registrava la percezione della profondità utilizzando 'autostereogrammi': ovvero immagini che, a prima vista, appaiono inintelligibili, ma che invece contengono forme primitive tridimensionali. Queste forme erano considerate gli elementi basilari degli ambienti contemporanei. Noi abbiamo preso questa banca dati che raccoglie i modi in cui le persone percepiscono la profondità e l'abbiamo utilizzata per interagire con la registrazione dell'elettroencefalogramma di Gustav realizzata, mentre tentava di non pensare a niente.
In apertura: London Fieldworks, <i>Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing</i> (pietra scolpita con un robot), 2012. Qui sopra: London Fieldworks, <i>Schematic 1-Looking
at Primitives</i>, disegno
a computer su carta
In apertura: London Fieldworks, Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing (pietra scolpita con un robot), 2012. Qui sopra: London Fieldworks, Schematic 1-Looking at Primitives, disegno a computer su carta
Oltre ad avere parzialmente ispirato questo lavoro attraverso la sua attività negli anni Sessanta, Gustav ne è anche diventato parte integrante.
JJ: Per noi esisteva un importante collegamento con il suo precedente lavoro sui concetti di vuoto, nichilismo ed estinzione. In un certo modo, creare un vuoto era anche un metodo per parlare dell'ossessione della società per gli oggetti. In questo caso, noi non aggiungevamo, ma eliminavamo la materia per creare un'opera d'arte. Quanto maggiore è la quantità del materiale che gli artisti consumano, tanto più stiamo, in realtà, cancellando noi stessi. L'opera è quindi una combinazione di materiale e immateriale, di Gustav e della sua vita artistica spesa ad affrontare le idee di nichilismo, distruzione e vuoto.
London Fieldworks, <i>Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing</i>, 2012
London Fieldworks, Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing, 2012
Sono i temi sui quali lavori dagli anni Cinquanta.
Gustav Metzger: La gente ha terrore del termine distruzione. Questa parola è pericolosa, misteriosa, antisociale. Ma da un punto di vista cosmologico quello che stiamo facendo è giusto un gioco per bambini, non una vera distruzione di dimensione cosmologica. D'altra parte, noi non saremmo qui senza l'attività di cui si occupa la cosmologia. Il tentativo di portare alcune di quelle realtà nell'arte è stato uno dei miei principali interessi fin dal 1959: dall'epoca, cioè, del primo manifesto dell'Auto-Destructive Art. A quel tempo, dicevo: "Guardate, non crediate che questo periodo sia al sicuro. Quanto sta succedendo nel nostro mondo dell'arte sta per finire tutto nel nulla". Può accadere dopo un enorme arco temporale dal punto di vista della storia umana, ma rispetto all'esistenza del mondo non è una dimensione temporale così vasta.
BG: Si potrebbero considerare Gustav e la sua lotta per tentare di non pensare a niente come lo "stimolo neurofisiologico" di questo progetto. Per 20 minuti gli vengono lanciate contro queste forme primitive e, più cerca di non pensare a niente, più diventa complesso questo groviglio di forme primitive. Uno cerca di non creare niente, ma anche questa attività produce un residuo. Naturalmente, entrando in scena, Gustav porta con sé tutto un enorme insieme di cose. E in rapporto alla dematerializzazione degli oggetti, pensammo che questa ingombrante eredità immateriale potesse diventare un interessante elemento di contrappunto, per noi che stavamo, in realtà, tentando di fare qualcosa di fisico. Invece di prendere qualcosa di materiale e renderlo immateriale, come faceva l'arte autodistruttiva, noi prendevamo una cosa come un'idea—o l'idea di nessuna idea—e la iscrivevamo in qualcosa di piuttosto monumentale, come un blocco di calcare Portland che è così carico di ulteriori significati in termini di architettura e autorità. E di tempi geologici, naturalmente. In Null Object vi è anche un pizzico di fantascienza. Ci interessava l'idea dei matter compilers, gli "aggregatori di materia", sviluppata da Neal Stephenson nel romanzo di fantascienza The Diamond Age pubblicato nel 1995. Questi "aggregatori di materia" sono oggetti tecnologici altamente utopici, in vendita nei negozi delle grandi vie commerciali e che fornirebbero gli elementi fondamentali per la sopravvivenza: cibo, indumenti, coperte... Non c'è bisogno di soldi: le cose principali per sopravvivere sono a disposizione di tutti. E cinque anni più tardi, nel 2000, la rivista The New Scientist pubblicò un articolo sulle prime stampanti tridimensionali. Il titolo era: "Immaginate un oggetto ed esso apparirà". E io pensai, potremmo avere un nuovo procedimento per la creazione di oggetti, qualcosa che ricordasse gli "aggregatori di materia" di Stephenson.
