Gli ibridi di Eamon O'Kane

Perché gli artisti scelgono l'architettura come soggetto? Secondo l'irlandese O'Kane, l'arte mette alla prova l'architettura e, rivalutandone il passato, immagina un futuro possibile.

Eamon O'Kane, come un DJ dotato di acuta sensibilità per le potenzialità latenti, remixa astutamente le familiari icone dell'architettura e del design del Modernismo restituendole allo straniamento e allo scandalo. Immagini e oggetti ormai consueti scivolano fuori dalle comode categorizzazioni, scintillanti di energia utopica ma velati dall'ombra di un turbamento sinistro. I dipinti, i disegni, i video e le installazioni di O'Kane, sarcastici e irriverenti, rendono ambiguo omaggio all'eredità del Modernismo.

Gli ibridi attentamente studiati di O'Kane sono frutto di un eclettismo contemporaneo che ha radici nella circolazione ad alta velocità delle immagini tipica dei media contemporanei, a causa della quale gli stessi architetti dimenticano facilmente che gli edifici vengono vissuti nel contesto di un sito reale e di situazioni dinamiche. "È un po' come andare a far la spesa nei libri di storia dell'architettura": così l'artista descrive, scherzando a metà, i suoi riferimenti formali, che riecheggiano i processi creativi degli architetti ottocenteschi. E tuttavia sotto questi riferimenti apparentemente ovvii c'è un'affermazione più radicale: il canone modernista è in realtà meno autorevole, meno trasparente e più velato di ambiguità di quanto solitamente si ammetta. Fatti e fantasia iniziano a confondersi non perché l'artista manipoli la storia, ma perché ri-presenta degli artefatti architettonici sospesi tra perfezione e rovina.

Perché gli artisti scelgono l'architettura come soggetto? L'architettura ha qualcosa che all'arte manca? Oppure l'architettura è incapace di parlare da sola, tanto che solo gli artisti possono interpretare le correnti subliminali che emanano dalla freddezza degli edifici e delle mappe? Che cosa sussurra al mondo l'architettura? Eamon O'Kane si avventura nel cuore del canone dell'architettura, ce ne spedisce un'ondata di scintille e ritorna con la visione trasformata di un artefatto mutato.
<i>Eames Le Corbusier remix</i>, acrilico su tela, 200 x 310cm, 2008. Sopra: <i>Froebel Studio</i>, vista dell'installazione, Le Quartier, France, 2010. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Eames Le Corbusier remix, acrilico su tela, 200 x 310cm, 2008. Sopra: Froebel Studio, vista dell'installazione, Le Quartier, France, 2010. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Gideon Fink Shapiro: Molte delle sue opere riguardano edifici e mobili classici progettati da maestri del Modernismo. Da dove proviene il suo interesse di artista per l'architettura?
Eamon O'Kane: Sono cresciuto nel Nord-ovest dell'Irlanda in una casa seicentesca di stile georgiano. Intorno c'erano degli alberi, un giardino e un frutteto. Molti degli edifici annessi erano abbandonati, privi di tetto, e gli alberi ci crescevano dentro. Così mi sono presto reso conto della fragilità del rapporto tra architettura e natura. All'università volevo studiare architettura, ma frequentando l'anno propedeutico all'Art Academy di Dublino mi innamorai dell'arte. Il mio interesse per l'architettura è continuato in parallelo ed è diventato parte del mio lavoro artistico.

Secondo lei gli edifici dall'immagine forte sono opere d'arte in sé e per sé o sono invece objets trouvés da far entrare nella sfera dell'arte attraverso un atto di rappresentazione?
C'è una citazione del poeta irlandese William Butler Yeats: "La responsabilità comincia dai sogni". È una buona definizione di gran parte del mio lavoro, perché quello che mi interessa è l'analisi dell'immagine architettonica e urbanistica del Modernismo per riportarla al punto di partenza, dove può tornare a essere un'idea, un sogno. Penso che l'arte abbia una parte da svolgere nel mettere alla prova l'architettura, il design e l'urbanistica, nel rivalutare il passato e nell'iniziare a costruire e immaginare di nuovo un futuro possibile. Benché nulla sia permanente l'architettura può avere un'incidenza maggiore rispetto alle opere d'arte. La natura temporale dell'arte è un indizio utile per indagare sulle conseguenze di lungo periodo dell'architettura e dell'urbanistica.

Nei suoi dipinti di tema architettonico apporta delle modifiche radicali: per esempio cambia in nero il colore della Farnsworth House, mette insieme edifici di Eames e di Le Corbusier, mescola notte e giorno nella Casa Bo Bardi e moltiplica e accumula il tavolino di Eileen Gray fino a farne un grattacielo. Dov'è il confine tra rappresentazione e reinterpretazione?
Casa Bo Bardi Night and Day, come Fallingwater Seasons Remix e Philip Johnson Night and Day Remix sono tentativi di rappresentare scene in cui la superficie compare in modo immediato, con un'architettura di forte immagine collocata in un paesaggio idillico. Ma osservando più da vicino ci si rende conto che c'è qualcosa di sbagliato. Tutte le stagioni sono contemporaneamente presenti, oppure giorno e notte si mescolano. L'erosione dei ritmi naturali inizia a mettere in luce il problema della sostenibilità. Ma c'è anche un'eco letteraria, che va dagli scritti d'architettura di Edgar Allan Poe a Shining di Stephen King: l'idea che un luogo appaia perfetto dall'esterno ma a mano a mano che si procede, vi inghiotta nell'interno. L'utopia fa presto a diventare distopia.
<i>E-1027 Plan</i>, acrilico su carta, 8.5 x11 inches, 2009. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
E-1027 Plan, acrilico su carta, 8.5 x11 inches, 2009. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
L'alternanza di questi scenari è il semplice riflesso di una fantasia bizzarra?
Le interpretazioni e le modificazioni degli edifici nascono in primo luogo dalla ricerca. Per esempio l'ibrido tra la casa-studio degli Eames e il Centre Le Corbusier è suggerito dal fatto che sia Charles Eames sia Le Corbusier furono educati da bambini secondo il metodo froebeliano (Friedrich Froebel, 1782-1852, inventore del giardino d'infanzia), che prevede l'uso di oggetti di legno che i bambini possono usare per esplorarne forma e struttura. Anche Frank Lloyd Wright e Piet Mondriaan furono educati con questo metodo. Nel 2010 ho realizzato un'installazione intitolata Froebel Studio: A History of Play ("Lo studio di Froebel: una storia del gioco") al centro d'arte contemporanea Le Quartier di Quimper, in Francia. Mi interessa il modo in cui i tentativi di dare struttura alla creatività e al gioco attraverso l'educazione incidono più tardi sulla vita e sulla storia. Ancora una volta l'arte è la cartina di tornasole per riprendere in esame l'eredità del progetto.
Quello che mi interessa è l'analisi dell'immagine architettonica e urbanistica del Modernismo per riportarla al punto di partenza, dove può tornare a essere un'idea, un sogno
Destra: <i>Le Corbusier Chair I</i>, tecnica mista su carta, 8.5 x11.75 inches, 2009. Sinistra: <i>Le Corbusier Chair (Maquette)</i>, tecnica mista su carta, 8.5 x11.75 inches, 2009. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Destra: Le Corbusier Chair I, tecnica mista su carta, 8.5 x11.75 inches, 2009. Sinistra: Le Corbusier Chair (Maquette), tecnica mista su carta, 8.5 x11.75 inches, 2009. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
I concetti di remix e di ibrido appaiono molto importanti nei suoi lavori degli anni più recenti. Ha messo insieme edifici, paesaggi, stagioni ed epoche storiche differenti, prendendo perfino a prestito titoli di canzoni. Che cosa c'è alla base di tutta questa attività combinatoria?
È iniziata parecchi anni fa in modo molto intuitivo, ma a un livello più teorico citerei Postproduction di Nicolas Bourriaud (2001), in cui l'autore paragona l'artista a un DJ. L'idea è che forse nulla di ciò che facciamo è originale, ma è un continuo remix di cose che già c'erano. Più recentemente Jörg Heiser ha analizzato l'idea di superibrido sulla rivista Frieze (settembre 2010), che osserva come artisti, musicisti e professionisti facciano circolare idee e vi facciano riferimento sempre più rapidamente attraverso i media web, prima ancora che siano assimilate dalla società.
Nel 2006 ho iniziato a remixare opere d'arte nella serie Double Portraits ("Ritratti doppi"), che fonde ritrattistica classica con pittura fotorealistica e fotografia più attuali. Ho anche disegnato architetture ibride e remixato edifici celebri con altri siti, mettendo in dubbio i concetti convenzionali di luogo, di tempo e di opera. Gli Economist Studies ("Studi da economista"), per esempio, sovrappongono un edificio modernista a un paesaggio da pittura classica, in modo da causare una rottura dell'utopia facendone puramente un oggetto che galleggia nello spazio. Oppure, da un altro lato, dà modo di rivalutare la visione utopica vedendola in un diverso contesto.

Questa attività immaginaria ha rapporti con le sue simulazioni di esposizioni museali?
Sì, Mobile Museum Retrospective ("Retrospettiva museale mobile") è iniziata nel 2005 come serie in cui inserisco virtualmente le mie opere in foto panoramiche di interni di musei, per esempio il Guggenheim, trasformandoli in un percorso video, con l'aggiunta di rumori ambientali registrati negli spazi reali. Volevo mettere in discussione il rapporto dell'artista con il museo e la sua architettura. Ho anche dipinto una serie di immagini di musei, ribaltando l'aspirazione dell'artista a essere incluso in una collezione museale: attraverso la pittura ho iniziato io a collezionare musei. In un soprassalto di gratificazione il Museum Frieder Burda di Baden Baden, in Germania, ha acquistato il mio dipinto con il rispettivo soggetto: l'edificio progettato da Richard Meier. Il quadro si intitola How Soon Is Now, dal celebre pezzo degli Smiths. Cerco di usare associazioni con la cultura pop per controbilanciare la cultura alta del museo.
<i>Black Farnsworth House</i>, olio su tela, 100 x 100cm, 2010. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Black Farnsworth House, olio su tela, 100 x 100cm, 2010. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Molti dei suoi dipinti mostrano un edificio familiare collocato in un paesaggio idealizzato. Che cosa pensa del rapporto tra architettura e natura?
Mi interessa il modo in cui una buona idea o una buona immagine si trasformano in qualcosa di assolutamente opposto. Prendiamo per esempio Victor Gruen, l'architetto di origine austriaca che emigrò in America e inventò il centro commerciale ai margini della città. Era una specie di proposta utopica. Alla rapida diffusione del concetto di centro commerciale Gruen si sentì deluso e dichiarò che nei successivi sviluppi l'idea si era imbastardita. Oggi è un simbolo di degrado ambientale. Su questo tema ho realizzato un'installazione pubblica intitolata Panorama: I Like Shopping Centres and Shopping Centres Like Me ("Panorama: mi piacciono i centri commerciali e io piaccio ai centri commerciali"; 2006-2009). Il panorama è un dipinto circolare lungo 30 metri, montato all'interno di un cilindro di legno. In origine è stato realizzato per essere esposto in un agglomerato di nome Blanchardstown, subito fuori Dublino, che era stato un sito di campagna fino alla fine degli anni Novanta. Il dipinto riguardava il paesaggio circostante (o alla sua memoria) e l'architettura della nuova città stellite.

Questo Panorama non era forse un'architettura in sé? Una struttura autonoma il cui unico scopo era consentire un certo tipo di visione?
Ci si guarda dentro dall'esterno attraverso una serie di lenti montate ad altezza differente. Queste aperture rivelano una veduta distorta del paesaggio dipinto all'interno, oppure mostrano una scenografia di altri paesaggi che sfidano le aspettative. Il panorama si è rivelato come un'opera di forte carattere relazionale, e la gente ne percorreva la circonferenza, osservava a differenti altezze, vedeva cose sorprendenti e certe volte si urtava. Dopo Dublino è stato esposto a Londra, all'Economist Plaza, e a Parigi. Era sostanzialmente un'opera pubblica in cui la gente si imbatteva nel corso della giornata di lavoro. Chiedevano: "È un'opera d'arte oppure questi edifici ci sono davvero?"). Sembrava un po' il cartellone di un cantiere, quando suscita la curiosità di dare un'occhiata dentro. Lo spettatore ha la possibilità di esservi trasportato, e quindi di riflettere.

Che parte aveva l'idea del panorama nella sua serie City Panorama della fine degli anni Novanta, che sovrapponeva mappe e vedute di grandi estensioni urbane?
La serie City Panorama era il tentativo di studiare la rappresentazione dello spazio urbano su un singolo piano rettangolare. Faceva riferimento al fenomeno ottocentesco del panorama, ma anche a idee che si stavano sviluppando riguardo allo spazio virtuale. Ciascuno di questi dipinti spesso si può leggere come una sequenza continua, come un kakemono, da sinistra a destra lungo il bordo della tela e poi continuando a rovescio lungo il margine superiore, C'è una sovrapposizione di diagrammi urbanistici e rete tramviaria che in qualche modo finisce per nascondere la veduta. Credo che la mappatura dall'alto o gli schemi urbanistici siano una specie di codice che sta sotto lo spazio urbano, ovvero il mezzo per costruire uno spazio. L'opera è un tentativo volutamente superficiale di mettere insieme tutte queste idee, un nobile fallimento. Analogamente anche i vecchi panorami tridimensionali sono un fallimento: erano inadeguati al compito di circondare gli spettatori e di tuffarli nell'illusione spettacolare cui aspiravano. E perciò queste opere riguardano l'impossibilità della rappresentazione.

Le sue opere su carta mimano la secca precisione del disegno d'architettura, ma comprendono elementi a sorpresa. Possiedono l'aura delle opere fatte a mano, ovvero di relitti del tempo che fu. Come sono nati questi curiosi artefatti tecnici?
I mobili modernisti che raffiguro in queste opere spesso sono molto vecchi. Ma a causa del carattere di icona tipico di questi oggetti e del modo in cui sono raffigurati dai produttori e dalle riviste di settore, spesso sono scollegati dal tempo in cui sono stati originariamente concepiti. Per esempio la sedia Barcelona di Mies van der Rohe, della fine degli anni Venti, pare ancora ultramoderna anche se oggi è vecchia. I disegni volutamente invecchiati, macchiati di caffè, intendono preparare questi oggetti di design alla rivalutazione, riportandoli sul tavolo da disegno sotto una nuova luce.
<i>Interior II</i>, 2010, olio su tela, 100 x 100cm. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Interior II, 2010, olio su tela, 100 x 100cm. Per gentile concessione di Eamon O’Kane e RARE Gallery, New York
Eamon O'Kane, artista, analizza nella sua opera l'architettura, la natura, la storia e la visione. È stato protagonista di oltre quaranta mostre personali in Europa e in America settentrionale e sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Irlandese di nascita, è attualmente docente di Arti visive presso la Kunsthøgskolen (Accademia di Belle Arti) di Bergen, in Norvegia. Le sue prossime personali sono in programma alla Galleria Rare di New York e al Neues Museum di Norimberga.

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