Un piccolo appartamento in Brera in un edificio moderno della Milano storica

Un appartamento dalle molte vite, come l’edificio che lo contiene, negli anni 60 sede della prima discoteca della città. Il racconto della sua trasformazione.

Non è insolito, a Milano imbattersi in edifici che sospendono bolle di moderno nella città storica, medievale, spagnola e poi illuminista. Certo è che alcuni casi portano il fenomeno a livelli altissimi di intensità, come questo edificio residenziale che fissa in mezzo a Brera un tempo diverso, e non è mica solo una questione di forme.

Uno spirito della transizione che coinvolge tutti, strutture, spazi e persone, anche il piccolo bilocale in affitto del primo piano, una zona soggiorno e una camera, separati fino ad ora attraverso il sistema di arredi che ne aveva accompagnato la vita recente: scaffalature a giorno in legno scuro e pannelli rossi, divani su rialzi del pavimento, tutto unificato dalla moquette, anche lei rossa. In camera, sopra il letto, un armadio a ponte a creare un’alcova.

La sua ultima trasformazione ha voluto andare in tutti i modi in cerca non delle masse e degli effetti del color block, ma della luce. Tonalità chiare alle pareti, come nei nuovi parquet di rovere, e la partizione delle zone giorno e notte che diventa elemento centrale del progetto: una parete in vetro a telaio metallico composta di due pannelli scorrevoli a tutta altezza, che porta la luce dell’alta finestra della camera anche dentro il living. 

A fare da basso continuo dell’articolarsi dei due ambienti, la stecca longitudinale degli spazi di servizio, che allinea una cabina armadio, una cucina minima e funzionale, e il bagno che si apre quasi a sorpresa sulla zona notte rivelando il grosso e figurativo fogliame di una carta da parati. Con la realizzazione di una pannellatura, l’armadio a ponte è diventato parte della superficie di parete, rendendo lo spazio notte uniforme davanti alla luce.

L’edificio è stato costruito negli anni ‘60 da Luciano Canella – fratello del Guido architetto e celebre accademico – lui figura di quel “professionismo colto”, come è stato definito, che scolpisce l’immagine della Milano del dopoguerra. Da subito, è stato un luogo altro nel quartiere, con la pianta a lobi che apre un cortile sulla strada, scandito dalla griglia delle strutture e dalla texture dei laterizi colorati; ha una scultura acuminata al centro, e una scala che sale a spirale attorno a una ringhiera dal segno grafico forte; le forme elaborate delle sue masse danno agli spazi tagli e inclinazioni peculiari, e quel senso di variazione continua che coinvolge fino alla più piccola unità abitativa.
Da subito infatti è stato anche il tempio di storie di passaggio, in continua transizione: la storia del Number One, la prima discoteca milanese, che nel 1968 viene aperta nel suo piano interrato; la storia del suo creatore Gigi Rizzi, celebre playboy che in quello stesso anno si dice abbia eletto l’ultimo piano, col suo soffitto trasparente, a teatro del suo passeggero (e leggendario) idillio con Brigitte Bardot.

A questo edificio si lega una storia importante anche per Domus, Gianni Mazzocchi, fondatore di Editoriale Domus, ha vissuto una parte della sua vita in uno degli appartamenti riuniti attorno alla movimentata e inattesa corte su strada. 

Si ringrazia Society Limonta per i tessuti.

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