London Fieldworks, <i>Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing</i> (pietra scolpita con un robot), 2012
London Fieldworks, Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing (pietra scolpita con un robot), 2012
Ci potete dare una definizione di Null Object?
BG: È la fusione in un unico corpo di una giustapposizione. Abbiamo preso qualcosa di evanescente, qualcosa di iper-effimero e l'abbiamo iscritto in un'entità monumentale. Un processo che dura qualche millisecondo nelle nostre teste è iscritto in questo materiale che ha 145 milioni di anni, al fine di creare questo spazio. È interessante notare che, quando la gente guarda Null Object, pensa alle caverne, le primissime abitazioni, alla lotta con gli animali per ripararsi nelle grotte. Allo stesso tempo, hai a che fare con una tecnologia avanzatissima, un rapidissimo processo di produzione. All'interno di questo blocco di pietra ci sono due forze: la tecnologia avanzata e il tempo geologico. Questo progetto è in perfetta sintonia con l'attuale interesse per gli albori dell'arte, perché l'anno prossimo il British Museum presenterà una grande mostra di cui farà parte una delle prime Veneri. Quando Gustav ha visto il nostro primo modello, lo ha paragonato alla Venere di Willendorf, forse per via della forma dell'apertura del blocco. E, per coincidenza, quella Venere è scolpita nello stesso calcare neolitico che abbiamo usato per la nostra scultura. Gustav, penso che il paragone che tu hai istituito tra tempo geologico e preistoria sia reso in maniera esplicita nella nostra opera. È una questione di giustapposizioni: essere sveglio, essere addormentato, realtà, fantasia...
London Fieldworks, <i>Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing</i> (pietra scolpita con un robot), 2012
London Fieldworks, Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing (pietra scolpita con un robot), 2012
Le neuroscienze hanno evidentemente esercitato una grande influenza sul vostro progetto.
BG: Sì. Eravamo interessatissimi a quanto ci aveva raccontato il neuroscienziato
Christopher Tyler: una nuova ricerca su ciò che gli studiosi chiamano default mode. In altre parole, le attività cerebrali durante quella che, in mancanza di un'espressione migliore, potremmo chiamare "fase di ozio". Stanno studiando com'è possibile che il momento in cui il cervello si spegne sia in realtà uno stato altamente produttivo. Gli artisti e le persone creative lo avvertono in maniera istintiva. Sanno che, se stai veramente lottando con un problema, invece di insistere e bere un sacco di caffeina, devi dimenticartene. E in qualche angolo dell'inconscio, in un angolo che non puoi raggiungere con la mente cosciente, il pensiero sta invece lavorando.
GM: Vorrei ricordare Yves Klein. La sua opera è di fondamentale importanza per ciò che facciamo: ricordiamo il suo progetto per una casa fatta di fuoco. Il calore allontana e trattiene quanto è necessario. L'immateriale: questo era il termine che usava. Adesso è un'ovvietà, ma a quel tempo era un'assoluta novità. Non ho intenzione di paragonarmi a Yves Klein, ma il mio testo per il catalogo di Null Object affronta lo stesso problema in un modo diverso, pur conservando gli stessi parametri. Come possiamo trovare e afferrare l'immateriale, come possiamo governarlo e comandarlo, come lo si può manovrare: questo è il nocciolo della questione. L'immateriale, la fantasia. Tutto è fantasia, perché basta produrre uno strappo nella realtà e crolla l'intero castello. Se invece aggiungi qualcosa, si crea un mondo completamente diverso.
A sinistra: la copertina del <i>New Scientist</i>, settembre 2000: il suo titolo “Immaginate un oggetto e esso apparirà” rientra pienamente nella visione creativa di London Fieldworks (Bruce Gilchrist e Jo Joelson). A destra: Bruce Gilchrist, Jo Joelson (eds), <i>Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing</i>, Black Dog Publishing Ltd.
A sinistra: la copertina del New Scientist, settembre 2000: il suo titolo “Immaginate un oggetto e esso apparirà” rientra pienamente nella visione creativa di London Fieldworks (Bruce Gilchrist e Jo Joelson). A destra: Bruce Gilchrist, Jo Joelson (eds), Null Object. Gustav Metzger Thinks About Nothing, Black Dog Publishing Ltd.
Bruce Gilchrist e Jo Joelson, che hanno fondato nel 2000 London Fieldworks, portano avanti una loro ricerca creativa intersecando arte, scienza e tecnologia. I loro progetti affrontano la nozione di ecologia come intreccio complesso tra società, natura e tecnica.
Gustav Metzger, nato nel 1926 a Norimberga da genitori ebrei, morti durante la Seconda guerra mondiale, vive a Londra. Ha sempre lavorato sull'idea di arte come 'auto-distruzione'. A partire dal 1959, ha ideato opere che, nell'auto-distruggersi, fossero una riflessione sulla natura negativa dei sistemi politici e sociali

Articoli più recenti

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram